Un momento della visita.

CIPRO «Così il Papa ha riannodato i fili del dialogo»

Dal 4 al 6 giugno, la prima visita di un pontefice sull'isola. Ce la racconta Franca Giansoldati, che l'ha seguita per "Il Messaggero". E non esita a definirla «la più importante che Benedetto XVI ha affrontato»...
Fabrizio Rossi

«Quello che si è concluso domenica è il viaggio più importante che Benedetto XVI ha affrontato quest’anno». Franca Giansoldati, vaticanista de Il Messaggero, è atterrata nella notte a Ciampino con i giornalisti che hanno seguito da vicino la visita del Papa a Cipro, dal 4 al 6 giugno. Una missione «complicata», preceduta due giorni prima dall’assassinio di monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia: «Ma, nonostante le tensioni, Benedetto XVI è riuscito a portare avanti i fili del dialogo». Raggiungendo così i luoghi toccati dalla predicazione di san Paolo, san Barnaba e del futuro evangelista Marco.

Quale valore ha questo viaggio?
Era la prima volta che un pontefice metteva piede sull’isola. Lo stesso Giovanni Paolo II, nel suo pellegrinaggio nel 2001 sulle orme di san Paolo in Grecia, in Siria e a Malta, ha dovuto rinunciarvi per motivi di salute. Ed è stato il viaggio più importante che Benedetto XVI ha affrontato quest’anno.

In che senso?
Il Papa è andato in quest’isola al centro del Mediterraneo per fare arrivare un messaggio in tutta Europa: anche senza pronunciarlo, ha lanciato un appello per le radici cristiane del Vecchio Continente. Era evidente a chiunque, per la sua sola presenza in quei luoghi.

Quale situazione ha trovato il Papa?
I turchi dal 1974 occupano la zona settentrionale: per questo Nicosia, la capitale, è l’unica città europea ancora divisa da un muro. Il clima tra la comunità greco-cipriota, che vive nel Sud, e quella turco-cipriota, nel Nord, non è dei più distesi. In questi 36 anni i turchi hanno distrutto il 60 per cento del patrimonio storico-culturale degli ortodossi, spesso chiese e monasteri antichissimi, per cancellare la presenza cristiana dall’isola. Per estirparne il segno visibile. Hanno addirittura portato dall’Anatolia 160mila coloni, naturalmente musulmani...

Come si è mosso Benedetto XVI?
Ha saputo portare avanti i fili del dialogo, senza esacerbare gli animi. Quando in volo gli abbiamo chiesto un giudizio sull’assassinio di monsignor Padovese a Iskenderun, ha spiegato che non bisognava attribuire alla Turchia o ai turchi quel fatto. E ha aggiunto: «Non vogliamo adesso mescolare questa situazione tragica con il dialogo con l’islam». Questo ha sgombrato il campo da tutti gli ostacoli che avrebbero minato il viaggio a Cipro.

D’altra parte, però, il Papa ha evidenziato «le grandi prove» che le minoranze cristiane vivono in Medio Oriente...
Dopo la messa al Palazzo dello Sport di Nicosia, ha denunciato le persecuzioni e, rivolgendosi alle comunità del Medio Oriente, ha detto: «Voi contribuite in innumerevoli modi al bene comune». In questo modo ha messo in guardia anche i Paesi che ospitano queste comunità antiche, come a dire: se viene meno questa presenza cristiana, vi impoverite. E lì ha consegnato l’Instrumentum Laboris della prossima Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che si terrà in ottobre.

Quali problemi verranno affrontati?
Purtroppo la lista è lunga, ma la questione principale è l’isolamento dei cristiani in Medio Oriente. È questa la nota di fondo, che ho avvertito incontrando diversi Vescovi di queste zone. Si tratta di comunità molto antiche, che stanno progressivamente diminuendo e sono sempre più in difficoltà. La situazione è a macchia di leopardo, perché il Medio Oriente non è omogeneo, ma questi sono i problemi in cima alla lista: come si può arginare l’emigrazione dei cristiani? Come sostenere la loro presenza in quelle terre? Come si può rafforzare una rete di solidarietà?

In che modo il viaggio del Papa è stato preparato anche dalla riunione della Commissione per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, che si è tenuta in ottobre proprio a Cipro?
Da vari segnali, si vede che le chiese ortodosse si affidano, chiedono aiuto ai cattolici per rafforzarsi. Un episodio tra tutti: durante la visita, il Papa è stato avvicinato da tre monaci ortodossi, che un tempo abitavano nel monastero di San Barnaba, oggi in parte turca. Essendo tutti ultraottantenni, hanno espresso il loro ultimo desiderio: morire tra quelle mura, nonostante siano in rovina. E, per questo, si sono appellati a Benedetto XVI... È un riconoscimento implicito della sua autorità. Sarà un esempio piccolo, ma è paradigmatico di quel che sta succedendo: in queste situazioni di frontiera, cadono le barriere.