Papa Francesco in piazza San Pietro.

«Come va la gioia a casa tua?»

Il racconto della Giornata della Famiglia in San Pietro con il Pontefice. Due giornate di preghiera e testimonianze per scoprirne il valore. E per farsi mendicanti di gioia. Come per san Paolo, che «ha conservato la fede perché l'ha donata»
Maria Tosetto

«Come va la gioia a casa tua?». Mai nessuno di noi si era sentito rivolgere questa domanda prima di domenica mattina, quando papa Francesco ha interrogato così, semplicemente, migliaia di pellegrini convenuti da tutto il mondo in Piazza San Pietro per la Giornata della Famiglia nell’ambito delle celebrazioni dell’Anno della fede. Ma questa non è stata l’unica domanda.

Prima tappa: sabato pomeriggio. Festa un po’ strana: toni, battute e modi sono mutuati dai modelli televisivi. Ma appena arriva il Papa, si decolla: tante belle testimonianze di famiglie, una finestra aperta sul mondo, tanti temi, come il dramma della Siria, l’accoglienza dei migranti a Lampedusa, le difficoltà della povertà, ma anche la gioia semplice di essere genitori, la cura agli anziani... E papa Francesco, dopo averci fatto fare semplicemente il segno della croce, imposta il suo discorso appunto sul tema della gioia. Ed ecco la prima domanda: «È possibile vivere questa gioia o non è possibile?». E citando il Vangelo, là dove Gesù dice: “La vostra gioia sia piena” (Gv 15,11), Francesco sottolinea: «Gesù vuole che la nostra gioia sia piena! Lo ha detto agli Apostoli e lo ripete oggi a noi. (...) E questa parola di Gesù portatela a casa, portatela nel cuore, condividetela in famiglia. Ci invita ad andare da Lui per darci, per dare a tutti la gioia».

Seconda tappa: domenica, messa in piazza San Pietro. Il Papa torna sul tema della gioia. Essa, dice, scaturisce dalla consapevolezza che il Signore è vicino, che il Suo amore è accogliente, misericordioso, rispettoso verso tutti. E, soprattutto, paziente. «I poveri ascoltino e si rallegrino», dice Francesco citando il Salmo. Davvero la parola del Papa ha la forza e la semplicità dell’annuncio evangelico, una buona novella che rallegra innanzitutto gli umili e i poveri.

E poveri siamo tutti, in questa piazza. Famiglie giovani cariche di bambini, signore di mezza età grassottelle col fazzoletto colorato al collo, arrivate in gruppo dal paesino nei loro vestiti dal taglio improbabile, col capello fresco di parrucchiere di provincia e i piedi gonfi di chi ha viaggiato in pullman; signore indiane elegantissime col loro sari, che non so perché si fanno la foto assieme ad un gruppo parrocchiale calabrese, ragazzi con acconciature a cresta e tatuaggi. Tutti siamo poveri. Tutti ugualmente mendicanti di misericordia, di bellezza, di bontà. Di gioia. Come va la gioia a casa tua?

Ma le domande non sono finite. Il Papa chiede direttamente: «Pregate qualche volta in famiglia?». Per pregare ci vuole semplicità e umiltà. Pregare insieme, pregare gli uni per gli altri. Altra domanda. Noi tutti andiamo sempre di corsa, ma «qualche volta ci pensate che questa corsa può essere anche la corsa della fede?». Francesco chiede in sostanza: usate lo stesso impegno, la stessa scaltrezza, la stessa cura che usate per le cose della vostra vita anche per la cosa più importante? «Nella vita di ogni giorno, facendo le cose di tutti i giorni, mettendo in tutto il sale e il lievito della fede?». La fede non è un interesse a lato, ma è il vibrare della vita di ogni giorno. L’orizzonte è il mondo. La famiglia, ci dice Francesco, che custodisce la fede, è il trampolino per la totalità. In questo sta il suo essere missionaria.

«La famiglia, che vive la gioia della fede e la comunica spontaneamente, è sale della terra e luce del mondo, è lievito per tutta la società», conclude il Papa. È insieme un mandato, una lezione di teologia e di pastorale. La fede non è un randello per dare addosso agli altri, non è un bene privato per farci sentire giusti, a posto, per giudicare gli altri da un piedistallo come il fariseo, ma è la gioia di una Presenza che attrae e rallegra. Mentre ascolto queste parole, penso a quelle due o tre mie amiche che soffrono in famiglia situazioni davvero estreme, dolorose, di malattie o infermità, e che pure testimoniano una gioia di cui esse stesse si stupiscono. La fede si irraggia come attrattiva o si spegne come sterile possesso. Papa Francesco richiama san Paolo, che «si è opposto decisamente a quanti volevano conservare, “imbalsamare” il messaggio di Cristo nei confini della Palestina. Per questo ha fatto scelte coraggiose, è andato in territori ostili, si è lasciato provocare dai lontani, da culture diverse, ha parlato francamente senza paura. San Paolo ha conservato la fede perché, come l’aveva ricevuta, l’ha donata, spingendosi nelle periferie, senza arroccarsi su posizioni difensive».

Siamo uomini e donne del XXI secolo, abbiamo davanti a noi tante sfide. La famiglia di cui ci ha parlato Francesco non è un istituto del passato da conservare “contro” altre forme sociali. È la sfida per il futuro che noi tutti siamo chiamati a raccogliere. I problemi che noi abbiamo davanti sono tanti. La povertà materiale e morale, la mancanza di relazioni umane, che non siano basate sul calcolo e sullo sfruttamento reciproco, i problemi connessi all’allungamento della vita e alla sua qualità, la solitudine di tanti, le migrazioni e le nuove società che ne derivano... La famiglia di cui ci ha parlato papa Francesco non è la famiglia borghese chiusa nel suo appartamento, impermeabile al mondo e intristita da relazioni sempre più precarie. Davanti alle nuove situazioni, ci dice, anche la famiglia trae forza, creatività e apertura dalla fede e dalla preghiera. Come ha detto Francesco, «con questa fiducia nella fedeltà di Dio si affronta tutto, senza paura, con responsabilità».