L'immagine del manifesto di Encuentro Santiago

Cile. L'aria fresca di Encuentro Santiago

Una tre giorni online anche per la kermesse sudamericana, in un Paese alla vigilia di un importante appuntamento con le urne, vessato da una una profonda crisi sociale oltre che dal Covid. In cui, tuttavia, «noi abbiamo qualcosa da dire»
Paula Giacosa

Negli ultimi mesi in Cile i problemi sembrano non finire mai: dall’esplosione della situazione sociale al Coronavirus con le sue conseguenze umane ed economiche, la normalità sembra essersi interrotta, lasciando spazio a interrogativi e paure.

E se all’inizio è facile rimanere senza parole mentre si cerca di trovare un senso a tutto questo, spesso, però, capita che la perplessità si trasformi velocemente in una ricerca dei responsabili e dei colpevoli e nel tentativo di scovare il modo più efficace affinché tutto torni come prima. Tra le voci dei media e di una pletora di “esperti”, scivola via anche quello shock iniziale che per un attimo era sembrato in grado di risvegliare la profondità della nostra ricerca umana di significato.

Quando ci siamo chiesti se realizzare o meno l’Encuentro Santiago (15-17 ottobre), abbiamo risposto con un “sì” deciso: «Perché abbiamo qualcosa da dire». A partire dal tema di quest’anno: “Vivere una speranza nel presente”. La speranza spesso è intesa come un’ultima, vaga possibilità che qualcosa cambi in futuro. Questa concezione ci fa inevitabilmente separare dal presente, dalle circostanze che stiamo attraversando, e ci spinge come a vivere in un futuro incerto… Ma questo, al massimo, ci permette di sopravvivere dentro un presente che appare continuamente minaccioso, ma non di vivere veramente.



La prima sfida, così, è stata quella di non potersi incontrare in uno spazio fisico, in sé già un ottimo motivo per annullare tutto. Ma il desiderio di comunicare qualcosa, di vedersi, di proporre e di dialogare era più grande, e abbiamo utilizzato la modalità di rapportarci che ci è offerta in quest’ultimo tempo: il virtuale. Sapevamo che le persone tante volte sono stanche del contatto quotidiano con lo schermo del computer. Per questo l’evento doveva essere dinamico, interessante, ricco di contenuti e di qualità. E quando qualche mese fa ci siamo trovati la prima volta, le proposte sono venute fuori subito: ciascuno ha portato un argomento e si sono creati dei gruppi di lavoro ed è iniziata la preparazione, che è stata già di per sé un encuentro.

Gerardo, che ha partecipato all’elaborazione del tema e del suo manifesto, descrive così la sua esperienza: «Quando è nata l’idea ero pieno di entusiasmo, non solo per il poter dire qualcosa agli altri, ma perché io stesso avevo bisogno di un luogo da cui guardare più chiaramente i problemi e le difficoltà. Il lavoro sul tema è stata una prima occasione per cominciare a percepire un’ipotesi da cui partire. Ma, soprattutto, è stato un momento di incontro, un’occasione per dialogare con vecchi e nuovi amici». Un dialogo con persone toccate, prese e commosse dalla stessa esperienza che ha affascinato lui, dice: «Stavamo cercando insieme qualcosa di più grande, pur partendo in certi casi da prospettive molto diverse. In questa esperienza di compagnia ho sentito di nuovo l’abbraccio del Mistero: “Ti ho amato con un amore eterno”. E provo per questo una grande gratitudine».

Ad aprire Encuentro, giovedì 15 ottobre, un dialogo con Francisco de Lara, guida del programma di Dottorato in Filosofia della Pontificia Università Cattolica del Cile. Questo primo incontro è stato uno spunto per iniziare a entrare nel merito del programma di quest’anno, ponendo come premessa un punto positivo e la cultura del dialogo e della riflessione critica in mezzo alla crisi per ripensare e vivere il presente.

Un gruppo di amici ha allestito un concerto di canzoni che cercavano di vedere la speranza nelle diverse dimensioni della vita partendo da una domanda: «Cos’è che può unirci?». Trasmesso in diretta, con oltre 3mila visualizzazioni, è stato, come dice il titolo, un’occasione per "vivere e non vergognarsi di essere felici".

Venerdì 16, la giornata è iniziata con un appuntamento dedicato al Covid19 in cui padre Pietro Magliozzi, medico e cappellano dell'ospedale parrocchiale di San Bernardo, ha descritto le conseguenze di questa malattia nel suo stato più grave, per esempio quando un paziente cerca di respirare e non sente arrivare abbastanza ossigeno nei polmoni. Una sensazione drammatica, ma che legge anche la vita quando, senza una speranza certa, spesso ci sentiamo soffocare.



Invece, proprio in questi giorni abbiamo visto cosa è in grado di far entrare aria fresca nella vita. Non sono i progetti, né le ideologie. E neppure le nostre migliori intenzioni, che prima o poi si scontrano con i nostri limiti. Ciò che ci permette di respirare oggi è vedere persone con un’umanità “più umana”, gente che, di fronte alle circostanze stiamo attraversando, mette in gioco ciò che è, aprendo spazi reali di dialogo. Questo è venuto fuori benissimo venerdì pomeriggio, con la proposta dell’incontro sul Plebiscito e la Riforma della Costituzione che avrà luogo in Cile il 25 ottobre prossimo. José, uno dei membri del gruppo che lo ha preparato, lo descrive così: «Tutto è nato a partire da un invito durante la Scuola di comunità a guardare la situazione del Paese: “Che Cile vogliamo costruire? Che cosa esprime questa protesta nelle strade? Che cosa risponde al desiderio di una società più giusta e umana? La Costituzione è la speranza che risponde a questa protesta?”. Preparare questo incontro ha significato per me allargare l’orizzonte, connettermi con altri che possono contribuire positivamente a rispondere, scoprire che le persone del movimento hanno le stesse domande di tutti».

Un altro dei temi proposti venerdì riguardava “Un nuovo mondo del lavoro, da dove si riparte?”. Protagonisti due imprenditori, il cileno César Norton e Alejandro Marius dal Venezuela, che hanno parlato del contesto attuale, della pandemia e della crisi sociale, delle loro sfide ma anche delle opportunità che rappresentano. La giornata si è chiusa con un incontro dedicato all’enciclica del 2015 Laudato si’ di papa Francesco. Si è partiti dalla lettura del testo: «I progressi scientifici più straordinari, le prodezze tecniche più strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte a un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo». In cosa consiste questa conversione? Durante l’incontro è nato un dialogo con quattro donne che svolgono lavori legati alla cura della “casa comune”, del creato; Mahani Teave, della Fondazione Toki di Rapanui; Gladys Jimenez, membro dell’Osservatorio sulla responsabilità sociale territoriale della Pontificia Università Cattolica di Valparaíso; Paula Castillo, presidente di Fundan e vicepresidente della Confederazione economica Mapuche; dalla Spagna, María Laín, fondatrice del movimento “Christian Youth Climate”. Nei loro racconti è emerso in modo evidente come la scoperta del dono del creato può portare a una tenerezza verso l’umano. Non può che nascere da qui, da questa tenerezza, una nuova “cultura della cura” e un nuovo paradigma nell’approcciare certi temi, già nel piccolo del nostro ambiente e nel modo in cui ci relazioniamo a esso.

Il sabato mattina è stato aperto da un corso di “giardinaggio inclusivo”: i giovani con la sindrome di Down dell’opera Edudown ci hanno mostrato come si coltiva per produrre cibo in casa. Una attività, questa, che hanno imparato a loro volta, collegati via web dalle loro case durante il lockdown. E sempre via zoom, a seguire, è stata la volta di Vigías de belleza (sentinelle della bellezza), un momento di giochi, canti e balli dedicato ai piccoli e alle loro famiglie che già fin da aprile anima tanti sabati della parrocchia del Beato Pedro Bonilli.

Al pomeriggio, è stata trasmessa sul canale YouTube di Ecuentro una rappresentazione teatrale radiofonica dal titolo “Nord, terra di anime erranti” del collettivo teatrale La Maestra. E non è mancata neppure il sabato la musica, grazie a un appuntamento con Coqui Sosa, cantautore argentino, e Nicolas Rauss, direttore d’orchestra dell’Università di Santiago del Cile.

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La chiusura di Encuentro è stata dedicata all’educazione. A tema, “Educare con ciò che siamo: un cammino di speranza”, una serie di testimonianze che hanno messo in evidenza come nulla di ciò che accade può fermare il desiderio di incontrare l’altro e che c’è sempre, in un rapporto, la possibilità di un bene.

Tre giorni pieni, insomma, dove abbiamo potuto incontrare persone con un’umanità tale da ridare a tanti la sensazione di respirare nelle difficoltà che stiamo vivendo, di “vivere una speranza nel presente”. È un incontro che «si fa cultura», come dice papa Francesco nella nuova enciclica Fratelli tutti. Appuntamento, quindi, all’anno prossimo con un nuovo tema: “Scoprire l’altro: dalla tolleranza alla stima”.