Pezzi: «Don Giussani, amante della libertà»
L'omelia dell'Arcivescovo della Madre di Dio a Mosca alla celebrazione per l'anniversario del fondatore di CL, il 25 febbraio. «Non ho mai incontrato nessuno nella mia vita che amasse di più la libertà umana»La scena che l’apostolo Giacomo descrive nella sua lettera, ahimè, è sempre esistita. Si possono sempre trovare nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie, ma anche nella società, non solo nella Chiesa, controversie, inimicizie, conflitti, divisioni. È interessante che Giacomo sappia, almeno, ammetta che questo è sempre possibile. Prima di tutto, per coloro che non hanno incontrato Cristo, è praticamente impossibile vivere non dico in unanimità, ma almeno in unità. È difficile vivere in unità con sé stessi e ancora più farlo nella famiglia, nella comunità. Quando ciò accade, una persona sana di ragione si rende immediatamente conto che questo è un miracolo assoluto, un miracolo di grazia, come dice l’apostolo Giacomo. Tuttavia, questa unità è difficile anche per coloro che hanno incontrato Cristo. Ed è difficile, prima di tutto, come dice l’apostolo, perché la mentalità di questo mondo, di coloro che sono al potere lavora contro questa unità, contro l'umanità stessa. E questa mentalità ci penetra molto più velocemente e molto più facilmente della mentalità cristiana.
Questo è uno di quei momenti drammatici che accompagnano sempre, fin dall’inizio, la vita di don Giussani. Ancora in seminario e poi da giovane sacerdote, come insegnante di religione a scuola, si trovava di fronte a questa drammatica domanda: il cristianesimo può rimanere così superficiale da non definire la vita? In effetti, la vita, comprese le principali decisioni della vita, non è vissuta alla luce della fede, ma alla luce della mentalità che il potere diffonde. Oggi abbiamo sentito molto bene che anche gli stessi apostoli non erano immuni da questa sfida. Bastava una frase, un discorso non compreso di Gesù, per iniziare immediatamente a pensare come pensa il mondo: chi è il primo? Questo può essere tradotto più semplicemente con: «Se ho potere, allora tu sei un mio subordinato». E allora quale unità può esserci tra di noi? Ma Gesù non perde molto tempo per rimproverarli, per correggerli. Fa solo una domanda: «Di cosa stavate parlando?». E possiamo immediatamente capire quanto si siano vergognati. Tuttavia, questa vergogna non li ha bloccati. Cominciarono di nuovo a seguire Cristo. E questo è il frutto più importante del seguire Cristo. Altrimenti non è possibile un cambiamento nella nostra personalità, altrimenti non è possibile un cambiamento della nostra vita, altrimenti non è possibile una unità di vita e di comunità.
E allora sì, l’incontro con Cristo di nuovo comincia a diffondersi, a penetrare in tutte le circostanze, letteralmente in tutti i momenti della nostra vita.
Sia che viviate sia che moriate siete di Cristo, dirà l’apostolo Paolo. Tutto ciò accade a una condizione. Questa condizione è la libertà. Personalmente non ho mai incontrato nessuno nella mia vita che amasse la libertà umana più di don Giussani. Questo non significa che voglio renderlo un santo in anticipo. Per me è già santo – che la Chiesa faccia la sua strada, il suo processo, questo non mi preoccupa. Per me è più facile pensare che quest'uomo, che mi ha dato un incontro così vivo con Cristo, abbia amato così tanto la mia libertà che mi ha permesso di entrare in questo drammatico dinamismo di responsabilità. Perché vivere la libertà nell'incontro con Cristo significa prendere il controllo della propria vita, diventare l’eroe principale, il protagonista della propria vita e di tutta la storia.
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Questo è ciò che Gesù trasmette ai suoi discepoli. Questo è ciò che don Giussani ha lasciato a tutti coloro che furono colpiti dal suo carisma nella Chiesa affinché noi liberamente potessimo pregare, soffrire, agire, sacrificare la nostra vita per la Sua gloria, per la gloria di Cristo. Affinché noi potessimo in questo modo costruire così una nuova civiltà di verità e amore, prima di tutto, nelle nostre relazioni reciproche.#donGiussani