Sant'Agata sul Santerno (Foto Giacomo Bellavista)

Alluvione. «Sulle tracce di quel bene che muove tutto»

«Devi venire a raccontare la bellezza che sta accadendo in mezzo al fango». Un fotografo racconta l'invito di un'amica di Cesena. E quello che ha visto accadere attraverso l'obbiettivo della sua macchina fotografica
Giacomo Bellavista

Sono un fotografo di Rimini e in questi giorni ho cercato di raccontare quanto sta accadendo in Romagna dopo l’alluvione.

Inizialmente ero titubante. Ho sempre provato fastidio verso il “turismo del dolore” e di chi si getta a capofitto con la macchina fotografica laddove il dramma è più evidente. E poi avevo la mia cantina da svuotare, le mie cose da fare e da mettere a posto. Poi però un’amica di Cesena, Meri, mi ha provocato, chiedendomi di andare a raccontare quanto di bello stava succedendo in mezzo al fango della sua città. Mi raccontava che le persone già dalle ore immediatamente successive all’alluvione si erano messe in moto per ripartire. E così sono andato.

In auto, mentre mi dirigevo a Cesena, continuavo a chiedermi come Meri potesse dirmi che stava succedendo qualcosa di bello in una situazione simile. Ne ero quasi infastidito. Dopo qualche scatto mi sono accorto di quanto avesse ragione. Lì c’era un popolo che ha perso tutto o quasi, ma che comunque cominciava, o meglio, ricominciava in ogni momento, partendo da quelle piccole cose buone che ancora si distinguevano nella melma, fossero cose materiali, ricordi di una vita o uno sguardo, la gratuità di un abbraccio di volontari sconosciuti piombati in casa per aiutare.



Così ho cominciato a fotografare mettendomi sulle tracce di quel bene che muove tutto, un bene che anche quando tutto crolla o scivola via, continua a vincere. Nei giorni successivi ho fatto scatti anche in altre città: Lugo, Sant’Agata sul Santerno… Sempre di fronte a scenari che mi hanno tolto il fiato.

Parlando un po’ con i ragazzi che conoscevo sul posto, mi ha colpito che non è mai emerso che fossero lì per attivismo o eroismo. Erano desiderosi di un abbraccio, desiderosi di partecipare di quel bene che veniva fuori in modo così evidente tra le vie di quelle città. E, soprattutto, ho notato la certezza di fondo che la gratuità che stavano donando, l’avrebbero ricevuta loro stessi, in misura anche maggiore.