Verso il Meeting. Senza ripensamenti o incrinature: un'amicizia per il destino
Le lettere di don Giussani ad Angelo Majo, Bergoglio e Scalfari, Agostino in attesa del Battesimo. Una relazione che ha il gusto della "provvidenza" manzoniana. Un contributo sul titolo dell'edizione 2023 della kermesse rimineseQuante sollecitazioni ci propone il titolo del Meeting di quest’anno: “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile”, frase tratta dal volume di don Giussani Il cammino al vero è un’esperienza. È un pensiero che tocca le fibre più profonde dell’esistere restituendole alla chiarezza di un destino; un pensiero che dissolve ogni nebulosità attorno al grande mistero della vita. L’amicizia è come un dichiararsi del creatore: un “rendersi chiaro” nel rapporto con le sue creature.
Proviamo a riflettere liberamente. Ci si potrebbe chiedere, ad esempio, se non sia più pertinente parlare di “amore” piuttosto che di “amicizia”. Invece è proprio la categoria di amicizia (che è declinazione di un sentimento amoroso, la radice etimologica delle due parole è la stessa) ad essere rivelatrice. È un piccolo scostamento esito della genialità teologica e pastorale di don Giussani: amicizia infatti implica inevitabilmente la necessità di una relazione e presuppone una corrispondenza. È impressionante pensare che al cuore della creazione non ci sia l’oscurità di un arcano, ma l’esplicitezza di un rapporto: nulla di nascosto, fin dall’origine. Una relazione aperta tra il creatore e le sue creature. Lo chiarisce bene un pensiero di papa Francesco. «Mi chiede se il pensiero secondo il quale non esiste alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma solo una serie di verità relative e soggettive, sia un errore o un peccato», aveva scritto Bergoglio rispondendo per lettera a Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica. «Per cominciare, io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità “assoluta”, nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione!».
La frase del titolo del Meeting nel testo da cui è tratta si completa poi con un altro aggettivo: oltre che «irriducibile» questa amicizia originaria infatti è anche «onnipotente». Abbiamo sempre associato l’idea di onnipotenza ad un Dio che tutto può, trasformandolo in un Dio risolutore, un simil superman; invece qui ci viene annunciata un’idea di onnipotenza più reale, verificabile ogni istante, cioè tutte le volte che ci si imbatte in uno degli anelli dell’immensa catena che quella gratuita amicizia iniziale ha fatto scaturire, facendosi storia e storie. È un’onnipotenza in atto che per affermarsi ricorre al metodo più semplice ed umano: quello dell’incontro tra il creatore e le sue creature. Scrive don Giussani in quella stessa pagina: «La forza dell'uomo è un Altro, la certezza dell'uomo è un Altro: l'esistenza è un dialogo profondo, la solitudine è abolita alle radici stesse di ogni momento della vita».
Procedendo nella riflessione ci troviamo davanti alla ragionevole necessità di fare i conti con un concetto diverso di “amico”. Noi siamo ripiegati sull’idea che amico sia colui con il quale registriamo affinità o col quale ci troviamo bene: i social sono solo l’esito estremo di questo ripiegamento. È un amico un po’ fotocopia di noi stessi, che condivide lo stesso recinto in cui troviamo e ci fa sentir bene dentro quello spazio protetto. L’esperienza di don Giussani ha una dinamica opposta come documenta la meravigliosa corrispondenza con l’“amico” don Angelo Majo: «Un po’ di sere fa, pensando, ho scoperto che l’unico amico mio eri tu: non per sterile esclusivismo: quella vibrazione ineffabile e totale nel mio essere di fronte alle “cose” o alle “persone” non riesco a captarla se non nel tuo modo di reagire». Poi Giussani specifica che la vibrazione di don Angelo ha una caratteristica «armonica», mentre la sua è «violenta». «Ma questo non c’entra», sottolinea. L’amico non è tanto colui con il quale si hanno o si cercano affinità di carattere o di visioni, ma colui che riporta a quell’amicizia creaturale che sta alla radice dell’esistenza. In un’altra lettera dell’agosto 1945 scriveva: «E poi tra due amici profondi cosa si desidera? L’aspirazione dell’amicizia è l’unione, è quella di immedesimarsi, impastarsi, diventare la stessa persona, la stessa fisionomia dell’Amico… essere più impastato con Lui». Tornano alla mente le pagine delle Confessioni in cui Agostino rievoca il percorso della sua conversione, nella casa di Verecondo a Cassiciaco, nel cuore della Brianza, dove si era “appartato” con i suoi amici in attesa del Battesimo; ma il loro era un appartarsi per aprirsi con «l’attesa del cuore che si affacciava negli occhi» a quel rapporto di amicizia originario. Scrive Agostino: «Felice chi ama te, l’amico in te, il nemico per te. L’unico a non perdere mai un essere caro è colui che ha tutti cari in chi non è mai perduto. E chi è costui, se non il Dio nostro, il Dio che creò il cielo e la terra e li colma, perché colmandoli li ha fatti?».
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Quest’immagine di Dio come amico che colma continuamente il cielo e la terra, ci riporta a quell’aggettivo sul quale si chiude il titolo del Meeting: “inesauribile”. Cioè è un’amicizia sempre in atto, che non contempla ripensamenti o incrinature. Segna in ogni istante con la sua natura buona il destino della storia: come la “provvidenza” manzoniana, agisce anche quando i tempi ci sembrano avversi. È per questo speranza affidabile, fondamento sul quale costruire a nostra volta una “vita buona”, per tutta la comunità degli uomini. Scriveva sempre don Giussani all’amico Angelo: «L’importante è che per noi è inconcepibile e ingiusto che ci sia una bellezza così come tu l’hai vista, e io immagino, senza che noi abbiamo a sacrificarci fino in fondo per “gli altri”». Quel rapporto di amicizia all’origine dell’esistenza agisce in modo davvero inesauribile.