Il cardinale Juan José Omella

Omella: «Educate un cuore trafitto dalla ragione»

L'omelia del cardinale di Barcellona per l'anniversario della morte di don Giussani, il 9 febbraio. «Siate sempre in comunione di affetto e di pensiero con la Chiesa»
Juan José Omella

Celebriamo la domenica, il giorno del Signore.
E mi vengono in mente le belle parole dei martiri di Abitene (Tunisia) al tempo della persecuzione di Diocleziano: «Sine dominico non possumus», cioè “Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore, senza celebrare l’Eucaristia, senza la celebrazione della domenica”.
Mi chiedo se noi, che non siamo perseguitati, non potremmo vivere senza la domenica, senza l’Eucaristia.
Oggi siamo qui a celebrare con gioia il giorno del Signore, a celebrare l’Eucaristia. Un momento gioioso e molto bello per ognuno di noi. Anche se fossimo solo in due a celebrarla, è un incontro gioioso, perché è l’incontro con il Signore.
Un monaco che si ritirò nel deserto del Sahara, nell’Alto Atlante, celebrava la messa da solo, anche prima del Concilio, quando non era consentito, quando bisognava chiedere una dispensa. In un libro raccontò quanto fosse bello celebrare la messa su quella montagna, offrendola per tutto l’immenso continente africano e per quel Paese musulmano.
Ed è questo che facciamo anche noi. In questa immensa città di Barcellona, c’è un gruppo di persone come voi che loda il Signore e lo ringrazia, e gli chiede di continuare ad amarci, e ad amare questa città e tutti i suoi abitanti.
Nell’Eucaristia ci nutriamo della Parola di Dio e del suo Corpo Eucaristico. Mensa della Parola e Mensa dell’Eucaristia
Oggi la Parola di Dio ci tramette un messaggio, che è per noi un alimento prezioso: noi portiamo il grande tesoro della fede e dell’amore di Dio in vasi di terracotta. Non possiamo dimenticare che siamo fragili, che siamo creature, fatte di argilla, uscite dalle mani di Dio. Siamo fango e ci rompiamo facilmente, pecchiamo facilmente. Siamo fatti di argilla. Ma se restiamo uniti a Lui, se quell’argilla è ben cotta nel fuoco dell’amore di Dio, riceviamo una forza straordinaria e Lui opera meraviglie attraverso di noi.
E ci ricorda anche che siamo il sale della terra e la luce del mondo. Il sale dà gusto. Se il sale diventa insipido, chi la salerà? E ci sono molti cristiani insipidi. Siamo insipidi quando non viviamo la forza del Vangelo, e allora il cristiano non dà gusto, non dà speranza. E la luce illumina, anche se è solo una candelina. Ma nel cuore della notte una candela fa luce e ci impedisce di inciampare. È questo che siamo noi cristiani, coloro che fanno luce. Se restiamo uniti al Signore questa luce permane e si rafforza. Chiediamo al Signore che ci conceda di appoggiarci di più a Lui, perché possiamo essere santi, perché possiamo essere sale della terra e luce del mondo nonostante la nostra fragilità.



Celebriamo anche il quindicesimo anniversario della morte di don Giussani e il trentottesimo anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità. E mi chiedevo: se don Giussani fosse qui, cosa vi direbbe? Sembra fantascienza, ma leggendo la sua vita e il suo pensiero potremmo pensare che vi direbbe:

1. Che è importantissimo essere in comunione con la Chiesa.
E la Chiesa non è quella là, a Roma, è quella che sta qui a Barcellona, nella diocesi, la Chiesa diocesana che siamo tutti noi, uniti al Papa e attraverso di lui a Cristo. Come diceva sant’Ignazio di Loyola: “sentire cum Ecclesia”, sentire con la Chiesa, avere gli stessi sentimenti della Chiesa, essere uniti da un sentimento profondo.
Per don Giussani era molto importante che la Chiesa riconoscesse il movimento di Comunione e Liberazione. Sapeva bene che il riconoscimento implicava la tranquillità di sapersi dentro la Chiesa, remando nella sua stessa direzione. Per molto tempo don Giussani incontrò il cardinale Joseph Ratzinger per assicurarsi che tutto ciò che il movimento faceva e diceva fosse consono al modo di sentire della Chiesa.
Non cessate di essere sempre in comunione di affetto e di pensiero con la Chiesa, con il magistero della Chiesa, con il Papa: «Dolce Cristo in terra», come santa Caterina da Siena amava chiamare il Papa.

2. Fare la scelta ultima di vivere con Cristo, e Cristo crocifisso.
San Paolo lo spiegava con quella bella espressione: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. [Questa vita nella carne], io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me».
Al centro della nostra vita c’è questo sguardo a Cristo crocifisso? Non tanto il Cristo glorificato o il Cristo dei miracoli, ma il Cristo della croce, il Cristo dell’amore. Non il Cristo del dolore, ma il Cristo dell’amore. E l’amore porta sempre con sé una parte di dolore, perché è dono di sé all’altro. Io amo Cristo, e questo a volte comporta dolore, ma è amore, quel dolore lo vivo con amore, mi fa male, ma amo. Questo è un cristiano.
Sapete che probabilmente il libro più importante di don Giussani è Il senso religioso. Don Giussani era ben cosciente che nell’Italia degli anni Cinquanta tutti si dichiaravano cattolici, ma molti lo facevano in modo superficiale, vivendolo più come una questione sociale e basta. Si rendeva conto che noi possiamo avere la risposta, Cristo, ma se prima non sono state ridestate nell’uomo le grandi domande, l’annuncio del Vangelo può cadere nel vuoto. Nel Senso religioso don Giussani espone le grandi domande che tutti gli uomini recano nel cuore: il desiderio di conoscere, di amore, di giustizia, di verità… Solo quando l’uomo è consapevole delle domande irrinunciabili che costituiscono il suo essere, Cristo può presentarsi come la risposta più adeguata a tali domande.
Cercate in Cristo, nella sua Parola e nel suo ascolto, le risposte alle domande che tutti noi ci poniamo dal profondo del cuore. Non abbiate paura di porvi queste domande e di cercare le risposte adeguate. Cristo è la Via, – non una via –, la Via, la Verità e la Vita.

3. Formarsi ed educare il cuore.
Don Giussani dava molta importanza all’educazione, all’aiutare i giovani a scoprire la loro natura autentica, a non conformarsi all’ideologia del momento e a essere critici, valorizzando con il cuore tutto ciò che veniva loro proposto. Il cuore, così come Dio lo ha creato, è il miglior criterio di discernimento che l’uomo ha per scoprire il senso e il cammino della sua vita. Non si tratta di un cuore sentimentale e sdolcinato, ma del cuore trafitto dalla ragione, dalla capacità che Dio gli ha dato di conoscere e camminare verso il suo destino. Da qui il suo interesse per la cultura in generale, l’arte, la musica, la letteratura… tutta la storia è il luogo dove l’uomo esprime la sua domanda e Cristo arriva a rispondere.
Curate molto la formazione umana e cristiana. In questo modo potrete rendere conto della vostra fede al mondo di oggi, che spesso cammina nelle tenebre; che spesso cammina come un gregge senza pastore. Ma vi chiedo anche di curare molto anche la formazione del cuore.

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4. Importanza della comunità.
Viviamo in una società che soffre molto di solitudine, isolamento e chiusura in se stessa. E, paradossalmente, abbiamo più che mai bisogno degli altri, abbiamo bisogno della compagnia, abbiamo bisogno di essere ascoltati, amati, accompagnati.
La comunità è il luogo attraverso il quale il Signore si manifesta, attraverso i volti degli amici, attraverso ciò che accade, attraverso l’autorità. Don Giussani diceva sempre che l’amicizia è una compagnia guidata al destino. Non possiamo raggiungere da soli la felicità che desideriamo, abbiamo bisogno di essere accompagnati costantemente. Questo è l’obiettivo del movimento di Comunione e Liberazione. Comunione che è comunità, godere di una compagnia che lascia trasparire il volto di Cristo in mezzo a noi. La comunità esiste solo quando uno vede nel fratello il volto del Signore. Al di là dei limiti, al di là delle difficoltà.
Siate testimoni di questa presenza di Dio in mezzo a voi. «Guarda come si amano», dicevano dei primi cristiani. Possono dire lo stesso di noi? Vivete nell’unità. E l’unità comporta due cose, tra le altre. Una è saper ascoltare, non solo ciò che dice l’altro, ma anche ciò che non dice: cosa desidera l’altro? Di cosa ha bisogno? Dobbiamo perdere tempo ad ascoltare. E l’altra è saper perdonare. La comunità si costruisce solo quando c’è il perdono: ti perdono e ti chiedo perdono. Quando ci sono il perdono e l’ascolto, la comunità cresce e possiamo diventare testimoni dell’amore di Dio.
Siate testimoni della comunità in mezzo alla solitudine e all’individualismo del nostro mondo.