La copertina del libro.

SAN CARLO BORROMEO La conversione di un cardinale

L'arcivescovo Dionigi Tettamanzi ha dedicato un libro al suo predecessore sulla cattedra ambrosiana. Ripercorrendo le omelie tenute dal Borromeo nell'ultimo anno di vita (1584), emerge il carisma di un uomo cambiato da «quel primo passo compiuto da Dio»
Andrea Tornielli

C’era una volta un cardinale che aveva ottenuto la porpora tra gli sfarzi della corte papale nepotista. Un cardinale che divenuto arcivescovo di Milano si «converte» e tenendo lo sguardo sempre fisso sulla croce abbraccia e avvolge di amore i poveri, gli ammalati, gli appestati, percorrendo in lungo e in largo la sua diocesi e divenendo un modello per l’autentica riforma della Chiesa. Quel cardinale era San Carlo Borromeo, e ora l’ultimo dei suoi successori sulla cattedra ambrosiana, l’arcivescovo Dionigi Tettamanzi, gli ha dedicato un libro nel quale ripercorre le omelie che il grande santo tenne nel 1584, l’anno della sua morte. Tettamanzi parla della conversione di Borromeo e del suo progressivo immedesimarsi nel ruolo di vescovo in un’epoca nella quale i suoi colleghi erano soliti abitare fuori dalle loro sedi e apparivano spesso più dei funzionari prefettizi o dei principi che dei veri pastori. Parla del progressivo «diminuire» se stesso di san Carlo, dal momento in cui prese a dedicarsi ai poveri arrivando a cambiare anche il motto del suo stemma cardinalizio introducendo la parola «humilitas».
Quello che emerge dalla prima all’ultima pagina del bel libro del cardinale Tettamanzi è il primato della grazia. «Il primo passo sulla strada della conversione - scrive l’arcivescovo di Milano raccontando ciò che è accaduto al suo santo predecessore - non è compiuto dall’uomo, bensì da Dio. Nessuno può strappare a Dio questo primato, che testimonia l’assoluta gratuità del suo amore, l’incondizionata fedeltà ai suoi doni: all’uomo tocca solo rispondere, lasciarsi attrarre, e lasciarsi condurre da quest’interiore attrazione». Che diversità di prospettiva rispetto a chi ritiene che il «successo» dell’annuncio e dell’evangelizzazione dipendano da tecniche pastorali, progetti a tavolino, strategie culturali.
«Signore, se i nostri cuori induriscono - disse nell’omelia del 27 maggio 1584 san Carlo Borromeo - come potremo noi con le nostre forze intenerirli? Non siamo capaci, Signore, da noi stessi di pensare qualcosa come proveniente da noi, non siamo capaci di pentirci, di piangere i peccati commessi, di correggere i costumi, di emendare la vita. Tu, o Signore, puoi dalle pietre suscitare figli di Abramo…».

Dionigi Tettamanzi
San Carlo e la croce
Edizioni Ancora
pp. 176 - €14