Distribuzione di acqua a Beirut (foto F.Volpi/Avsi)

Emergenza Libano. La campagna di Avsi

Al via una raccolta di aiuti per soccorrere oltre un milione di civili in fuga dalla guerra. «Anche tra noi operatori molti hanno perso tutto. Ma non smettiamo di rimanere accanto ai più fragili»
Maria Acqua Simi

«Siamo nell’emergenza, dalle finestre del nostro ufficio di Beirut vediamo il fumo delle esplosioni e sentiamo tremare tutto per i bombardamenti. Di notte è difficile dormire, ma alla mattina tutti i miei colleghi di Avsi sono qui, operativi, per dare una mano. Fin dal primo giorno dell’escalation nessuno si è tirato indietro, ci siamo trovati addosso come un senso di unità, un desiderio di fare bene, che ci tiene vivi». A parlare è Francesca Lazzari, responsabile di Fondazione Avsi in Libano.

Il 23 settembre, dice, è stata una data spartiacque per l’avvio della massiccia operazione di guerra israeliana ma nel sud del Paese dei Cedri il conflitto non se ne è mai andato. C’era già stata una guerra nel 2006, mai formalmente conclusasi, mentre proseguivano gli scontri sul confine tra israeliani e miliziani di Hezbollah. La situazione era precipitata un anno fa con l’attacco di Hamas, il rapimento degli ostaggi israeliani e la guerra totale lanciata su Gaza. «A farne le spese sono stati anche i civili libanesi, specie nel sud dove avvengono gli scontri tra le forze israeliane e le milizie sciite. Sono le aree dove noi di Avsi abbiamo diversi progetti e anche per questo conosciamo moltissime delle persone sfollate che in questi giorni si stanno riversando qui al nord. In queste ore siamo attivi per aiutare con kit di emergenza (cibo, coperte, acqua, medicine) oltre 10mila sfollati, ma è una goccia nel mare perché secondo il Governo libanese i profughi sono almeno un milione e duecentomila».

Alcuni tra loro, racconta Francesca, sono stati accolti nei circa 800 rifugi approntati dall’esecutivo libanese e dalle realtà presenti sul territorio: chiese, scuole, università. Altri hanno preso in affitto delle case, altri ancora vengono ospitati da parenti o amici. «Tantissimi però sono per strada. Il bisogno è grande perché stiamo parlando di anziani, famiglie, bambini senza acqua calda, materassi, coperte. A tutti offriamo anche un supporto psicologico, abbiamo attivato delle linee telefoniche di emergenza perché perdere la casa, il lavoro, gli affetti nel giro di poche ore è qualcosa di inimmaginabile».

Forte della sua esperienza sul campo (Avsi è presente nel Paese dei Cedri dal 1996 con progetti sociali, educativi, di offerta lavorativa e nell’agroalimentare), l’ong sta già guardando ai prossimi mesi.

«Non ci sono segnali che tutto questo finirà presto, dobbiamo essere pronti. Il tema che più ci preoccupa è quello dell’educazione. Attualmente tutte le scuole libanesi sono chiuse e nel sud ci sono istituti che hanno aperto solo a intermittenza negli ultimi cinque anni a causa degli scontri tra Hezbollah e Israele, del Covid, della crisi economica e della assenza di elettricità. Questa nuova fase del conflitto rischia di far perdere un altro anno scolastico a una generazione già fortemente compromessa. Noi vogliamo essere al loro fianco aiutandoli nel loro percorso formativo e umano».
Per sostenere gli sforzi contingenti e per restare accanto alla popolazione, Avsi ha quindi lanciato una campagna di raccolta fondi denominata Hope4Lebanon.

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«Le persone che stiamo soccorrendo sono frustrate, spaventate, faticano a parlare di quanto sta succedendo. Ma hanno diritto a una dignità e a non essere lasciate sole. Ci sono alcuni tra i miei colleghi libanesi che hanno perso tutto in questi giorni. Chi la casa, chi qualche famigliare rimasto ucciso. Ma nessuno è mancato, tutti sono in prima linea per aiutare. È l’unica risposta che possiamo dare a questa violenza».