Barcellona, gli indipendentisti catalani in piazza.

Catalogna: la possibilità di un autentico dialogo

In un’assemblea di studenti a Madrid, si parla del referendum. Interviene una ragazza di Barcellona: «Io sono indipendentista. Ma non sono definita solo da questo…». Il volantino di Gs Spagna racconta come può nascere l’unità anche dove sembra impossibile

30 settembre 2017. Mancano solo 15 ore all’1 ottobre. Una studentessa di Barcellona si alza in un’assemblea davanti a duecentocinquanta ragazzi riuniti a Madrid, provenienti da diversi punti della penisola: «Io sono indipendentista. Ma sento che non sono definita solamente da questa posizione. In questi giorni in realtà continuo a domandarmi chi sono io. Mi fa problema che mi chiamino “separatista”, come se questo termine identificasse tutto quello che sono. C’è una cosa che so con assoluta certezza: io desidero essere amata al di sopra di tutto questo. E mi dispiace molto sentirmi costantemente giudicata. Oggi sono qui, lontano da Barcellona, perché il rapporto con una amica di Madrid mi ha aiutato a risvegliarmi, ad abbandonare lo scetticismo, a giudicare tutto ciò che stiamo vivendo. Lei mi sta aiutando a vivere, a capire me stessa».

Questi studenti hanno due abitudini particolarmente strane. La prima è che parlano e si ascoltano. E non dialogano solamente: si raccontano la propria vita, si fanno domande, si interessano a ciò che accade intorno a loro, entrano in rapporto con i loro professori e gli adulti per affrontare i loro problemi, le ferite e i desideri. Si aiutano e si correggono. La seconda è che cantano. Cantano come canta un popolo che ha qualcosa da esprimere. Nel solco della tradizione cristiana, hanno imparato a valorizzare il ritmo degli spirituals afroamericani, l’allegria incontenibile dei canti irlandesi, e persino la nostalgia delle habanere catalane.

Una manifestazione di unionisti a Madrid.

A conclusione dell’assemblea, quasi trecento voci cantano con decisione e senza timidezze El meu avi. Questa bella habanera li fa ondeggiare a destra e a sinistra, come l’acqua dell’oceano scuote con forza il Català (canzone scritta in onore dei soldati morti nella guerra ispano-americana, ndt). Lontani dalla propria casa, i valorosi e stanchi marinai pensano alla loro terra e cantano ricordando ciò che hanno lasciato: Viva la Catalogna! Viva il “Català”! Davanti alla bellezza, gli uni e gli altri “abbassano le armi”, e si uniscono in una sola voce. Le differenze non si dissolvono, ma non sono più elementi di inimicizia ed estraneità.

Questi ragazzi recano in sé la speranza per la Spagna. Hanno incontrato una realtà umana che li tira fuori dall’ingenuità, dallo scetticismo, dal risentimento. Di fronte all’ideologia che ci ha invaso in questi giorni, la loro curiosità traccia il vero cammino verso la libertà. Nell’incontro con l’esperienza cristiana una studentessa che aspettava tutto dall’1 ottobre e una intera comunità di studenti e professori sono capaci di uscire da se stessi e di riconoscersi come una cosa sola.

La vera novità non appare sempre in primo piano: il 30 settembre, poche ore prima dell’1 ottobre, ragazzi di quindici-sedici anni hanno scommesso sulla possibilità di un autentico dialogo, quello che si fonda sulla comprensione e la stima dell’altro, anche nella vita politica. Occorre capire che tipo di proposte educative è in grado di generare questa unità, coraggiosa e imprevista. Viva la Catalogna! Viva il “Català”! Il canto di quei ragazzi non era uno sterile grido separatista, ma il cuore di una esperienza comune.

Gli studenti liceali di Comunione e Liberazione Spagna