Il cardinale Marc Ouellet.

Un Amore che abbracciò i Guaraní

Una settimana per celebrare i 200 anni da repubblica del Paraguay e altri anniversari. Tra gli ospiti, il cardinale Ouellet e padre Aldo Trento, testimoni di come «l'annuncio cristiano ha portato il compimento di quel popolo»
Anna Minghetti

Si affaccia su Trastevere una delle viste più belle di Roma, quel punto del Gianicolo dove si trova la Reale Accademia di Spagna. È qui che dal 27 al 31 maggio si è svolta la Settimana Paraguaiana, organizzata dall’Ambasciata della Repubblica del Paraguay presso la Santa Sede, con il patrocinio della Pontificia Accademia per l’America Latina e la Reale Accademia di Spagna. L'occasione è stata data dalla coincidenza di importanti anniversari, come il bicentenario della proclamazione della Repubblica del Paraguay e il venticinquesimo anno dalla Canonizzazione di San Roque González de Santa Cruz e dalla visita di Giovanni Paolo II allo stato sudamericano. L'evento ha visto anche la partecipazione del Meeting di Rimini, che ha portato nel suggestivo chiostro dell’Accademia la mostra Una vita felice per Dio e per il Re. L’avventura quotidiana nelle riduzioni del Paraguay.

E proprio intorno a questo chiostro e all’affascinante esperienza delle riduzioni - esempi mirabili dell'incontro proficuo tra il cristianesimo portato dai missionari gesuiti e le popolazioni indigene dell’America Latina - si è sviluppata tutta la settimana, ricca di momenti significativi e contraddistinta da una forte bellezza. Come quella offerta dallo spettacolo di Daniela Lorenz, arpista paraguayana che ha incantato il pubblico convenuto per la serata inaugurale. La musica luminosa e nostalgica ha intervallato il discorso del cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione dei Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, e l'intervento di padre Aldo Trento, missionario ad Asunciòn in Paraguay.

Ouellet ha ricordato che non un fervente cattolico ma nientemeno che Voltaire, aveva parlato delle riduzioni del Paraguay come di un «trionfo di umanità». Trionfo di umanità nato da una manciata di gesuiti che si sono totalmente donati affinché le tribù guaraní potessero essere nella condizione materiale, culturale e religiosa per affermare la valorizzazione della propria umanità. Lo spettacolo delle riduzioni è stato possibile perché questi religiosi erano mossi unicamente dall'amore alla vita e al destino degli uomini che avevano incontrato. Solo una compagnia e un'amicizia capace di abbracciare tutta la vita di chi si aveva di fronte ha potuto creare quello a cui non avrebbero portato né la semplice protesta né la denuncia delle sofferenze delle popolazioni indigene.

Anche padre Aldo Trento, sacerdote dal sangue veneto ma paraguaiano d'adozione, ha evidenziato come l'annuncio cristiano non fosse affatto entrato in contraddizione con il desiderio di Dio che il popolo guaraní portava con sé, ma anzi, ne avesse proprio rappresentato il compimento. Un popolo con un forte senso religioso, il cui concetto di Dio è sintetizzabile nella parola “tu-pa”, espressione che unisce in sé la meraviglia per le cose e la domanda su Chi ne sia l'artefice. Un popolo nomade, alla continua ricerca della "Terra senza male", che nell'incontro con i gesuiti ha finalmente potuto scoprire l’esistenza di una meta reale per quel viaggio che pareva senza fine.

La dedizione estrema dei religiosi alla cura di queste popolazioni è emersa in modo forse ancora più netto il giorno seguente, attraverso la testimonianza della vita di San Roque González de Santa Cruz, primo paraguayano della storia ad essere canonizzato, che aveva osato portare «lo stendardo della nostra salvezza (la croce) dove non erano arrivate le bandiere della Spagna». La sua figura è stata al centro dell’incontro in cui sono intervenuti il Segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, Guzmán Carriquiry, e padre Fidel González, docente di Storia della Chiesa presso le Pontificie Università Gregoriana e Urbaniana. Durante il dibattito sono stati ricordati i molti missionari che, come González de Santa Cruz, sono giunti fino al martirio per annunciare Cristo risorto alle popolazioni del Nuovo Mondo. Uomini che, ha ricordato Giovanni Paolo II in occasione della Canonizzazione di questi primi protomartiri del Paraguay, abbandonarono la vita tranquilla della casa paterna per mostrare l’amore a Dio e ai fratelli, che, nobilitato da una robusta fede e da una solida speranza, non poteva soccombere neanche di fronte ai colpi dei loro carnefici.