L'icona di Sergio I conservata <br>nella basilica di San Paolo fuori le Mura.

SERGIO I Tutta Italia al fianco della Chiesa

Continua la serie su alcuni tra i più significativi pontefici della storia. Nella diciassettesima puntata la vicenda del Papa che evangelizzò i Sassoni e che «preferì morire piuttosto che approvare gli errori dell'imperatore»
Eugenio Russomanno

«Fin dall'inizio del suo pontificato [687-701] Sergio si dimostrò molto energico e all'altezza del suo compito» scrive John Kelly nel Grande Dizionario illustrato dei Papi. Non solo papa ma anche santo probabilmente perché, si legge nel Martirologio Romano, «ricompose molte controversie e discordie preferendo morire piuttosto che approvare gli errori».
Innanzitutto, egli affermò con successo l'autorità di Roma in Occidente: per esempio, dispose che Damiano, nuovo vescovo di Ravenna, per essere consacrato si recasse a Roma. «Sergio prese molto a cuore la chiesa inglese», adoperandosi con ogni forza per l'evangelizzazione dei Sassoni: battezzò il re dei Sassoni Caedwalla, concesse il pallio (insegna pontificale che può essere concessa dal Papa come segno onorifico) a Bertwaldo arcivescovo di Canterbury e ordinò che Wilfrido fosse ristabilito nella sede di York. Nel suo pontificato un fatto degno della grande storia fu la pace religiosa riportata nel patriarcato di Aquileia: nel 700 infatti Sergio riammise alla comunione Aquileia, che si era distaccata da Roma dal tempo della condanna dei «tre capitoli»; a proposito della quale occorre qualche chiarimento: la controversia dei Tre capitoli riguarda la condanna da parte della Chiesa di Teodoro di Mopsuestia, di Teodoreto di Ciro e di Iba di Edessa; nella loro cristologia essi perseveravano nell'idea della separazione delle due nature in Cristo. Il termine deriva dal testo dell'editto formulato contro i tre autori in tre anatematismi.
Ma il fatto forse più importante e decisivo del pontificato di Sergio fu la sua risoluta e vincente opposizione agli «errori» imposti alla Chiesa con violenza da parte dell'imperatore Giustiniano II. L'imperatore nel 692 convocò un'assemblea di vescovi orientali (l'Occidente era assente) per completare i lavori del V (553) e del VI (680) concilio ecumenico (il nuovo concilio fu chiamato perciò Quinisesto). Ma questo concilio, di ispirazione orientale, ignorava totalmente i dettami e i canoni della Chiesa d'Occidente e della Chiesa di Roma (per esempio, eliminava il celibato ecclesiastico e ripristinava il canone 28 di Calcedonia che, contro la posizione del Papa e della Chiesa romana, definiva Costantinopoli seconda sede patriarcale dopo Roma). Sergio rifiutò risolutamente di firmare gli atti di questo concilio: allora Giustiniano ricorse alla violenza, mandando a Roma il protospatario (nell'impero bizantino era il governatore di una provincia) Zaccaria al comando di una milizia imperiale. L'ordine era chiaro: o il Papa firmava oppure doveva essere fatto prigioniero e condotto a Costantinopoli. Ma ecco la sorpresa della Provvidenza: da tutta Italia e da tutta Roma milizie cittadine italiane accorsero in aiuto del pontefice. «Venuto come cacciatore, Zaccaria si ritrova lepre in cerca di rifugio», scrive Domenico Agasso: lo trovano «acquattato sotto il letto del Papa», scrive lo storico tedesco Gregorovius. Sergio aveva vinto.
Per quanto riguarda la politica interna alla Chiesa, papa Sergio fece restaurare ed abbellire molte chiese, fece traslare in più degno sepolcro il corpo di papa san Leone Magno, introdusse il canto Agnus Dei nella messa (egli stesso, ottimo e famoso cantore, aveva fatto parte della schola cantorum del Laterano), esaltò le quattro grandi feste della Beata Vergine Maria (annunciazione, dormizione, natività e purificazione). Santo, la sua festa si celebra l'8 settembre.