ZURLO La legge siamo noi

Alessandra Stoppa

Un magistrato impiega dieci anni per ricalcolare la pena di una condanna a otto mesi. Un altro scarcera l’imputato con centoquaranta giorni di ritardo. Un pm conduce le inchieste intercettando gli avvocati mentre parlano coi loro clienti, o mentre sono in Procura. A volte errori, a volte colpe. Ma qualcuno ne risponde? La carrellata è fitta: un catalogo di sentenze “invertite”. Sentenze sui giudici, non di giudici. Un viaggio tra i procedimenti che vedono alla sbarra le toghe. Ogni magistrato processato è ritratto in una storia: settantacinque racconti agili, che nascono dallo studio di altrettante indagini condotte dal Consiglio Superiore della Magistratura su toghe indisciplinate.
Le mancanze e i tempi elefantiaci del sistema giudiziario italiano sono noti. Ma raramente si parla dei fatti e degli atteggiamenti che ingolfano il carrozzone. Accade solo quando gravi errori giudiziari scandalizzano dalle prime pagine dei giornali. Eppure, anche in questi casi, non si sa che fine fanno i responsabili. L’inchiesta di Stefano Zurlo, sui procedimenti andati in scena a Palazzo dei Marescialli tra il 2000 e il 2008, illumina un versante sconosciuto della Giustizia italiana. Lo fa traducendo dal burocratese le indagini e le sentenze della Sezione disciplinare del Csm.
Per la delicatezza della materia, i nomi e le città di provenienza dei magistrati sono di fantasia. Ma ogni fatto riportato è tratto esclusivamente dagli atti: da qui Zurlo estrae le vicende, umane e professionali, che portano certi giudici sul banco degli imputati. E da qui, senza dover aggiungere nulla ai fatti, svela quanto sia troppo spesso «soffice e paterno» il criterio con cui il Csm giudica i “suoi”. Nella maggior parte dei casi, il verdetto è il semplice ammonimento. Poco più di una strigliata.
C’è il magistrato che impiega 495 giorni per scrivere sette cartelle di un importante provvedimento, a carico di un rettore condannato a due anni e tre mesi. Assolto. C’è chi dimentica per centocinque giorni una persona ai domiciliari. Assolto. E chi scarcera, per errore e pressapochismo, il cassiere della Banda della Magliana: due mesi di anzianità perduti. Il problema più diffuso è quello dei tempi, i dati sui giorni di ritardo riportati da Zurlo fanno impallidire. Insieme alle giustificazioni dei magistrati nel tentativo di difendersi. Centinaia di processi restano appesi per anni, i faldoni scompaiono, le sentenze non vengono depositate. E intanto si perde la percezione che ogni processo porta in sé la vicenda umana di vittime e colpevoli.

Stefano Zurlo
La legge siamo noi

Piemme
pp. 220 - € 16