Luigi Amicone

«Chiamare le cose con il loro nome»

Il testo dell’intervento di Davide Prosperi all’incontro di presentazione del libro “Luigi Amicone, l’anarcoresurrezionalista”, durante l’evento organizzato da “Tempi” a Caorle (16 luglio 2022)

Buonasera a tutti, e grazie di questo invito. Ammetto subito che per me è davvero difficile parlare di Luigi Amicone, ancora di più parlarne senza avvertire immediatamente una certa nostalgia. E senza tralasciare tanti pezzi di una storia che per me è stata di amicizia inaspettata e gratuita con lui, ma di un’amicizia potente, sfrontata, fatta di grandi risate, tanta sintonia ma anche di accese discussioni, di tenace battaglia, talvolta in disaccordo ma sempre nella tensione di voler affermare la Bellezza che ci tratteneva legati insieme.
Complimenti dunque a chi è riuscito, in questo libro (Luigi Amicone, l’anarcoresurrezionalista. Testi scelti, ed. Itaca/Tempi, pp. 176 - € 15) a cogliere sinteticamente l’essenza di ciò che è stato e ci ha testimoniato il nostro caro Luigino.
Provo a raccontarvi cosa ha significato la sua vita per me, ma anche direi per il movimento di Comunione e Liberazione.
Inizio con una citazione di don Giussani: «A che cosa siamo stati chiamati? A diventare una sola cosa, con Cristo e tra di noi, perché attraverso questo il mondo diventi più umano». Queste parole, pronunciate durante la Giornata d’inizio anno di CL nel settembre 1975 e che all’epoca dettarono una svolta per tutto il movimento, ebbero come origine, come spunto sorgivo, l’amicizia che in quegli anni era nata tra lo stesso Giussani e alcuni giovanissimi studenti dell’Università Cattolica di Milano. Tra quegli studenti c’era anche Amicone.
Ho voluto citare queste parole all’inizio del mio intervento perché per me sintetizzano perfettamente ciò a cui Luigino ha dedicato la sua vita: diventare una cosa sola, con Cristo e tra i propri amici, perché il mondo diventi più umano.

Davide Prosperi, Emanuele Boffi e Gian Michalessin all'incontro di Caorle

La sua mano era sempre tesa verso gli amici, ma va detto, ancora meglio, che era tesa verso tutti, perché chiunque per lui era amico, compagno nel cammino verso l’unità con Cristo. Anche uno appena conosciuto, anche un avversario e chi non la pensava come lui. La sua febbrile ma sempre sorridente tensione al bene; la sua stima a priori per tutti quanti vedeva spendersi gratuitamente per un ideale, impegnando seriamente la propria umanità anche quando non era lo stesso suo ideale; la sua partecipazione totale al dramma dell’avvicinamento a Dio, della ricerca del bene per il mondo, era sempre un’occasione di fratellanza, di un passo compiuto insieme. Con chiunque. Perché se c’era una cosa che Luigino aveva chiaro era che l’amore di Cristo all’uomo, così come aveva imparato da don Giussani, è per la salvezza di ogni uomo.
Sono pieno di gratitudine per questa amicizia, spuntata all’improvviso quindici anni fa. Sono pieno di gratitudine per il tempo passato insieme, per la sua compagnia tanto stringente (anche quando, o proprio quando eravamo stanchi e demoralizzati), stringente perché sempre tesa a quella unità con l’Ideale, con la “I” maiuscola.

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