Andrew Davison.

DAVISON «Cosa cambierà
la Costituzione sugli anglicani»

Un pastore anglicano presenta le sfide che si aprono con il nuovo documento apostolico. E i passi di un'unità che nasce dalla condivisione della tradizione. Con un compito in comune: «Difendere la fede in un ambiente ostile»
Lorenzo Fazzini

Sacerdote anglicano, Andrew Davison è docente di Introduzione alla dottrina cristiana alla facoltà teologica di Oxford. Intellettualmente vicino a John Milbank, Davison - che ha partecipato allo scorso Meeting di Rimini - analizza per Tracce.it le sfide che pone e le possibilità che apre la Costituzione apostolica sull’ingresso di fedeli anglicani nella Chiesa cattolica di Roma, presentata qualche giorno fa e appena resa pubblica (scarica il testo).

Come giudica l’annuncio di questo documento vaticano?
La maggior parte di quello che la Costituzione offrirà non sarà particolarmente nuovo. Ogni anno un buon numero di anglicani vengono accolti nella Chiesa cattolica romana, così come alcuni cattolici diventano anglicani (sebbene noi non incoraggiamo le conversioni dal cattolicesimo). È già diventato prassi comune per i preti anglicani sposati venir ri-ordinati nella Chiesa cattolica romana. Alcune volte questa è anche una ri-ordinazione “sotto condizione”, fatto che dimostra come la negazione degli ordini sacri anglicani non è qualcosa di definito, come alcuni cattolici pensano. Credo che la Costituzione farà in modo che alcune parti della liturgia anglicana vengano usate dai preti e dai fedeli che si convertono: ma anche questo, in un certo senso, è già accaduto prima. Negli Stati Uniti è già previsto che i gruppi di anglicani che si convertono possano continuare ad usare la liturgia anglicana.

Il vaticanista Sandro Magister ha osservato: «Oggi più che mai, con Joseph Ratzinger come Papa, il cammino ecumenico non sembra una rincorsa alla modernità, ma un ritorno alla tradizione».
È un’osservazione molto corretta. La nostra unità consiste precisamente in quello che condividiamo dalla tradizione. L’unità è sempre stata rafforzata dalla comune attenzione alla tradizione. Lo vediamo nella liturgia, con le riforme della metà del XX secolo, che hanno permesso una nuova unità tra le chiese proprio sulla liturgia. Le nostre chiese hanno avuto una convergenza su liturgie eucaristiche molto simili grazie ad un’attenzione comune alle antiche forme e ai testi antichi. L’osservazione di Magister si applica ancora di più all’unità nel pensiero teologico. Con il movimento di Oxford del XIX secolo, la Chiesa di Inghilterra ha fatto un enorme passo in avanti nel riguadagnare quegli elementi che la Chiesa romana aveva mantenuto al momento della Riforma, ma che nella nostra Chiesa anglicana erano stati parzialmente dimenticati. Molti anglicani lodano il lavoro della rinascita teologica (l’opera di De Lubac o Danielou, per esempio) come un momento in cui la teologia cattolica romana ha riguadagnato una parte di quel vigore creativo che apprezziamo nella nostra tradizione e che temiamo sia mancata da noi ultimamente. Anche questo è avvenuto grazie all’attenzione verso la tradizione. I teologi cattolici romani che ho citato prima, per esempio, hanno prestato un’enorme attenzione ai Padri e a quel che san Tommaso d’Aquino ha veramente scritto, superando la sterile sintesi neoscolastica che per diversi secoli aveva preso il posto della teologia.

E nei riguardi della modernità, quali passi comuni cattolici e anglicani possono fare insieme?
Molti anglicani hanno notato nella recente enciclica del Papa una presa di distanza dal capitalismo sfrenato che è un tipico esempio della modernità. Tutto questo combacia bene con la tradizione del pensiero sociale anglo-cattolico. Ma ci si può anche riferire alla stracitata, ma quanto mai notevole, lezione di Ratisbona del 2006. Lì si dicevano cose veramente esatte sulla teologia, la tradizione e la filosofia. C’è qui un completo accordo con il meglio della teologia anglicana attuale, ad esempio in quello che John Milbank e i suoi colleghi stanno dicendo. In un ambiente intellettualmente ostile, possiamo difendere insieme la Fede e insieme opporci ad un sistema economico che si è dimostrato lacunoso e corrotto. Così come possiamo difendere la vita in tutte le sue fasi.

Quali speranze nutre rispetto al dialogo tra cattolici e anglicani nei prossimi anni?
Amo molto una frase del teologo ortodosso Sergej Bulgakov: «La Chiesa è l’opera dell’incarnazione di Cristo, è l’incarnazione stessa». Riporta la nostra attenzione alla grandezza della Chiesa come Corpo di Cristo e al suo valore nel piano della salvezza. Dal punto di vista razionale, non m’aspetto che il dialogo vada molto avanti. Ma spero che la Grazia di Dio porti a passi ben maggiori. Sarei contento di vedere l’Arcivescovo di Canterbury e il Papa incontrarsi più spesso: sono entrambi uomini di grande intelletto, con notevoli interessi accademici in comune. Nel prossimo futuro, penso che i progressi più grandi avverranno a livello della cooperazione personale e dell’amicizia. È ciò che sta già succedendo nelle parrocchie, dove c’è cooperazione nella preghiera comune e nell’azione sociale. In un ambiente ostile, cattolici e anglicani sono chiamati a difendere insieme la fede, opponendosi ad un sistema economico che s’è rivelato corrotto e difendendo la vita in tutti i suoi momenti.