"La porta dei limoni n.3".

MOSTRE L'inverno sulla tela

I dipinti di Mariateresa Carbonato approdano a Milano. Tra paesaggi imbiancati dalla neve e tonalità candide, parte un viaggio nel tempo all'insegna dell'arte
Rodolfo Balzarotti

GIà in altre occasioni ho avuto modo dI osservare che i migliori paesaggi di Mariateresa Carbonato si compaiono sempre nel vano di una finestra, nel ritaglio di un’imposta, nel riquadro di una griglia. Il riquadro, il ritaglio, la cornice, riproducono all’interno del quadro la sua stessa natura di superficie delimitata che, nel continuum dello spazio reale, apre un varco, cattura lo sguardo e lo orienta. Questo è anche ciò che conferisce alle sue vedute un carattere “domestico”, intimamente umano, anche se, paradossalmente, la figura umana non è mai presente, semmai sostituita da semplici oggetti della vita quotidiana. Si tratta di una realtà, anche quella della natura, sempre abitabile o percorribile dall’uomo.
Nelle opere ultime, esposte dal 7 al 28 novembre allo Spazio Lumera di Milano (in via Abbondio Sangiorgio, a cento metri dall’arco della Pace), mi sembra che Mariateresa confermi queste osservazioni, ma introducendo importanti novità. Diciamo anzitutto che questa mostra, facendo una silloge della produzione di questi ultimi due anni, sceglie coraggiosamente di presentare una serie monotematica, cioè una serie di dipinti tutti dedicati al tema della neve e dell’inverno. Un tema che costituisce una bella sfida per i pittori-pittori, cioè per i coloristi e i tonali come Mariateresa. E davvero il motivo è qui svolto in modo magistrale, mostrando come il bianco in realtà sia una sorta di trasfigurazione del colore, il contenitore potenziale di tutti i colori che in esso si riflettono. Si passa quindi dalle tonalità girigio-azzurro-verdi o argentee dell’inverno pieno a quelle rosate, con esplosioni di arancione e rosso, che annunciano l’imminente primavera. Un viaggio nel tempo, dunque, di una lunga stagione invernale che si incrocia anche, tematicamente, con un viaggio nello spazio. In talune opere, in effetti, le immagini ci si presentano come fossero colte non più nel vano di una finestra, ma dal finestrino di un’automobile. E addirittura, in qualche dipinto, il ductus del pennello o della spatola sembra proprio ripetere il movimento del veicolo lungo le curve e i rettilinei di un’autostrada. Dove il grigio sordo dell’asfalto fa da contrasto al biancore della neve come pure alle tonalità del cielo, di un grigio così differente.
Davvero in questa produzione recente emerge la maturità di un’artista che, se dipinge la neve, è perché la avverte immediatamente nei termini della materia pittorica. Perché dipinge la neve allo stesso modo in cui, in un certo senso, la neve stessa “dipinge” e anche ri-modella la terra e il paesaggio.
Queste sue opere mi richiamano alla mente quanto scriveva anni fa William Congdon, un pittore di magnifici “inverni”, e cioè che la neve «è il dissanguinare [da parte] del cielo della sua luce… tutta la luce sta sulla terra coperta della luce del cielo, mentre il cielo , come luce, non c’è più».