La processione di Pentecoste.

CORO MILLENNIUM Nel canto le radici comuni con la Chiesa ortodossa

Prima due giorni di musica a Niš, Serbia. Poi la processione fatta insieme a Pentecoste. Così, sulle note di laudi medievali ed inni ebraici, è nata un'amicizia. Impensabile
Marina Valmaggi

Il Coro Millennium ha partecipato il 6-7 giugno all’evento musicale organizzato a Niš, seconda città della Serbia, in occasione dell’apertura delle manifestazioni legate al grande giubileo del 2013 per la 1700° ricorrenza dell’Editto di Milano, con cui l’imperatore Costantino concesse la libertà a tutti i culti nell’Impero, ponendo fine così alle persecuzioni dei cristiani.
L’accoglienza della Chiesa ortodossa locale e degli organizzatori dell’evento ha generato una vera amicizia.
Ci è stato chiesto di partecipare anche alla processione di Pentecoste. Questo è il secondo anno che la processione di Pentecoste si svolge per le vie della città, e già si nota una partecipazione sempre maggiore del popolo: segno concreto di un risveglio delle coscienze dopo le tenebre del comunismo e gli orrori bellici degli anni 90.
Monsignor Vladika Irinej, vescovo ortodosso di Niš, dopo averci ascoltato la prima sera, ha commentato parlando espressamente delle radici comuni del cristianesimo, e ha ripetuto tale concetto nell’introduzione al concerto della domenica, ripreso dalla televisione nazionale serba.
Inoltre, al termine del nostro ultimo intervento musicale (avevamo eseguito musiche che andavano dal Medioevo ai giorni nostri, e che spaziavano dall’est all’ovest delle reducciones latinoamericane) il vescovo ortodosso ci ha nuovamente sorpresi affermando che la nostra musica gli sembrava estremamente familiare, grazie proprio alle comuni radici. Ci hanno riferito che è la prima volta che lui dimostra una simile apertura orientata alla collaborazione fraterna tra cattolici ed ortodossi e all’unità della Chiesa universale.
Un pope ci ha chiesto: «Ma come fate a conoscere la liturgia di san Basilio»? (infatti avevamo cantato, in omaggio alla cristianità ortodossa, l’antichissimo O Tibie Raduietza, inno che risale al IV secolo). Gli abbiamo raccontato che sin da quando eravamo studenti, i nostri sacerdoti ci esortavano non solo a pregare per tutta la "Chiesa del silenzio", ma a imparare i loro canti e la loro storia, perché la tradizione non andasse perduta e con l’auspicio di una futura riconciliazione nella libertà.
Dialogando nei momenti conviviali, abbiamo individuato insieme argomenti che meritano di essere presi in considerazione per approfondire lo studio musicale, iconografico e letterario, ed essere celebrati in comunione con questo popolo, che la storia recente tiene ancora, purtroppo, al di fuori dalla patria comune europea. Non l’aspetto politico, ma quello culturale e nella fattispecie religioso, ci sollecita a impegnarci ulteriormente. Le aspettative di queste genti sono grandi, e chiedono risposte che non possono limitarsi alla soluzione di problemi economici o di confini geografici.
Alla manifestazione era presente anche un coro proveniente da Tel Aviv. A loro abbiamo dedicato, in apertura, l’antichissimo Uri Saphon in lingua ebraica, tratto dal biblico Cantico dei Cantici.
Commovente è stato anche cantare, prima di metterci a tavola, il Padre Nostro (Pater Noster e Oce Naš) assieme ad un coro bulgaro: un momento di comunione vissuta.