Il cardinale Giuseppe Betori (foto: Leonardo Pasquinelli)

Betori: «In Giussani la certezza della positività di tutto»

«È questa certezza, tutta poggiata sull'esperienza, che riconosco essere contributo prezioso alla nostra Diocesi». L'omelia dell'Arcivescovo di Firenze per l'anniversario del fondatore di CL (11 febbraio)
Giuseppe Betori

È trascorso quasi un anno da quando la pandemia ha iniziato a mutare i nostri ritmi di vita ed abitudini, un anno impegnativo e drammatico al punto da essere stato definito da alcuni come «l’anno peggiore di sempre» oppure «un anno da cancellare» (Time). Eppure, proprio il nostro ritrovarci per celebrare insieme il rendimento di grazie eucaristico, in occasione degli anniversari della morte di don Giussani e del riconoscimento della fraternità di CL, suggerisce una comprensione diversa proprio del tempo e della storia. Quante volte don Giussani e dopo di lui don Carrón vi hanno indicato il valore decisivo di quanto accade: «Le circostanze per cui Dio ci fa passare sono fattore essenziale e non secondario della nostra vocazione, della missione a cui ci chiama» (L. Giussani, L’uomo e il suo destino, Marietti, Milano 1999, p. 63). È quello che avete sperimentato in questi mesi nelle tante novità di forme e modalità che avete trovato e vissuto per continuare a incontrarvi seppur virtualmente, scoprendo come non ci sia circostanza, nemmeno la pandemia, che possa impedirvi di vivere la vita come un cammino.

Una volta di più avete scoperto che è possibile non rinnegare nulla della realtà. Il cristiano non “cancella” niente, poiché la storia gli si svela come il luogo del sempre nuovo e possibile incontro con il Signore presente. Nel Vangelo, che oggi ci parla dell’inizio del ministero pubblico di Gesù in Cana di Galilea, il venir meno del vino per la festa – un evidente errore di calcolo destinato a far naufragare la festa in un imbarazzo mortificato – è per Maria l’occasione di rivolgersi al Figlio, di porre sotto lo sguardo del Figlio quel frammento di realtà in quel momento così deficitario. La grandezza della Madonna consiste proprio in questo ricondurre tutta la realtà al rapporto con Cristo; in questo modo quello che sembrerebbe solo limite e mancanza, l’assenza del vino e l’errore di calcolo, è destinato a rivelarsi come il luogo dell’agire stesso di Dio. Attraverso le mansioni che i servitori del banchetto compiono «facendo» quello che Gesù dice loro, è operato con estrema discrezione il miracolo al punto che il maestro di tavola, come abbiamo sentito, non comprende da dove provenga quel vino eccellente.

Non solo, alla mancanza di vino e all’errore di calcolo, la presenza di Gesù risponde oltre ogni misura, con una quantità ed una qualità del vino che potremmo quasi definire “esagerate”. È questa sovrabbondanza di grazia – come quantità e come qualità – che ci porta oggi a desiderare di ringraziare insieme: l’esito ultimo della storia non è legato alle nostre capacità di calcolo quanto a questa sovrabbondanza con cui Dio supera ogni nostra misura. L’episodio di Cana ci aiuta così a riconoscere come fra grandi moti della storia, discretamente, si dipani una storia particolare fatta di quegli uomini e di quelle donne che, come Maria, sono disponibili a ricondurre sotto lo sguardo di Cristo tutta la realtà, perché sia Lui ogni volta a indicare cosa è necessario, rendendoci servi suoi, perché attraverso le nostre vite il “vino nuovo” della sua presenza possa sempre nuovamente trasformare la storia, salvandola da un inevitabile naufragio.

È questa l’esperienza promessa da Isaia al popolo, una compagnia sperimentabile di Dio nel cammino della vita, nelle vicende della storia: «Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; a Gerusalemme sarete consolati. Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore, le vostre ossa saranno rigogliose come l’erba. La mano del Signore si farà conoscere ai suoi servi» (Is 66,13-14). Una consolazione, quella di cui parla il profeta, che non si riduce alle tante formule ottimiste che abbiamo sentito rimbalzare in questi mesi – no –; è una consolazione, ci dice Isaia, che «si vede», concreta, incontrabile e che per noi ha la fisionomia stabile del popolo di Dio che è la Chiesa, «il santo popolo fedele di Dio», come ci insegna Papa Francesco.

Le apparizioni di Nostra Signora di Lourdes, di cui oggi celebriamo la memoria, e alla cui protezione don Giussani ha sempre affidato la Fraternità di Comunione e Liberazione, ci ricordano come ogni volta il Signore rinnovi la sua iniziativa di grazia nella grande storia a partire dai “piccoli”, come santa Bernadette, come alcuni di voi che il Signore chiamando a sé ha reso un segno per tutta la nostra diocesi – ricordo don Paolo, Caterina e Niccolò – e come, per prima, Maria stessa. La storia cambia per il “sì” dei piccoli.

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Questa semplicità e disponibilità di cuore ad accogliere l’iniziativa di Dio, don Giussani vi ha insegnato a domandarla nelle piccole e grandi vicende di ogni giornata con la formula a voi cara: «Veni Sancte Spiritus, Veni per Mariam». In questa rapida preghiera, spiega don Giussani «[dite] “Vieni” alla forza con cui il Signore vince – la forza del Signore è la forza di Cristo che vince –; e questo passa attraverso le circostanze concrete della vita che, come le viscere della Madonna, generano la capacità del rapporto con Cristo, generano la presenza del Signore. Il mondo diventa così come un grande grembo e tutte le circostanze sono le viscere di questo grembo: sono destinate a far nascere, non a far morire» (L. Giussani, Affezione e dimora, Bur, 2001, p. 136). La certezza di questa positività ultima della realtà con le sue circostanze, che il carisma continuamente vi invita a riscoprire nelle vostre vite, è ciò che permette di non soccombere alle difficoltà della storia come ai limiti personali di ciascuno. È questa certezza, tutta poggiata sull’esperienza, che come vostro pastore riconosco essere contributo prezioso alla nostra chiesa in Firenze. Per questo, concludendo, faccio mio l’invito di Isaia, non più in virtù di una promessa, ma per quanto avete la grazia di vivere nel vostro personale cammino di fede: «rallegratevi, esultate, sfavillate».

Rallegratevi, perché in un mondo in cui tutto sembra naufragare voi fate
esperienza di una gratitudine che nel tempo matura e cresce, e per la quale siamo
qui oggi.

Esultate, perché scoprite che non c’è circostanza che possa impedire a
Cristo di raggiungervi, riconoscerlo e seguirlo.

Sfavillate, perché ciò che già arde in voi come una favilla, che sembra un
niente, è quasi un nulla, possa infiammare le vite di coloro che incontrerete nelle
scuole, nell’università, in famiglia e nel lavoro.