L'avvenimento di Cristo prima di ogni regola
A cento anni dalla nascita di Albino Luciani, il 17 ottobre verrà consegnata alla Congregazione per la causa dei Santi la "positio" del Papa veneto. Che dopo la sua elezione disse: «Hanno voluto che una scimmia diventasse leone»Il prossimo 17 ottobre, nel centenario della nascita di Albino Luciani, monsignor Enrico Dal Covolo, postulatore della causa di beatificazione di Papa Luciani, consegnerà ufficialmente alla Congregazione per la causa dei Santi la positio di Giovanni Paolo I: due grossi volumi con la sua storia e le testimonianze su di lui.
Nel centenario della nascita l’iter verso la beatificazione procede a ritmo spedito. Una buona notizia. Perché Luciani è una figura che, con il passare degli anni, brilla sempre più luminosa. E ci consegna un’immagine di Chiesa di cui oggi c’è forse ancora più bisogno rispetto a 34 anni fa, quando fu eletto pontefice.
Come testimonia anche il recente e documentatissimo Giovanni Paolo I: Albino Luciani di Marco Roncalli, la fede di Luciani era anzitutto umile. Humilitas era il suo motto. Tutti ricordano l’Angelus del 27 agosto 1978: «Ieri mattina io sono andato alla Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere…». Forse meno note le parole dette una settimana dopo, in cui citando papa Gregorio Magno - di cui era devoto - scrisse, con chiaro riferimento autobiografico: «Hanno voluto che una scimmia diventasse leone». E sempre citando san Gregorio: «Io ho descritto il buon pastore ma non lo sono, io ho mostrato la spiaggia della perfezione cui arrivare, ma personalmente mi trovo ancora nei marosi dei miei difetti, delle mie mancanze, e allora: per piacere perché non abbia a naufragare, gettatemi una tavola di salvezza con le vostre preghiere».
Proprio la preghiera è il secondo punto. La Chiesa di Papa Luciani è una Chiesa che si aspetta tutto dal suo Signore, non dalla propria scaltrezza mondana. «Davanti a Dio, la posizione giusta è quella di Abramo, che ha detto: ‘Sono polvere e cenere davanti a te, o Signore!’. Dobbiamo sentirci piccoli davanti a Dio». E nella stessa udienza, il 13 settembre, ricordava in modo fulminante: «Quando si tratta di fede, il grande regista è Dio, perché Gesù ha detto: nessuno viene a me se il Padre mio non lo attira». Voleva una Chiesa meno militante e più orante: «Uno scrittore spagnolo ha scritto: “Il mondo va male perché ci sono più battaglie che preghiere”. Cerchiamo che ci siano più preghiere e meno battaglie».
Terzo punto, la misericordia. Soprattutto verso i più lontani. Solo una frase, dall’Angelus del 10 settembre: «I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di più per essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore».
Da queste premesse non derivava una fede disincarnata o spiritualista. Anzi. Alle questioni sociali Luciani fu attentissimo, fedele anche in questo al suo predecessore Paolo VI, lo stesso che in visita a Venezia nel 1972 si tolse la stola per metterla sulle spalle del Patriarca bellunese. Il cardinale brasiliano Aloisio Lorscheider testimoniò in un’intervista: «Luciani avrebbe certamente tenuto presente la predilezione della Chiesa per i poveri. Conservò per lunghi anni la lettera con cui il padre socialista gli dava il consenso per entrare in seminario: “Spero che quando tu sarai prete starai dalla parte dei poveri e dei lavoratori perché Cristo era dalla loro parte”». Di qui i suoi giudizi spesso «molto duri sul capitalismo e lo sfruttamento del Terzo Mondo». E fu lui accanto al vescovo di Belluno, Girolamo Bortignon, la sera del 17 marzo 1945, quando il futuro pastore di Padova benedisse e baciò le salme di quattro partigiani che quella mattina erano stati impiccati dai nazisti ai lampioni di piazza Campitello (oggi piazza dei Martiri) a Belluno.
Anche sul fronte ecclesiale, ricordava Lorscheider, Luciani avrebbe favorito la collegialità coinvolgendo concretamente i vescovi e i cardinali nel governo della Chiesa. E certamente non avrebbe avuto - e anche in questo Benedetto XVI è in perfetta continuità con il suo predecessore - mano leggera con tanti scandali, come dimostrò il piglio, da molti giudicato eccessivo, con cui affrontò delicate vicende economiche sia da vescovo che da pontefice.
Umiltà, preghiera, misericordia. E apertura coraggiosa al mondo. Così era Papa Luciani. Benedetto XVI ricorda spesso che il Signore in ogni epoca porta a compimento la riforma della Chiesa soprattutto attraverso i suoi santi. Ecco un buon motivo per guardare - oggi più di ieri - al “nostro” Papa Luciani. Lui che un giorno scrisse, incurante anche dei tic e delle prassi ecclesialmente corrette: «Il vero dramma della Chiesa che ama definirsi moderna è il tentativo di correggere lo stupore dell’avvenimento di Cristo con delle regole». «Sarebbe stato provvidenziale quel suo mese di pontificato», commentò don Giussani, «anche solo per questa osservazione di cui non si trova altrove l’equivalente».