La Basilica di Santa Maria Maggiore.

SISTO III Verso l'unità nel nome di Maria

Continua la serie su alcuni tra i più significativi pontefici della storia. Nella nona puntata, la storia di un uomo che ha combattuto le eresie. Per costruire (anche materialmente) la Chiesa
Eugenio Russomanno

In primo luogo, Sisto III (432-440) ebbe il merito di pacificare Cirillo di Alessandria e Giovanni di Antiochia, che al Concilio di Efeso (431) si erano scontrati su questioni dogmatiche. Per capire, occorre ricordare che a quel tempo nel dibattito cristologico esistevano due celebri scuole: la scuola teologica alessandrina, che metteva l’accento soprattutto sulla natura divina di Cristo, e la scuola teologica antiochena, che invece sottolineava la natura umana di Gesù. Al contrasto d’opinione delle due scuole seguì immediatamente la rivalità dei due patriarchi, Cirillo d’Alessandria e Nestorio di Costantinopoli (di quest’ultimo era seguace Giovanni di Antiochia). Cirillo compilò e inviò 12 anatematismi contro Nestorio e Nestorio compilò e inviò 12 anti-anatematismi contro Cirillo. Per risolvere il conflitto, l’imperatore bizantino Teodosio II e l’imperatore romano d’Occidente Valentiniano II convocarono un concilio, il terzo concilio ecumenico di Efeso (431). Forse il fatto più eclatante del concilio di Efeso fu la proclamazione di Maria con il titolo di theotòkos, “Madre di Dio”, che Sisto III ebbe il merito di far riconoscere sia a Cirillo che a Giovanni. Nel 433, in particolare, fu redatto un «atto di unione», simbolo di fede compilato dagli antiocheni ma accettato anche dagli alessandrini: un successo che Sisto III attribuì all’apostolo Pietro, garante della vera fede e operante in lui.
In secondo luogo, Sisto III combatté il pelagianesimo, una dottrina del monaco britannico Pelagio, uomo austero e colto, affidata fin troppo alla forza della volontà, in cui la grazia non vi aveva quasi parte. Secondo questa teoria, l’uomo non avrebbe bisogno della grazia per agire bene. Tutto, in definitiva, dipende dalla buona volontà. Il più strenuo e principale oppositore del pelagianesimo sarà Agostino, il “dottore della grazia”. Sisto III respinse le suppliche del capo pelagiano Giuliano di Eclano che, deposto ed esiliato, chiedeva di poter tornare nella sua sede.
In terzo luogo, Roma godeva ormai di ottime relazioni con l’Oriente. Ma accadde che Proclo, vescovo di Costantinopoli, tentasse di staccare la penisola balcanica sud orientale (Illirico) con i suoi vescovi dalla tradizionale dipendenza da Roma. Sisto dovette ammonire i vescovi illirici e ricordare loro che il vescovo di Tessalonica restava suo vicario nell’Illirico orientale: il Papa chiese a Proclo di non ricevere vescovi illirici che non fossero in possesso della lettera di presentazione del suo vicario di Tessalonica.
Infine, con l’aiuto di grandi somme elargite dalla famiglia imperiale, Sisto III diede grande impulso alla costruzione di edifici ecclesiastici: in particolare, oltre alla fondazione del primo monastero romano, le sue due opere più grandi - il Battistero ottagonale del Laterano e la Basilica di Santa Maria Maggiore - servirono per immortalare alcune importanti conquiste del suo pontificato: «Le iscrizioni nel Battistero esaltavano la grazia divina e la teologia del battesimo, sottolineando così la sconfitta del pelagianesimo, e i mosaici della Basilica celebravano il trionfo della Chiesa sull’eresia nestoriana», osserva il Grande Dizionario Illustrato dei Papi di John Kelly. La festa di san Sisto III si celebra il 28 marzo.