Il cardinale Luis Antonio Tagle.

Quel cardinale venuto «dall'inizio del mondo»

Il 14 giugno c'è stata la presentazione del nuovo libro dell'arcivescovo di Manila. Dalle contraddizioni della globalizzazione alla sperimentabilità del Vangelo. Ripartendo dalle origini: «La Chiesa è chiamata alla propria vera vocazione»
Anna Minghetti

«Se papa Francesco viene dalla fine del mondo, allora il cardinal Tagle da dove viene?» «Dall’inizio», risponde lui ridendo. Lo scambio di battute che ha aperto la presentazione del libro Gente di Pasqua, opera del cardinale filippino Luis Antonio Tagle, il più giovane votante all’ultimo Conclave, fa intuire quale sarà lo sviluppo dell’incontro. Un incontro carico di freschezza, parola non a caso usata per ben tre volte nella prefazione al volume firmata da Enzo Bianchi. Il 14 giugno a Roma, presso il Collegio Universitario "Don Nicola Mazza", Giancarlo Bosetti, direttore di Reset, Lorenzo Fazzini, direttore di Editrice Missionaria Italiana - che ha curato la versione italiana del libro - e il vaticanista del Corriere Gian Guido Vecchi hanno accompagnato questo interessante dialogo.

La simpatia e l’affabilità di chi ti fa dimenticare di essere seduto davanti a un porporato fanno da sfondo ad una riflessione acuta e profonda. Partendo dalle contraddizioni della globalizzazione, Tagle non si sofferma su facili soluzioni, ma affronta il problema alla radice. Perché, ricorda il Cardinale, siamo noi cattolici che dobbiamo partecipare alla costruzione di una nuova umanità. La fede in Gesù risorto è un dono che Dio ci ha dato per il mondo, perché è alla vera comunione che consegue la vera comunità. E di qui un forte richiamo alla sperimentabilità del Vangelo, portatore di un messaggio tutt’altro che astratto, in quanto racconta una serie di esperienze che anche noi, oggi, possiamo vivere nel mondo contemporaneo. Le condizioni attuali, cariche di difficoltà e contrasti, possono essere illuminate dalla speranza della Resurrezione, perché l’ultimo capitolo della storia umana è la vittoria del Signore, non del male.

Tagle non ha voluto esimersi dal rispondere anche a domande personali, come quella che gli chiedeva il significato della sua commozione profonda di fronte a Benedetto XVI, durante il Concistoro che lo scorso novembre l’ha visto diventare Cardinale. «È il pianto di chi conosce sé, i propri peccati, i propri limiti». Di chi voleva essere un semplice sacerdote, di chi non attendeva una tale chiamata, alla quale però non può dire no, ma solo sì con fiducia.

Il discorso è entrato anche nel merito delle peculiarità sociali e culturali della Chiesa asiatica e delle sue differenze rispetto a quella occidentale. In occasione dell’ultimo Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, il Cardinale ha detto di essersi domandato perché emergesse con insistenza il problema di una certa «stanchezza» della Chiesa. «A questo contribuiscono la diminuzione delle vocazioni e la chiusura di case religiose», ha risposto: «In Asia da duemila anni siamo in minoranza. Eppure io non mi sento di dire che la Chiesa sta morendo». Ha sottolineato, infatti, come spesso si indugi su cause e risoluzioni della crisi, quando invece «manca la tensione alle opportunità che il mondo odierno offre». In Asia la Chiesa cerca ogni occasione per creare il dialogo. L’attuale situazione è una chiamata di Dio a chi è abituato ad essere forte nel numero e nell’influenza, ad essere umile ma a continuare a credere nel Signore. Queste frasi non possono non riportare alla mente quelle che il giovane teologo Joseph Ratzinger pronunciò nel 1969. Il futuro Benedetto XVI aveva parlato di una Chiesa che, con il diminuire dei fedeli, avrebbe perso anche gran parte dei suoi privilegi sociali, che sarebbe dovuta ripartire dalle origini, rimettendo la fede al centro dell’esperienza, ma che ne sarebbe uscita semplificata, più spirituale e per questo fortificata. E non sono mancati neppure richiami a temi particolarmente cari e ricorrenti nelle parole di papa Francesco. La Chiesa, ha ricordato Tagle, «è chiamata a riscoprire la propria vera vocazione soprattutto tra i poveri, modello di speranza, missionari nel mondo contemporaneo, che anche fra mille difficoltà non smettono di dire "Dio"». Pur nelle molteplici differenze sulle quali il confronto è appena all’inizio, l’incontro tra culture emerso in questa calda serata romana mostra una Chiesa che dall’Asia di Tagle all’America di Francesco, passando per l’Europa di Benedetto, parla la stessa lingua. Dall’inizio alla fine del mondo.