Papa Francesco (©Ansa)

I tanti nodi da sciogliere della Chiesa tedesca

Il cammino sinodale in Germania tra discussioni e difficoltà. Le inchieste, le posizioni contrastanti sui temi etici e dottrinali, gli interventi e le indicazioni del Papa. Ecco un quadro di quello che sta accadendo
Matteo Matzuzzi

«Questa assemblea unisce persone molto diverse ma tutti rappresentiamo la Chiesa in Germania e condividiamo la preoccupazione per la nostra fede, per la nostra Chiesa». Parlò così, il 31 gennaio 2020, a Francoforte, l’allora presidente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (Zdk) Thomas Sternberg, presentando il Cammino sinodale tedesco che in origine doveva essere biennale e che poi – causa Covid, ma non solo – è stato prolungato fino al 2023. La grande assemblea della Chiesa in Germania era stata annunciata da tempo, i preparativi erano stati meticolosi: tutti i vescovi riuniti assieme a 69 rappresentanti del ZdK e ad altre personalità, per un totale complessivo di 230 partecipanti. Quattro i fori sinodali (i gruppi di lavoro): il primo su «potere e divisione dei poteri nella Chiesa. Partecipazione comunione e progettazione missionaria», il secondo sul «vivere in relazioni di successo. Amore che vive nella sessualità e nella cooperazione», il terzo sulla «vita sacerdotale oggi» e il quarto sulle «donne nei servizi e nei ministeri della Chiesa». Se la premessa che aveva portato al Sinodo riguardava la crisi di credibilità registrata dopo le inchieste che avevano portato alla luce numerosi casi di abusi e di coperture degli stessi nell’arco di svariati decenni, chiari ed espliciti erano gli obiettivi prefissati: cambiare volto alla Chiesa, aggiornandola alle mutate esigenze e ai tempi correnti.

Sia l’allora presidente della Conferenza episcopale, il cardinale Reinhard Marx, sia Sternberg, erano concordi su un punto: quanto si sarebbe deciso lì avrebbe vincolato tutti. Alcune decisioni, si disse fin dal principio, avrebbero potuto essere immediatamente attuabili nel contesto tedesco, altre sarebbero state demandate al Papa altre ancora «potranno essere indirizzate a un Concilio che un Papa forse un giorno potrà convocare». I propositi sono sempre stati di rottura, almeno su punti fondamentali della dottrina cattolica: fine del celibato sacerdotale obbligatorio, ordinazione delle donne, elezione dei vescovi e benedizione delle coppie omosessuali. Mentre il cardinale Marx diceva che «è importante riconoscere i segni dei tempi e percorrere nuove strade», il suo successore monsignor Georg Bätzing si mostrava ancora più esplicito: «Vogliamo una Chiesa nella quale il potere sia condiviso e non rimanga più nelle mani di uno solo. Vogliamo che nella Chiesa siano applicati l’uguaglianza dei diritti, l’uguaglianza della dignità di uomini e donne. Vogliamo che nella Chiesa sia accettata la differenza e la molteplicità di genere». Roma interveniva al suo più alto livello: il 29 giugno del 2019, dunque ancora prima che il Cammino sinodale fosse ufficialmente e solennemente inaugurato, il Papa firmava una lunga Lettera al Popolo di Dio che è in cammino in Germania. Nel documento, Francesco plaudiva alla dinamicità della Chiesa tedesca, attiva in diversi campi, da quello assistenziale a quello ecumenico. Tuttavia, notava il Pontefice, «la crescente erosione e il decadimento della fede» chiedono «un approccio serio e consapevole che ci spinga a diventare, alle soglie della storia presente, come quel mendicante, per ascoltare le parole dell’apostolo: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina”».

Le premesse, quindi, erano positive e condivisibili ma la strada imboccata si mostrava fin da subito pericolosa. Sottolineava il Papa: «Avvolti in serie e inevitabili analisi, si può cadere in sottili tentazioni alle quali ritengo necessario prestare attenzione e cura, poiché, lungi dall’aiutarci a camminare insieme, ci manterranno aggrappati e installati in ricorrenti schemi e meccanismi che finiranno col snaturare o limitare la nostra missione; e per di più con l’aggravante che se non ne saremo consapevoli, potremo finire col girare attorno a un complicato gioco di argomentazioni, disquisizioni e risoluzioni che non faranno altro che allontanarci dal contatto reale e quotidiano con il popolo fedele e il Signore». L’avvertimento del Papa non ha sortito alcun effetto: «Roma non è la Chiesa del mondo», tagliò corto monsignor Bätzing, consapevole di avere dietro di sé la grande maggioranza dell’episcopato tedesco. Pochi i critici verso i punti qualificanti del Cammino sinodale: tra i vescovi a capo di diocesi, solo il cardinale arcivescovo di Colonia, Rainer Maria Voelki, il vescovo di Ratisbona Rudolf Voderholzer, il vescovo di Passau monsignor Stefan Oster e quello di Eichstatt, Gregor Maria Hanke. Insieme a loro, una manciata di vescovi ausiliari. Il resto, tutto schierato per la grande riforma. I fori sinodali e il dibattito in Aula procedevano intanto verso sentieri sempre più inclini a incidere profondamente sulla dottrina e la pastorale. Facendo leva sulla lettera del Papa, monsignor Voderholzer proponeva una traccia di compromesso che, pur sposando le istanze della base, ancorasse il Cammino sinodale ai paletti fissati da Francesco. Il piano del vescovo di Ratisbona ottenne tra i suoi confratelli 3 sì e 21 no. Tre gli astenuti. Dal Vaticano arrivavano quindi due ulteriori ammonimenti. Uno firmato dal prefetto dei Vescovi, il cardinale Marc Ouellet, e l’altro dal presidente dell’allora Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi, monsignor Filippo Iannone. In entrambe le missive si scriveva che le bozze in esame in Germania «violano le norme canoniche» e sono tali da «alterare le norme universali e dottrinali della Chiesa». In sostanza, il percorso intrapreso «non è ecclesiologicamente valido». Il cardinale Walter Kasper, teologo di rango che da sempre condivide posizioni riformatrici, sosteneva che «molti potrebbero chiedersi se tutto questo è ancora cattolico», vedendo nelle istanze più di rottura «il tentativo di reinventare la Chiesa con l’aiuto di un erudito sostegno teologico e teorico».

Nel frattempo, Roma tentava di instradare quanto si discuteva a Francoforte sul percorso del grande Sinodo universale convocato dal Papa che si concluderà in Vaticano tra un anno. Tra il dicembre del 2021 e i primi mesi del 2022, il numero uno dei vescovi tedeschi, monsignor Bätzing, si incontrava con il segretario generale del Sinodo, il cardinale Mario Grech, e con il relatore dell’appuntamento voluto dal Pontefice, il cardinale Jean-Claude Hollerich. Riunioni tese a smussare gli angoli più acuti che portarono alla creazione di un gruppo di contatto «per confrontarci e informaci sui [rispettivi] cammini», come disse monsignor Bätzing plaudendo all’iniziativa che avrebbe a suo giudizio messo fine «allo scetticismo» che segnava il rapporto. Ma le istanze più riformatrici andavano avanti, tant’è che in un’intervista a Herder Korrespondenz il cardinale Hollerich – che pure fin dal 2019 ha preso una posizione d’apertura rispetto al percorso in atto in Germania – affermava di avere l’impressione «che i vescovi tedeschi non capiscano il Papa».

Nelle scorse settimane, in una convulsa assemblea a Francoforte (la quarta), il Cammino sinodale ha votato le bozze preparate dai quattro fori. La più delicata, «Vivere in rapporti riusciti. Vivere l’amore nella sessualità e nella coppia», è stata bocciata: ha ottenuto sì l’83 per cento di voti favorevoli complessivi, ma non ha superato il quorum richiesto dei due terzi tra i vescovi: solo 33 presuli si sono espressi favorevolmente a fronte di 21 contrari e 3 astenuti. Il documento che non ha avuto il placet dell’assemblea auspicava cambiamenti nella morale sessuale cattolica, considerava l’omosessualità una variante naturale della sessualità, riconosceva l’identità di genere e certificava la profonda divaricazione esistente fra la dottrina e il vissuto pratico dei fedeli. Se il presidente della Conferenza episcopale, favorevole al testo, annunciava che comunque questo sarebbe stato attuato nella sua diocesi, il vescovo di Passau monsignor Oster avvertiva che così facendo si sarebbe rischiato lo scisma. Alla fine, dopo ulteriori riunioni a porte chiuse, è stato dato il via libera a un documento in cui si legge che «la Chiesa deve ammettere di aver causato sofferenza alle persone omosessuali attraverso il suo insegnamento e la sua prassi». La bozza che però promette di creare più di una frizione con Roma è quella relativa all’ordinazione delle donne: con il 92 per cento dei sì, tra cui l’81 per cento del voto favorevole della componente episcopale, il Cammino sinodale tedesco chiede di riesaminare l’atto magisteriale Ordinatio sacerdotalis di Giovanni Paolo II (1994) che non ammette le donne agli ordini sacri. Dall’assemblea tedesca, invece, si chiede che siano affidati alle donne ministeri con carattere sacramentale, secondo il principio per cui «non è la partecipazione delle donne a tutti i ministeri e incarichi della Chiesa che richiede giustificazioni, ma l’esclusione delle donne dal ministero sacramentale». Il Sinodo universale convocato dal Papa che si chiuderà a Roma fra un anno dovrà tirare le somme.