Monsignor Bernard Fellay, priore dei lefebvriani.

Le tre «condizioni» dei lefebvriani

Dopo la mano tesa di Roma, la comunità di Econe risponde al Vaticano. Pubblicata sul web una lettera del segretario generale della Fraternità, don Christian Thouvenot: «Dobbiamo essere liberi di criticare e correggere gli errori del Concilio».
Andrea Tornielli

Il capitolo generale dei lefebvriani si è concluso da alcuni giorni, la Santa Sede aveva sollecitato una risposta da parte del gruppo tradizionalista, chiamato a sottoscrivere il preambolo dottrinale che avrebbe portato al riconoscimento canonico della Fraternità San Pio X e alla piena comunione con Roma. Ma il percorso appare ancora in alto mare. Con una lettera datata 18 luglio, il segretario generale della Fraternità, don Christian Thouvenot, ha inviato a tutti i superiori dei distretti un riassunto della situazione dei rapporti con il Vaticano, mettendo nero su bianco quelle che sono considerate le condizioni irrinunciabili («sine qua non) che la Fraternità ha stabilito e che richiede alle autorità romane prima del riconoscimento canonico.

La prima condizione: «Libertà di custodire, trasmettere e insegnare la sana dottrina del Magistero costante della Chiesa e la verità immutabile della Tradizione divina; la libertà di difendere, correggere, riprendere, anche pubblicamente, i fautori di errori o delle novità del modernismo, del liberalismo, del Concilio Vaticano II e delle loro conseguenze».

LEGGI L'ARTICOLO SU VATICAN INSIDER