La copertina del libro.

La ragione, per dire ciò che tutti dimenticano

Sono le parole del Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim. Le ha pronunciate davanti all'Assemblea Nazionale, nel bailamme d'Oltralpe sulle unioni gay. Un testo utile a tutti, definito dal Papa «documentato e toccante»
Emanuele Braga

Documentato. «Accuratamente documentato». E «profondamente toccante». Parola di Benedetto XVI. Che due mesi fa, prima che il dibattito sul matrimonio omosessuale in Francia arrivasse nella fase più calda, aveva definito così, davanti alla Curia romana, l’intervento sul tema di rav Gilles Bernheim, Gran Rabbino di Francia. Poi sono arrivati la discussione parlamentare, il voto (a favore), le polemiche. In molti si sono accorti dell’audizione di rav Bernheim all’Assemblea Nazionale. E il testo del rabbino, 61 anni, da quattro eletto punto di riferimento della comunità ebraica d’Oltralpe, è diventato in qualche modo una pietra di paragone per tutti. Non si oppone al matrimonio omosessuale sulla base di motivazioni religiose. Non si appella tout court all’Antico Testamento. Semplicemente, ragiona. E bene. Con una serie di argomentazioni - e di risposte a tanti luoghi comuni - che i lettori di Tracce hanno potuto scorrere per bene (il suo saggio Ce que l’on oublie souvent de dire lo trovate proprio in questo sito, tra gli approfondimenti dell’intervista al filosofo Thibaud Collin comparsa sul numero di febbraio), ma che ora, volendo, potranno approfondire ancora meglio.

La casa editrice Belforte, in collaborazione con il sito CulturaCattolica.it, ha appena mandato in libreria Quello che spesso si dimentica di dire, la traduzione italiana (68 pagine, 10 euro) del testo di Bernheim. Introdotto da una doppia prefazione di monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio («è un contributo di cui condivido, in modo incondizionato, la lettera e lo spirito. Il punto centrale si può sintetizzare così: c’è una priorità dell’ontologia sull’etica, la psicologia e la sociologia») e di Giorgio Israel, docente di Storia della matematica alla Sapienza («offre argomenti che non è necessario essere credenti per accettare», ma insieme «mostra come un punto di vista religioso - ampio, attento ai processi culturali e non meramente confessionale - possa proporre a chiunque riflessioni profonde»). E accompagnato da una postfazione di rav Alberto Moshe Sokev, rabbino torinese, e da un breve saggio di suor Maria Gloria Riva.

Il Gran Rabbino passa in rassegna gli argomenti di chi sostiene la legge (l’anti-discriminazione, la protezione del coniuge, l’idea che «ciò che conta è l’amore», le «nuove forme» di procreazione, i diritti veri e presunti) mostrandone i limiti, l’assolutizzazione di un aspetto magari vero, ma parziale, e il lasciar sempre da parte, appunto, qualcosa che «ci si dimentica di dire», ma serve, eccome, a capire. Per esempio: è vero che l’amore, in famiglia, è importante e che «una coppia omosessuale può donare molto amore ad un bambino, a volte anche più di una coppia eterosessuale», come ripetono i sostenitori della legge. Ma, ricorda Bernheim, «l’amore non è sufficiente. Amare un bambino è una cosa, amare un bambino di un amore strutturante è un’altra. Non bisogna dubitare che le persone omosessuali hanno le stesse capacità di amare un bambino e di testimoniargli questo amore quanto le persone eterosessuali, ma il ruolo dei genitori non consiste unicamente nell’amore per i loro bambini». Ridurlo «agli aspetti emotivi ed educativi» è «misconoscere che il legame di filiazione» è di più, ed è «fondamentale per il senso d’identità del bambino». E così per le adozioni, la procreazione assistita, il gioco cui numeri delle persone potenzialmente coinvolte…

Ma anche la seconda parte, dove si confrontano «due visioni del mondo», procede per focus e ampliamenti, per affermazioni date per ovvie dai sostenitori della teoria di genere («non si nasce donna, si diventa», l’identità sessuale «è una convenzione », e via dicendo) e allargamento della ragione, con un punto di riferimento ultimo e definitivo: la realtà. Irriducibile. Solo a questo punto entrano in ballo riferimenti biblici. Per illuminare, non per definire a priori. Il risultato è un testo per tutti ed utile a tutti, ebrei e no, che si creda o no. A patto di usare la ragione.