Bambini a Spaccanapoli, dove operano le Suorine (foto: Stefania Malapelle)

Tende Avsi/2. Una compagnia che allarga la casa

Nei quartieri periferici delle grandi città, l'opera delle Suore di Carità dell'Assunzione. Cure infermieristiche, accoglienza diurna di minori, condivisione della vita e dei bisogni delle persone in difficoltà. Con lo spirito con cui Sam aiutò Frodo...
Ubaldo Casotto

Si chiama “La casa allargata”, ed è il titolo di uno dei progetti sostenuti da Avsi con la campagna Tende di Natale 2018. L’immagine rende fisicamente l’idea dell’opera delle Suore di Carità dell’Assunzione, un istituto religioso presente nelle periferie di alcune grandi città (Milano, Torino, Trieste, Roma, Napoli e Madrid), più conosciute, a molti dei lettori di questo sito e agli abitanti dei quartieri in cui vivono, come Suorine.

La casa, cioè la famiglia, è il dove, il luogo dell’opera sociale delle Suorine, iniziata nelle case degli operai francesi a metà dell’Ottocento e ininterrotta sino a oggi nelle case degli immigrati, prima italiani ora internazionali, che popolano quartieri come il Corvetto di Milano, Borgo Vittoria a Torino, Spaccanapoli (non c’è bisogno di dire dove), Boccea e Primavalle a Roma, Servola a Trieste, Usera a Madrid.



All’inizio di quest’opera c’è un sacerdote francese del XIX secolo, padre Stefano Pernet. L’intuizione dell’assistenza domiciliare è sua, ed è databile in un momento preciso della sua vita. Succede a Nimes nel 1851, in un sobborgo chiamato l’Enclos Rey, dove abita la famiglia di un ragazzo dell’oratorio a lui affidato. La mamma è ammalata e Mario, così si chiama il ragazzo, è assente da qualche giorno. Pernet decide di andare a casa sua. Così quella visita viene raccontata su uno dei bollettini della congregazione:

«Bussa. Sulla soglia appare, scarmigliata, una bimba di cinque anni.
“Dov’è la tua mamma?”
“La mia mamma sta a letto.”
“E Mario?”
“È andato a cercar legna per scaldare la mia mamma.”
Entra. Disordine, fuoco spento, stoviglie ammucchiate, vestiti sparsi su tutti i mobili. Nel fondo dell’unica stanza il letto con la giovane mamma e un bimbo in una culla di vimini.
“Vengo per Mario che mi ha detto che lei era ammalata.”
La giovane donna espone allora la sua pena… La sua casa, curata fino a ieri, va ora alla deriva! Nessuno per curare lei, occuparsi dei bambini, fare la spesa; suo marito lavora e rientra intirizzito dal freddo. Le vicine vanno tutte in fabbrica. Andare all’ospedale? Abbandonare la famiglia. Fino a quando?... E scoppia a piangere.
Il Padre cerca di addolcire la sua pena, ma si sente impacciato.
“Che cosa potrei fare per lei?”
“Grazie, lei è buono” ma che cosa potrebbe fare lei qui. Ci vorrebbe una donna, una donna che fosse una buona infermiera e si prendesse cura dei bambini, dei pasti, della casa…”».


“Ci vorrebbe una donna…”. Questo episodio, il dolore cocente di non poter fare niente, ha segnato la vita di padre Pernet. Ha avuto quel giorno l’intuizione che in quelle case ci voleva la presenza di una donna, ma solo dopo quattordici anni, nel 1865 a Parigi, ha potuto realizzarla, dando origine a una congregazione di religiose che assistevano i malati a casa loro, prendendosi cura anche di tutta la situazione familiare. Un fatto rivoluzionario per quell’epoca. Questa professione nuova si è diffusa in Francia e in Europa e poi in tutto il mondo man mano le suore fondavano nuovi conventi negli agglomerati urbani popolari delle grandi città. Alla morte di padre Pernet, nel 1899, le suore erano più di quattrocento, presenti in tante città della Francia, a Londra, in Irlanda, a New York.

L’intervento in casa, la cura infermieristica, l’accoglienza diurna dei minori, l’impegno educativo nel rapporto con la scuola e con la famiglia, la collaborazione con gli enti locali e i servizi sociali; entrare nelle case condividendo i bisogni più elementari dalla malattia al sostegno nell’incombenza quotidiana dell'accudire i figli: questa è la missione delle Suorine che AVSI vuole sostenere attraverso il progetto della campagna tende di quest’anno.



Il progetto “La casa allargata” è rivolto a famiglie italiane e straniere che vivono in situazione di disagio per povertà economica, per malattia, per solitudine, per mancanza di lavoro e di casa e si propone di offrire a domicilio o nelle case delle Suorine (è questo l’allargamento della propria dimora) un servizio integrato di azioni quotidiane intrecciate tra loro per favorire processi di ripresa e di crescita nelle persone che incontrano, piccoli e grandi, e promuovere una realtà di popolo che possa partecipare a un bene e a un positivo che c’è nella vita.
Nell’opera delle Suorine non c’è mai sostituzione della figura e del ruolo genitoriale, c’è sostegno e accompagnamento. È un’impostazione e un’esperienza che balza immediatamente ed evidentemente agli occhi entrando nel loro centro diurno milanese, La casa di Sam. Sul muro antistante la porta d’ingresso c’è un murale con Frodo e, appunto, Sam, i protagonisti de Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, e questa frase: «Coraggio Frodo! – gridò Sam – Non posso portare io l’Anello, ma posso trasportare te ed esso insieme».

Che cosa poi voglia dire accompagnare, più che spiegarlo è meglio ascoltarlo dalla testimonianza di una Suorina che ci racconta la storia di Mark e della sua famiglia, una delle seicento coinvolte nel progetto “La casa allargata”.
«Marie è una mamma del Congo. Arrivata a Torino per lavorare incontra Paul, da loro nasce Giuditta e quando deve riprendere a lavorare chiede aiuto alle suore perché non sa a chi dare la piccola: il nido costa troppo, il papà lavora e i parenti non sono in Italia. Inizia una storia che non potevamo immaginare. Paul lavora fino alle 19,30, Marie fa i turni. Teniamo la bambina da noi e Laura, la suorina che si occupa di loro, la riporta a casa di pomeriggio prima del ritorno del papà, le fa il bagno in modo che lui le dà da mangiare e poi la mette a letto perché la mamma ha il turno della notte. Dopo due anni nasce Mark. Il rapporto con loro cresce. Entrando a casa nostra la mamma spesso si ritrova a dire ai bambini: "Questa è casa vostra perché è casa mia", Giuditta è già sparita nella sua stanza dei giochi, Mark sgambetta contento. Quando Mark ha sei mesi Marie si ammala. Inizia tutto il percorso della cura: ricovero, chemioterapia, intervento e la aiutiamo a lavarsi, le facciamo le medicazioni, le iniezioni. Poi c’è l’aiuto per i mestieri in casa, il pranzo per i bambini e per lei eccetera. Durante i ricoveri i bambini stanno da noi. Solo così lei può essere tranquilla pur nel grande dolore. Quando la mamma muore il papà vuole che ci sia Laura con lui per spiegare ai figli l’accaduto. Laura continua a seguirli, al mattino alle 5,30 è spesso a casa loro perché il papà deve lavorare, la vita va avanti. Un giorno, mentre tornavano dall’asilo, Mark le chiede: "Laura, ma tu ti sei fatta suora perché noi possiamo diventare grandi?". I bambini sono cresciuti, la vita familiare è ripresa, i bambini vengono ancora a giocare e a studiare il sabato, sono parte di una compagnia grande». La casa allargata.