J. B. Wicar, Pio VII, olio su tela.

PIO VII Il papa prigioniero di Napoleone

Pontefice a cavallo tra XVIII e XIX secolo, Luigi Chiaramonti fu incarcerato da Bonaparte. Ma alla caduta dell'imperatore fu l'unico ad esprimergli vicinanza. Ricostituì l'ordine dei Gesuiti opponendosi ai sovrani europei
Eugenio Russomanno

Il conclave che seguì alla morte di Pio VI elesse «come candidato di compromesso» Luigi Barnaba Chiaramonti. Riunito nel 1799 sotto la protezione della corona asburgica, fu possibile grazie agli sforzi di monsignor Ettore Consalvi, segratario del conclave, che riuscì a riunire a Venezia 35 cardinali.
Nato a Cesena il 14 aprile 1742, in una nobile famiglia, Luigi Chiaramonti entrò ben presto nell’ordine benedettino. Percorse una brillante carriera ecclesiastica fino a diventare cardinale nel 1785, per nomina di Pio VI. «Molto aperto alle idee moderne, mentre era vescovo di Imola si dimostrò una guida coraggiosa in tempi di travagliati mutamenti politici; nel Natale del 1797 (quando l'Italia era sotto il dominio francese, ndr) sconcertò i conservatori, dichiarando in un sermone che non vi era necessariamente contraddizione fra cristianesimo e democrazia», si legge nel Grande Dizionario Illustrato dei Papi.
Eletto Papa, non potè fare il suo ingresso a Roma fino al 3 luglio 1800, dopo che austriaci e napoletani riuscirono a cacciare i francesi. Una volta preso possesso dei territori pontifici, Pio VII persuase i suoi liberatori a ritirarsi dallo stato della Chiesa e poi, grazie ai meriti dell’ottimo segretario di Stato Consalvi, riprese ad amministrarlo. Per quanto riguarda la Francia, tanto lui che il suo segretario miravano a trovare un accordo con il governo rivoluzionario: aderendo ad alcune proposte di Napoleone Bonaparte, allora primo console, conclusero con lui un concordato che ripristinava il cattolicesimo in Francia, riconoscendo che era la religione della maggior parte dei cittadini francesi. La Chiesa dovette fare molte concessioni, ma il concordato procurava notevoli vantaggi.

Nel settembre del 1803, dopo la seconda discesa di Napoleone in Italia, Pio VII stipulò un concordato anche con la neonata Repubblica Italiana. Nel 1804, «contro il parere della curia», andò a Parigi per presenziare all’incoronazione imperiale di Napoleone. Ma dopo l’auto-incoronazione del generale corso come imperatore dei Francesi, i rapporti si fecero difficili.
Il 10 giugno 1809, in seguito alla seconda occupazione di Roma da parte delle truppe napoleoniche, Pio scomunicò tutti i «depredatori del patrimonio di Pietro», senza però nominare esplicitamente Napoleone.
Fu così che si venne all’arresto del Papa (5 luglio 1809). Racconta Claudio Ceresa sulle pagine dell’Osservatore Romano che il generale Radet, di fronte a Pio VII accennò con imbarazzo al suo compito: arrestare il successore di Pietro, e «chiese poi al Pontefice, da parte dell’imperatore, di rinunziare alla sovranità temporale della città di Roma e dello Stato romano (…) Pio VII prese lo spunto dalle parole del suo interlocutore, che aveva ricordato il giuramento di obbedienza da lui prestato al sovrano, e lo invitò a considerare in quale modo e con quale fedeltà il Vicario di Cristo era impegnato a sostenere i diritti della Santa Sede». Pio VII fu portato prigioniero a Savona: secondo Jean Leflon, uno dei più importanti studiosi del pontificato di Pio VII, nel viaggio verso Savona appare quella «dolce tristezza e il naturale sorriso» di Pio VII «che durante la sua prigionia caratterizzerà il suo consueto atteggiamento». Nel tragitto «da tragicommedia» che si svolge tra l’Italia e la Francia, Pio VII fu accompagnato e consolato da «dimostrazioni di rispetto e di simpatia che gli tributano popolazioni silenziose e costernate». In particolare, papa Benedetto XVI, nella visita a Savona e Genova del maggio 2008, ha ricordato «l’amore e il coraggio con cui i savonesi sostennero il Papa nella sua residenza coatta».

Per questo, Napoleone volle che Pio venisse trasferito a Fontainebleau. Come nota Lorenzo Cappelletti su 30Giorni, lo scopo era quello di fiaccarne la resistenza (il Papa fu sul punto di morire durante il percorso), ma sembra anche che sia stato motivato dalla volontà di impedire il sostegno dei fedeli a Pio VII, che negli anni savonesi non è mai mancato.
Il Papa stanco e malato fu costretto a firmare (25 gennaio 1813) il concordato di Fontainebleau in cui faceva ampie concessioni, compresa la rinuncia agli stati pontifici. Ma ben presto avrebbe ritrattato la sua firma.
Il 7 giugno del 1815, dopo la definitiva sconfitta di Napoleone e l'inizio del congresso di Vienna, Pio poté tornare definitivamente in Vaticano, accolto dalla stima di molti. «La quinquennale prigionia di Pio VII (ma si potrebbe estendere l’affermazione all’intero suo pontificato) sconta, non solo a livello divulgativo, un deficit di conoscenza anche fra gli stessi cattolici, dovuto alla prevalente attenzione riservata nel bene e nel male alla figura di Napoleone», scrive Cappelletti. Pio VII, ritornato a Roma, non partecipò alla damnatio memoriae del suo antico persecutore. «Così come al momento della cattura di Pio VII, “nessuna protesta si fece sentire, non una sola voce protettrice discese dai troni cattolici in favore di questo illustre carcerato”, altrettanto avvenne al momento dell’esilio di Napoleone, salvo appunto la misericordia di quello che era stato suo prigioniero» come ricorda Cappelletti. La madre del Bonaparte in una lettera del 27 maggio 1818 al segretario di Stato vaticano scriveva: «La sola consolazione che mi sia concessa è quella di sapere che il Santissimo Padre dimentica il passato per ricordare solo l’affetto che dimostra per tutti i miei. Noi non troviamo appoggio ed asilo se non nel governo pontificio, e la nostra riconoscenza è grande come il beneficio che riceviamo».

John Kelly racconta così il suo rientro a Roma: «Uno dei suoi primi atti fu di reintegrare il Consalvi, che nel congresso di Vienna (1814-1815) negoziò la restituzione alla Santa Sede di quasi tutti i suoi domini temporali (…) Pio VII rifiutò di aderire alla Santa Alleanza del 1815 perché ciò avrebbe comportato la sottoscrizione di un manifesto religioso insieme a scismatici e eretici. Il Consalvi intanto dette inizio a una seconda ricostruzione dello Stato pontificio, ma i suoi tentativi di innestare riforme amministrative, giudiziarie e finanziarie ispirate al modello liberale francese sull’antiquato sistema papale, esasperarono tanto i reazionari quanto i progressisti. Intanto Pio, sempre con l’appoggio del Consalvi, cominciò a riorganizzare la Chiesa, dovunque dissestata per i recenti conflitti. Le modificazioni territoriali effettuate dal congresso di Vienna e il clima più favorevole gli consentirono di concludere concordati».

Ma i principali interessi di Pio erano di carattere spirituale e religioso piuttosto che amministrativo e politico. In particolare, nonostante l’opposizione delle varie potenze, ricostituì la Compagnia di Gesù in tutto il mondo, con la bolla Sollicitudo omnium ecclesiarum del 30 luglio 1814. Egli si considerava il protettore della purezza della dottrina e come tale condannò le società bibliche protestanti, l’indifferentismo incoraggiato dall’illuminismo e la massoneria.
Papa Pio VII si sforzò realmente di adattare il papato al mondo moderno e quando morì (20 luglio 1823) esso godeva di un rispetto impensabile al momento della sua assunzione al pontificato.