La giornata di fine anno di Gs Lombardia a Cremona.

GIOVENTÙ STUDENTESCA. Una febbre da cui non si deve guarire

La giornata di fine anno per 1.200 studenti della Lombardia. I canti e la band, poi un'assemblea, piena di domande e testimonianze personali. E il grande gioco insieme, al pomeriggio. È successo sabato scorso, a Cremona...
Stefano Giorgi

Due giugno 2018, Festa della Repubblica. Potrebbe essere solo un giorno a casa da scuola, e invece… La struttura di accoglienza del parco delle Colonie Padane di Cremona dalle 10.30 del mattino incomincia a colorarsi di magliette gialle, rosse, verdi e blu. Sono i colori delle quattro squadre in cui i 1200 ragazzi di Gioventù Studentesca della Lombardia si sono divisi per i giochi della Giornata di fine anno dal titolo: «Una febbre di vita».

L’accoglienza, il coro, la band di fiati dei ragazzi di Cremona, poi tutti seduti, tesi ad ascoltare Margherita che canta Be still my heart.

Don Pigi incalza subito: «Quando il cuore scoppia come un vulcano non si torna più indietro, qualcosa è successo. Lo si può dimenticare o rinnegare, ma non si torna più indietro. Questo è il contenuto della memoria della Madonna ogni mattina». Recitiamo l’Angelus e cantiamo Il viaggio di Claudio Chieffo, la canzone che ci descrive in quest’anno vissuto insieme. «Pensando ad oggi», ha esordito Alberto Bonfanti introducendo l’assemblea, «mi è venuto dal cuore un fiotto di gratitudine perché dentro tutto il viaggio di quest’anno questa Presenza che ha incontrato Maria è stata con me, facendomi portare tutte le cose che ho vissuto. Il clima di festa che si respira oggi tra noi è l’espressione di questa gratitudine. Come abbiamo cantato: c’è un luogo a cui apparteniamo e a cui possiamo sempre tornare. Ci siamo, allora, chiesti: alla fine di quest’anno hai trovato qualcosa di utile per te e i tuoi compagni?».



Pronti, via. Rompe il ghiaccio Jacopo di Milano, con il racconto di come non sia mai stato lasciato solo in un anno in cui, in breve tempo, gli sono morti sia il nonno che la mamma: «Paradossalmente prima della morte di mia mamma avevo mille dubbi e nessuna domanda, ma soprattutto dopo il funerale, in cui tre quarti della chiesa era lì per me, mi sono sentito abbracciato veramente, ho avuto amici veri e questi dubbi sono diventati domande. Ogni giorno non sono da solo e questo è il segno più grande che c’è Qualcuno nella mia vita».

Che sorpresa: il problema non è che tutto vada bene, ma avere qualcuno che non ti abbandona mai e fa diventare tutti i dubbi domande.

Pigi rilancia: «Chi ci ha fatto compagnia così quest’anno?». Irene, sempre di Milano, non si trattiene: «Sono andata al funerale della mamma di Jacopo perché volevo essergli amica, volevo consolarlo e invece… Vedo una persona che mi ha fatto soffrire, vado “in sbattimento”, mi isolo e Jacopo si accorge di me, mi viene incontro e mi abbraccia: “Cosa ci fai lì da sola?”. È stato lui ad essermi amico!».

«Qual è il segno che l’amicizia che accompagna Jacopo non è consolatoria?», riprende Alberto: «Che lo ha “acceso”, tant’è vero che è diventato compagno di altri». È lo stesso racconto di positività di sguardo ricevuto e ridonato che raccontano i ragazzi di Fronte del Porto (Centro di aiuto allo studio a Desio).



Ma non è finita: si alza Masha di Giussano: «Tu, Pigi, al Triduo, il venerdì mattina hai detto: “Perché Gesù, lui che era Dio, non è scappato dalla croce, non è salito subito in cielo risparmiando tanto dolore a sua madre e tutta la fatica a Pietro e ai discepoli?”. Queste domande sono le mie, e ho fatto la Via Crucis avendole dentro. Ma mi ha fatto arrabbiare come tu hai concluso: “Gesù ha risposto col grido: Mio Dio, mio Dio perché mi ha abbandonato?”. Qual è il senso di questa risposta? Si deve soffrire sempre?».

Pigi e Alberto esclamano insieme: «Grazie!». Poi Pigi prosegue: «Grazie, perché ci hai riportato al cuore della proposta del Triduo. Qui possiamo tirar fuori tutte le nostre domande. Ma la risposta qual è? Uno che è morto portando sulle spalle quelle domande. Noi pensiamo che la soluzione del problema sia che il problema scompaia, ci attendiamo la soluzione delle cose dal cambiamento delle circostanze. Ma non basta, anzi, è una menzogna perché cambierebbero le circostanze, ma saresti fatta fuori tu». E per spiegare meglio fa l’esempio della mamma che si sostituisce in continuazione alla figlia nelle interrogazioni. Che cosa comunica questa madre alla figlia? «Che non vale niente», risponde sicura Masha. Quindi non un Dio che ci tratta da sciocchi, c’è un Dio che ci ha fatto come la cosa più meravigliosa che c’è ed è certo che attraverso tutte le cose tu puoi scoprire quanto sei grande e quanto Lui ti vuole bene. E puoi cominciare a dirgLi: «Portami con te». «Perché io vedo», conclude Pigi «oggi abbiamo visto, delle persone che sono dei poveracci come me e te, ma hanno uno sguardo unico, come quello di Gesù quando guardava gli altri. Allora per capire chi ci sta dietro questo sguardo devi vivere con loro».

Quella di oggi vuole essere una giornata che può essere una paradigma su come vivere le vacanze - il vero tempo della libertà - , per questo viene presentato il libro dell’estate per Gs: Ti regalo la mia molla. La vita di Andrea Mandelli. È il nipote, anch’esso Andrea, a parlarcene: «È la storia di uno innamorato della vita. La sua malattia fu un trampolino per vivere la vita più intensamente. Diceva che tutto quello che il Signore gli dava da vivere era per trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne. E ha detto sì fino alla fine».

Una febbre di vita. Non è solo un titolo, si vede in ogni momento, negli sguardi commossi che si cercano per pranzare insieme e continuare il dialogo.



Poi il giocone: «Pensando alle varie prove, volevamo affrontare dei temi che avevano a che fare con noi, con i nostri amici e con il mondo che ci circonda», racconta “Rova”, la mente dei giochi. «Dei temi anche “ambigui” (i like, la moda, i soldi, la performance) perché in questa compagnia si può non censurare niente, possiamo tirar dentro tutto, tutto può diventare l’occasione per riscoprire questa febbre di vita in cui il Triduo ci ha lanciati».

Vedere i 1.200 ragazzi sparsi per l’intero parco del Po divisi in squadre e sottosquadre (32 gruppetti di 30/40 persone l’uno) insieme a sfidarsi è stato un vero spettacolo. Le prove a squadre o a singolar tenzone per conquistare i like o i soldi o anche l’approvazione degli altri alla fine ci hanno portato al riempimento del termometro della “febbre di vita”.

Dal parco prendiamo il cammino, attraversiamo la città per giungere in Cattedrale per la messa. «Siete una bella notizia», sono le parole del vescovo, monsignor Antonio Napolioni, nella cattedrale consacrata a Santa Maria Assunta.

Che “graziosa” coincidenza: la liturgia è quella della festa del Corpus Domini: «Che cosa saremmo disposti a dare della nostra vita per trattenere la bellezza di oggi?», chiede don Pigi durante l’omelia. «Qualsiasi sacrificio non servirebbe, questa bellezza svanirebbe. Cosa ha fatto allora Cristo? Ha messo il suo sangue e il suo corpo a mettere radice nel nostro stesso corpo. Non ci chiede di dargli qualcosa, ma è Lui a dare se stesso. Così siamo in comunione gli uni con gli altri, siamo insieme, perché è Cristo che ci mette insieme. Allora cosa daremmo di noi stessi? Tutto».

Grazie Signore cantiamo alla fine. E «grazie» è l’ultima parola che Alberto ci dice per augurarci di continuare in vacanza a trovare, perseguire, desiderare e costruire ciò che corrisponde al nostro cuore.