Benedetto XVI e mons. Negri, vescovo di San Marino.

Quell'inquietudine che niente colma

Benedetto XVI in visita alla diocesi di San Marino-Montefeltro ha incontrato i giovani: le illusioni di chi si accontenta e l'insoddisfazione di chi cerca la bellezza e la verità. Un giornalista ci racconta quello che ha visto
Massimo Pandolfi*

«Ma che cosa dobbiamo fare per avere in eredità la vita eterna?». Il quesito posto da un giovane a Gesù, nel Vangelo, è stato girato ieri da Benedetto XVI ai quattromila ragazzi che lo attendevano gioiosi e festanti nella piazza di Pennabilli, al termine di una lunga e intensa visita pastorale alla diocesi di San Marino-Montefeltro. Il Papa non si è limitato a domandare: ha dato anche una risposta a questi quattromila, ai quali il vescovo Luigi Negri aveva chiesto una verifica della fede. Ed è stata una risposta paterna figlia di un’esperienza e non di un discorso o di un’ideologia.
Mi piace partire da qui, dalla fine, perché a mio avviso è stata questa la parte più intensa di una giornata comunque speciale per decine di migliaia di fedeli, per uno Stato, San Marino, e due regioni italiane, Emilia Romagna e Marche, che per dodici ore si sono stretti in un abbraccio intenso e commovente attorno a Ratzinger, a tratti sorpreso da questo bagno d’amore.
Certo, ci sono i temi importanti trattati da Benedetto XVI, più appetibili, forse, per i giornali che troverete in edicola: la difesa della famiglia in crisi e della vita, magari anche attraverso fattive leggi statali che in qualche modo il Pontefice ha reclamato. E poi la preoccupazione per una precarietà sempre più diffusa, anche nel mondo del lavoro. E una mentalità dominante che tende «a sostituire la fede e i valori cristiani con presunte ricchezze che si rivelano, alla fine, inconsistenti».
Ma non solo. Il Papa ha parlato a ragazzi di vent’anni che hanno una voglia matta di trovare la felicità, e che magari sono angustiati dai mille pasticci e dalle mille angherie del mondo di oggi. E che chiedono qualcosa di più. Di più vero. Di più grande. Con il cuore che vuole solo spalancarsi alla vita.
«I grandi interrogativi che portiamo dentro di noi, “Chi siamo? Da dove veniamo? Per chi viviamo?”, sono il segno più alto della trascendenza dell’essere umano e della capacità che abbiamo di non fermarci alla superficie delle cose», ha detto Benedetto XVI. «Ed è proprio guardando in noi stessi con verità, con coraggio che intuiamo la bellezza, ma anche la precarietà della vita e sentiamo un’insoddisfazione, un’inquietudine che nessuna cosa concreta riesce a colmare. Cari amici, vi invito a prendere coscienza di questa sana e positiva inquietudine, a non aver paura di porvi le domande fondamentali sul senso e sul valore della vita. Non fermatevi però alle risposte parziali, immediate, certamente più facili e più comode, che possono dare qualche momento di felicità, di esaltazione, di ebbrezza, ma che non vi portano alla vera gioia di vivere, quella che nasce da chi costruisce non sulla sabbia, ma sulla solida roccia. Imparate allora a riflettere, a leggere in modo non superficiale, ma in profondità la vostra esperienza umana: scoprirete, con meraviglia e con gioia, che il vostro cuore è una finestra aperta sull’infinito! Una delle illusioni prodotte nel corso della storia è stata quella di pensare che il progresso tecnico-scientifico, in modo assoluto, avrebbe dato risposte e soluzioni a tutti i problemi dell’umanità».
Ma certe domande sono incancellabili, sono scritte nell’animo umano e vanno oltre la sfera dei bisogni, ha aggiunto il Papa. In ogni epoca e in ogni condizione: «Tutto questo voi lo sperimentate continuamente ogni volta che vi domandate “perché?”; quando contemplate un tramonto, o una musica muove in voi il cuore e la mente; quando provate che cosa vuol dire amare veramente; quando sentite forte il senso della giustizia e della verità».
La vera questione, per Benedetto XVI, è la libertà: «L’esperienza umana è una realtà che ci accomuna tutti, ma ad essa si possono dare diversi livelli di significato. Ed è qui che si decide in che modo orientare la propria vita e si sceglie a chi affidarla, a chi affidarsi. Il rischio è sempre quello di rimanere imprigionati nel mondo delle cose, del relativo, dell’utile, perdendo la sensibilità per ciò che si riferisce alla nostra dimensione spirituale. Non si tratta affatto di disprezzare l’uso della ragione o di rigettare il progresso scientifico, tutt’altro; si tratta piuttosto di capire che ciascuno di noi non è fatto solo di una dimensione “orizzontale”, ma comprende anche quella “verticale”. I dati scientifici e gli strumenti tecnologici non possono sostituirsi al mondo della vita, agli orizzonti di significato e di libertà, alla ricchezza delle relazioni di amicizia e di amore».
E solo nell’«apertura alla verità intera di noi stessi e del mondo» che si può vedere come Dio che ci viene incontro: «Nel Signore Gesù, che è morto e risorto per noi e ci ha donato lo Spirito Santo, siamo addirittura resi partecipi della vita stessa di Dio. In Lui potete trovare la risposta alle domande che accompagnano il vostro cammino. L’incontro con Cristo non si risolve nell’adesione ad una dottrina o una filosofia, ma ciò che Lui vi propone è di condividere la sua stessa vita. A quel giovane, che Gli aveva chiesto che cosa fare per entrare nella vita eterna, Gesù risponde, invitandolo a distaccarsi dai suoi beni e aggiunge: “Vieni! Seguimi!” (Mc 10,21). La parola di Cristo mostra che la vostra vita trova significato nel mistero di Dio, che è Amore! Che cosa sarebbe la vostra vita senza l’amore? Dio si prende cura dell’uomo dalla creazione fino alla fine dei tempi, quando porterà a compimento il suo progetto di salvezza. Nel Signore Risorto abbiamo la certezza della nostra speranza! Cristo stesso è la nostra speranza, è la Parola definitiva pronunciata sulla nostra storia».
Riecheggia, nell’augurio che il Santo Padre rivolge ai ragazzi al termine dell’incontro, quel “Non abbiate paura” del suo predecessore: «Non temete di affrontare le situazioni difficili, i momenti di crisi, le prove della vita, perché il Signore è con voi! Vi incoraggio a crescere nell’amicizia con Lui attraverso la lettura frequente del Vangelo e di tutta la Sacra Scrittura, la partecipazione fedele all’Eucaristia, l’impegno all’interno della comunità ecclesiale, il cammino con una valida guida spirituale. Trasformati dallo Spirito Santo potrete sperimentare l’autentica libertà, che è tale quando è orientata al bene. In questo modo la vostra vita, animata da una continua ricerca del volto del Signore e dalla volontà sincera di donare voi stessi, sarà per tanti vostri coetanei un segno, un richiamo eloquente a far sì che il desiderio di pienezza si realizzi nell’incontro con il Signore Gesù. Lasciate che il mistero di Cristo illumini tutta la vostra persona! Allora potrete portare nei diversi ambienti quella novità che può cambiare le relazioni, le istituzioni, le strutture, per costruire un mondo più giusto e solidale, animato dalla ricerca del bene comune. Non cedete a logiche individualistiche ed egoistiche. Vi conforti la testimonianza di tanti giovani che hanno raggiunto la meta della santità: santa Teresa di Gesù Bambino, san Domenico Savio, santa Maria Goretti, il beato Pier Giorgio Frassati, il beato Alberto Marvelli - che è di questa terra! - e tanti altri, a noi sconosciuti, ma che hanno vissuto il loro tempo nella luce e nella forza del Vangelo.
A conclusione di questo incontro, voglio affidare ciascuno di voi alla Vergine Maria, Madre della Chiesa. Come Lei, possiate pronunciare e rinnovare il vostro “sì” e magnificare sempre il Signore con la vostra vita, perché Lui vi dona parole di vita eterna! Coraggio allora cari giovani e care giovani, nel vostro cammino di fede e di vita cristiana anche io vi sono sempre vicino e vi accompagno con la mia Benedizione. Grazie!».
Ma secondo voi, questi quattromila giovani che erano lì, in piazza a Pennabilli, vivranno o no meglio da stasera in avanti? Io dico di sì.

* Caporedattore centrale del "Resto del Carlino"