Don Giancarlo Ugolini

All'origine di un popolo, una presenza

Per il decennale della morte di don Giancarlo Ugolini, a lungo anima della comunità di CL di Rimini, la messa celebrata da Julián Carrón: «È stato il volto del mistero che si è reso vicino a ciascuno di voi». Su di lui una mostra, fino al 14 ottobre
Paolo Facciotto

Beata gens, beata la nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che si è scelto come erede. Erano in tanti, parte significativa di un popolo più grande, la sera del 3 ottobre a Rimini alla messa per il decimo anniversario della morte di don Giancarlo Ugolini (1929-2009).
«Che cosa fa sorgere il popolo?», si è domandato don Julián Carrón iniziando l’omelia: «Qual è l’origine di un popolo così numeroso come siamo stasera?». Risposta: «Un evento che non è un libro, ma una presenza. Una presenza che è diventata la modalità attraverso cui il mistero continua ad agire, a generare un popolo nella storia. Perché il compimento di tutta quella storia che era contenuta nella legge si è sintetizzato, si è incarnato in una presenza storica: Gesù, il Signore».

Mentre il presidente della Fraternità di CL parlava, tutti potevano vedere lassù in alto, nella parete di fondo del coro della chiesa di S. Agostino, il grande Cristo benedicente seduto sul trono, attorniato dai due Giovanni, il Battista e l’Evangelista, tra i primi due nella sequela. La splendida icona del Trecento riminese è lontana negli anni eppure manifestazione visiva del contenuto della nostra stessa vita di oggi: «Questa modalità così umana di vicinanza di Dio che si rende così prossimo nella carnalità di un volto umano è all’origine di un popolo: quello che ci è capitato è come successe all’inizio della storia che era contenuta nella legge, che poi racconta il Vangelo, tale e quale senza soluzione di continuità. Come qualcosa che accade ora», ha proseguito Carrón.
Ma che c’entra tutto questo con don Ugolini? «Il metodo di Dio non cambia, è tale e quale quello dell’inizio, cioè una irruzione nuova, diversa, nella vita delle persone attraverso un volto umano, con un nome e un cognome: don Giancarlo, a cui tutti siete grati per la sua paternità. È la modalità, il volto, la vicinanza, la carnalità, la storicità - altro che astrazione! - del mistero che si è reso vicino a ciascuno di noi e lo abbiamo incontrato nei momenti diversi della strada e ci ha travolto».

La messa per il decimo anniversario celebrata da don Julián Carrón (foto: Roberto Masi)

Storicità e vicinanza alla vita dell’uomo, proprio come si vede nell’altro affresco medioevale, subito sotto la deesis: in piedi sulle ginocchia di Maria, il Bambino le strattona la veste come ad attirare la sua attenzione. Vengono alla mente tutte le occasioni in cui don Giancarlo ha portato la comunità di Rimini a implorare grazie alla Madonna di Bonora, nel “suo” santuario degli anni del seminario: il pellegrinaggio pre-Meeting che da 28 anni si tiene ogni 15 agosto nasce da questa sua pietà, da questo suo affidarsi a lei.

Carrón ha concluso sottolineando che «in questa situazione storica, in cui tante persone non trovano una ragione per vivere, per la mancanza di senso, di significato del vivere e che vivono – poveretti - senza una ragione per alzarsi al mattino, andare a lavorare, amare la moglie o il marito, educare i figli, noi questa sera testimoniamo che non tutto è menzogna, che c’è qualcosa di vero, cioè che dura, sappiamo che qualcosa è vero, un’amicizia è vera, una paternità è vera perché dura». Questo “noi”, questo popolo è chiamato a testimoniare, «non perché noi siamo più bravi, siamo poveretti come loro, ma a noi è capitato, per grazia, di avere un padre da cui ci siamo lasciati generare, se continuiamo a lasciarci generare potremo anche noi generare».
«Il mistero di Dio continua a durare nella storia, è qualcosa che rimane nel tempo: come all'inizio, con le stesse caratteristiche dell’inizio ma che dura per attrarre ancora di più, per suscitare ancora di più questa libertà, per provocare la nostra ragione, per non lasciare che il nostro povero io ritorni al nulla travolto come un sasso dal torrente delle circostanze».
Libertà suscitata, ragione provocata, affezione mobilitata da Gesù Cristo presente nella Chiesa e nel movimento: da vedere la mostra che documenta la vita di don Giancarlo Ugolini - la famiglia e l’infanzia, il seminario e il sacerdozio, l’incontro con don Giussani e l’impegno educativo con i giovani, in GS e poi in CL, l’infaticabilità e fantasia nelle opere, il gusto della vita e il sacrificio della sofferenza. Dopo essere stata presentata all’ultimo Meeting, ora è visitabile fino al 14 ottobre nella Corte della Biblioteca Gambalunga. All’inaugurazione, il 4 ottobre, è intervenuto il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi che ha affermato: «Don Giancarlo Ugolini è stato un dono che ha reso feconda la Chiesa di Rimini, arricchendola di vocazioni alla verginità, al sacerdozio, alla missione, e provocando molti laici all’impegno sociale e politico”. In rappresentanza del Sindaco Andrea Gnassi è intervenuta anche l’assessore Anna Maria Montini: «Generazioni di riminesi, io tra questi, hanno avuto la fortuna di averlo come insegnate nelle scuole superiori, altrettanti di averlo avuto vicino come educatore e guida. Ma è tutta la comunità riminese, oggi, a prescindere dalle appartenenze, ad essere orgogliosa di don Giancarlo Ugolini, uomo di fede appassionato e innamorato dell’uomo, della sua libertà e del suo mistero. E C’è qualcosa che, personalmente, trovo particolarmente affascinante in questo ricordo, ovvero la quotidianità dell’incontro e del mistero».