Venezuela. «Su questa strada, non da sola»
In un Paese ferito da instabilità politica e ingiustizie sociali, ecco come la vacanza della comunità è stata strumento prezioso per un giudizio sulla realtà. Come raccontano l'artista Simón o Rosalba, insegnante. E Isabel, Ana Sofia, Aimara...Sono partiti da Caracas, da Mérida, da El Tocuyo e tra loro c’è chi ha investito tempo – dodici ore di pullman –, chi denaro – «i nostri pochi soldi» –, e chi molte energie affettive: «Cosa significa partire quando a casa c’è chi ha bisogno di me e molti miei amici stanno male?». Ne è valsa la pena. La vacanza estiva della comunità di CL in Venezuela non è mai stata così bella e «realmente fraterna» come racconta padre Leonardo Marius, responsabile del movimento nel Paese. I presenti – dai più anziani ai più giovani – si sono sfidati sul tema della libertà come dipendenza da Dio e sulla compagnia come luogo vocazionale e di giudizio.
Tra di loro c’è Simón, un artista. Incontra CL nel 2002 grazie alla sorella, ma dopo una breve esperienza se ne allontana. Due anni fa si innamora di una donna che frequenta il movimento: lei non gli fa alcuna pressione ma in lui rinasce il desiderio di iscriversi agli Esercizi della Fraternità e poi alla vacanza. «Sono grato a Comunione e Liberazione per la libertà che mi dà e a don Giussani perché nel suo metodo c’è la capacità di far emergere le domande di senso dell’uomo attraverso la musica, la pittura, la scultura o la vita di poeti che hanno sofferto e magari dubitato. Come me. È proprio vero che il senso religioso si colloca al livello della esperienza elementare di ogni uomo laddove l’io si interroga sul senso della vita, della realtà e di tutto ciò che accade».
Anche Rosalba ne è convinta. È ferita dall’instabilità politica del suo Paese. «Sono un’insegnante già in pensione e una delle crisi che noi venezuelani stiamo vivendo è quella di non poter percepire un salario decente che ci permetta di vivere una vita dignitosa, è ingiusto che sia così». La domanda di fronte a questa ingiustizia diventa però offerta grazie al lavoro di Scuola di comunità. «Quest’anno ho partecipato a un progetto sociale dove si offrono tre giorni di insegnamento gratuito nelle scuole pubbliche», che sono chiuse o lavorano a mezzo servizio. «Vedere quei bambini con un così grande desiderio di imparare è stato per me uno scossone», prosegue Rosalba. «Ho iniziato a pianificare al meglio il mio lavoro, in modo ludico e pedagogico secondo ogni livello cognitivo, con entusiasmo e gioia. Partecipavo intanto alla Scuola di comunità e lavorando sul quinto capitolo mi sono trovata a domandarmi: io per cosa sono qui, in questa vita? Essere un’insegnante non è merito dei miei sforzi, ma un dono che mi è stato fatto, allora come posso non seguire quello a cui il Signore mi ha chiamata, servendo gli altri e soprattutto i più bisognosi? Sono convinta di una cosa: tutto ciò che è fatto con amore diventa un miracolo e io sono qui, a questo mondo, perché si compia la Sua volontà».
Tra i giovani presenti alla vacanza, c’è chi come Isabel dice di aver scoperto «che è tempo di prendermi più responsabilità per la mia vita e la mia fede». Non sono frasi vuote, perché lo sperimenta nella fatica della malattia sua e di sua sorella, nel tentativo di giudicare insieme a colleghi ed amici il complesso contesto venezuelano (che mette a rischio anche il settore sanitario dove lavora) senza cedere al rancore, ma col desiderio di tendere al bene. «Spesso rischio di cadere in continue lamentele, ma è facendo memoria dell’educazione che continuamente ricevo nel movimento, attraverso i dialoghi o le testimonianze, che riesco a vivere la mia malattia, quella di mia sorella e tutte le circostanze in maniera diversa».
Per Isabel è «fondamentale pregare e andare a Messa, anche se a volte mi costa fatica, perché mi aiuta a crescere e a capire ancora di più quello che vivo». È tutto risolto, allora? «No, non è tutto perfetto o risolto. A volte provo ancora rabbia, impotenza, ma non smetto di farmi domande e di continuare a cercare Cristo ogni giorno di più. Io devo rispondere a ciò che mi chiama. Lo sto imparando da voi amici, da volti concreti che mi abbracciano e mi educano costantemente, e così comprendo che la vita non è mia, ma di un Altro che me l’ha data».
Le fa eco Ana Sofia, un’adolescente che quest’anno ha dovuto affrontare molti dolori, tra cui la morte della sua migliore amica, di una zia e dei nonni. «Tutto questo ha messo in discussione la mia fede, sono arrivata a pensare che Dio non esiste. Sono partita per le vacanze di CL quasi per un capriccio. Lì ho parlato con padre Yago, venuto a trovarci dalla Spagna, e con Giampiero dei miei progetti per il futuro. In quelle conversazioni è emersa la domanda: “Questi sono i tuoi progetti, ma quelli di Dio?”». E racconta di essere stata aiutata molto «dalle parole di Isabel, perché davvero la fede è una strada che si percorre e si costruisce poco alla volta. Lui è sempre lì ad aspettare che lo incontriamo nella nostra vita. Sono felice di fare questa strada con la comunità di CL perché so di non essere sola, ma accompagnata da persone che stanno scoprendo la loro fede».
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Vale anche per Aimara. Ha discusso molto con gli amici per decidere se partecipare o meno alla vacanza della comunità. Le pesava partire pensando al complicato momento che vive il Venezuela. «Nella discussione, alcuni hanno sottolineato il valore dell’amicizia, un’amicizia che è donata. Ecco, è vero, questi non sono per me solo "amici" ma compagni di destino. La vacanza può rischiare di essere un tempo distratto dalla realtà quotidiana, ma con loro è diverso perché imparo sempre che la realtà è nostra alleata anche quando sembra paralizzante. Perché attraverso di essa Cristo ci chiama a Sé. La realtà è una provocazione alla mia libertà e mi fa desiderare di vedere la Sua iniziativa in azione. E io dove ripongo la mia speranza? Nei risultati di un’elezione politica? Certamente dobbiamo continuare a pregare affinché verità e giustizia vengano a galla, ma la mia speranza va oltre e questo mi rende libera. Perfino di venire in vacanza nonostante tutto. Perché non vivo più schiava delle circostanze, ma vivo di e per un Altro».