EncuentroMadrid 2020. In chi possiamo confidare?

Un'edizione rimodellata dal Covid. Ma non meno ricca. La kermesse spagnola sarà online dal 19 al 22 novembre tra incontri, tavole rotonde e spettacoli. Ecco perché vale la pena non perdersela

¿En quién podemos confiar?”. In chi possiamo confidare? Suona così il titolo dell’EncuentroMadrid di quest’anno. Quattro giorni di incontri, dal 19 al 22 novembre, rigorosamente online, che vogliono essere un aiuto e una provocazione alla vita di questo periodo così difficile. Di che cosa si tratta e di quale sia il significato di una kermesse di questo tipo al tempo del Covid, ne parla don Ignacio Carbajosa, responsabile nazionale di Comunione e Liberazione in Spagna, in una videointervista rilasciata per l’occasione.



In un contesto come quello attuale, vale la pena mettere in piedi un evento come EncuentroMadrid? Cosa possiamo aspettarci?
Personalmente, credo che sia una circostanza provvidenziale: EncuentroMadrid arriva al momento giusto. Siamo carichi di sfide. Penso all’orizzonte che si affaccia davanti a tutti noi e che è piuttosto oscuro: uno non può andarsene via per il weekend in montagna, nella seconda casa, non può trascorrere un ponte con gli amici, non si sa bene cosa succederà a Natale… In questi giorni mi viene spesso in mente la parola “disperazione” che domina la nostra società e noi… Mi auguro che ci si possa domandare: «Che cosa succederà all’EncuentroMadrid? In quello che vedrò, in quello a cui assisterò, anche se attraverso di uno schermo, c’è una possibilità di speranza per me?». O le conversazioni che ho avuto sul posto di lavoro o in famiglia, dove emerge ancora una volta quell’elemento di disperazione, possono essere sfidate? Si può dire a un collega: «Vediamo questo insieme» o «Ti ricordi di quello di cui abbiamo parlato…?». O ancora: «Guarda cosa dicono in questo video su quella questione». Mi sembra un’occasione per il nostro Paese, ma in primo luogo per noi stessi, per la nostra famiglia, per i nostri colleghi per poter ricominciare a respirare.

È d’obbligo un EncuentroMadrid virtuale. Ma dopo tutti gli incontri di questi mesi sono stati organizzati online, ormai si nota una certa sazietà “da schermo”. Anche con questa modalità l’EncuentroMadrid può essere un’occasione di incontro?
L’ipotesi che sia soltanto un collegamento in più, un ulteriore Zoom, è evidente a tutti. Uno può partire da questa ipotesi o può partire dall’ipotesi, quasi opposta, che vediamo in America Latina, dove stanno attendendo davvero questo momento. Il fatto che EncuentroMadrid non sia in presenza, nella sua solita sede nella Casa de Campo di Madrid, come tornerò ad essere, apre un’infinità di possibilità. Mi colpisce l’aspettativa con cui si sta vivendo in alcune parti del Sudamerica questo Encuentro, tanto che abbiamo fatto uno sforzo in termini di orari per venire incontro al fuso d’oltreoceano. Esistono anche altre infinite possibilità… Mi riferisco al vicino o alla vicina, magari con bambini piccoli, che di solito non può andare a EncuentroMadrid perché deve mettere a dormire i bambini… Che opportunità grande poter dire: «Passate dopo cena a vedere questa opera teatrale che hanno registrato o questo incontro con il sindaco» o qualsiasi altra cosa. O l’opportunità di invitare due o tre amici di scuola e dire: «Venite, mangiamo insieme e poi vediamo questo incontro». Ci offre un’occasione di creatività che mi piacerebbe che ciascuno di noi prendesse in considerazione, partendo da quello che ci diciamo sempre, ovvero che le circostanze per le quali il Signore ci fa passare fanno parte della nostra vocazione. Prendere anche questa circostanza strana di EncuentroMadrid come una possibilità e quindi dire: «Cosa può succedere invitando e promuovendo EncuentroMadrid? Cosa può entrare nella mia famiglia, cosa può entrare in casa mia?». Mi sembra che possano accadere cose grandi.

Il titolo dell’EncuentroMadrid è la domanda “In chi possiamo confidare?”. In un momento in cui la polarizzazione sociale e politica è in crescita, in cui andiamo per strada e guardiamo l’altro con sospetto, è ancora possibile avere fiducia in qualcuno?
Mi sembra che quest’anno anche il titolo sia provvidenziale, come ho detto all’inizio. Abbiamo appena ascoltato il discorso del Presidente eletto negli Stati Uniti, Joe Biden, in cui parlava della necessità di ricostruire, curare le ferite di una nazione divisa. Se c’è qualcosa che caratterizza la nostra società è proprio questa polarizzazione, che in fondo si declina nel fatto che dell’altro non mi posso fidare in nessun modo. Abbiamo già fatto esperienza, nei mesi più duri della pandemia, di cosa significava dare fiducia: pensiamo alla fiducia cieca che abbiamo riposto nel personale sanitario, per cui tutti i giorni uscivamo al balcone ad applaudirli. Si trattava di una fiducia cieca, ma avrebbe potuto non essere così, avremmo potuto essere sospettosi e dire: «Tiriamo fuori tutti i nostri cari dagli ospedali, ce li stanno uccidendo». O pensiamo a ciò che è successo nelle primissime settimane della pandemia con l’unità politica. E il contrario: abbiamo visto cosa succede quando si parte dalla posizione “al enemigo, ni agua” (il nemico non merita nemmeno l’acqua, ndr). Abbiamo visto che cosa significa in termini di malessere, di violenza nei nostri rapporti, ma ampliamo questo all’ambito della famiglia, con il marito, la moglie, i figli… Estendiamolo al campo del lavoro. Abbiamo bisogno di capire perché sia possibile o di chi si può avere fiducia. E questo ha a che vedere con la questione ultima del significato della vita. O, più semplicemente, è un invito ad aprire gli occhi, guardare la realtà, perché il sole sorge tutti i giorni, io mi sveglio tutti i giorni, posso camminare… Questo è indice di una fiducia iniziale, che abbiamo tutti senza rendercene conto, che il sole non scompare, che c’è qualcuno che mi sta facendo in questo istante, che mi sveglia e che è legato alla natura dell’altro che ha il mio stesso cuore. Esiste, quindi, un punto ultimo di fiducia e credo che questo EncuentroMadrid possa essere essenziale per riprenderlo: capire che nella famiglia, nel lavoro, nella nostra società può esserci un punto di partenza che è la nostra natura, la nostra condizione di essere creati, l’ultima positività che ha tutta la realtà che può esser un’occasione per tornare a costruire.