Eugène Ionesco al Meeting.

IONESCO «Tutto è assurdo quando manca Dio»

Cent'anni fa nasceva Eugène Ionesco, uno dei protagonisti del panorama culturale del Novecento. Dopo il suo intervento al Meeting dell'87, "Tracce" pubblicò questa sua intervista. Ecco il testo

Che cosa l’ha spinta a scrivere un’opera su Kolbe?
La conoscenza del sacrificio stesso di Massimiliano Kolbe. Ho trovato che bisognava assolutamente rendere gloria a questo gesto ammirevole di carità e ispirarci ad esso, soprattutto oggi che si dà tanto spazio agli uomini politici o ai terroristi. Che si danno miliardi ai giocatori di football, senza che nessuno protesti, mentre ci sono tanti disperati, altro che destra o sinistra. Vengono glorificati gli assassini. Allora bisogna assolutamente ricordare al mondo che la carità esiste comunque, che continua a esistere la santità. Io non sono ancora un santo, sono molto lontano dall’esserlo, ma forse è nel ricordo del sacrificio di Kolbe che riuscirò ad attirare verso la carità, verso l’amore, gli uomini. Forse trascinerò degli uomini che sapranno essere migliori cristiani di quanto io non lo sia e forse potranno diventare dei santi, senza che io lo sia.
Durante una tappa del giro ciclistico di Francia, due bambini hanno attraversato la strada mentre la corsa passava e sono rimasti uccisi. Non si è parlato di loro. Si è parlato soltanto di una maglia gialla. Qualcuno mi ha chiesto perché si festeggia Kolbe, perché si fa festa a Kolbe in un luogo così strano come una spiaggia. Ma proprio qui a Rimini è stato creato questo meeting da persone credenti e soprattutto perché lo spirito di Dio può soffiare ovunque.

Che cosa è per lei la santità?
Per me è la perfezione, il grado supremo che un uomo che ami Dio può raggiungere.

Da un punto di vista estetico tutti noi riconosciamo in lei un grande maestro del teatro contemporaneo, che associamo per forza di cose al "teatro dell’assurdo", alla grandezza del non sense, all’irrazionalità di certe intuizioni. In che modo, sotto il profilo artistico e creativo, è passato "quel" teatro a questa nuova dimensione che direi incommensurabile?
Vorrei sapere chi vi ha detto che io faccio un teatro dell’assurdo. Forse è stato un critico inglese che un bel giorno è venuto a dire che io faccio il teatro dell’assurdo. Io non trovo affatto assurdo il mio teatro. È un’autentica sciocchezza, il teatro dell’assurdo. Tutto è assurdo, e tutti sono assurdi, quando manca Dio. Io constato l’assurdo proprio di fronte al mondo dove Dio non c’è. Cito spesso una sentenza di Shakespeare (che è in fondo il padre del teatro dell’assurdo): Shakespeare ha detto che il mondo senza Dio è una storia raccontata da un pazzo, una storia senza senso, piena di rumore e di fracasso. Questo è l’autentico teatro dell’assurdo.

Vorrei sapere perché non crede (o non crede più) che valori come quelli affermati dal gesto di Kolbe ad Auschwitz possano appartenere ed essere alla base di un’etica unicamente laica. Perché questo passaggio?
Non so dire perché, ma io posso constatare soltanto che è proprio così. Dio solo è la carità suprema. Anche i laici possono avere delle virtù, il fatto è che sono vicini alla divinità ma non lo sanno. Sono vicini in modo irrazionale.

Un’altra domanda: lei con il suo libro La ricerca intermittente ha voluto nel titolo stesso segnare la discontinua presenza della tensione religiosa. Questo Meeting ha per titolo “Cercatori di infinito, costruttori di storia”, si sente più un cercatore di infinito o un costruttore di letteratura?
Io sono un costruttore di letteratura che è sempre stato un cercatore di spiritualità. La mia prima opera La cantatrice calva, è una tragedia del linguaggio; racconta di uomini che parlano in modo insensato perché in quel momento non sono ispirati dalla trascendenza.
Comunque è l’arte, dopo la religione, la forma che ci può più avvicinare alla divinità. Questo lo diceva Maritain, e anche un non credente come André Malraux. Malraux diceva che il XXI secolo sarà religioso o non sarà. Io sono persuaso che senza la religione il mondo non sarà.
Certo anche nella religione ci sono degli spiriti perversi che si introducono. Satana è un pericolo ovunque.
Ho scritto anche delle opere come Assassinio senza movente, dove pongo il problema del male. Il problema del male è stato per me uno dei problemi più angoscianti ed è questo ciò che mi dà grandi difficoltà nel mio credere. Ne La ricerca intermittente, prima citata, la mia è una ricerca zoppicante, in certi momenti io mi innalzo verso Dio, quanto meno cerco di innalzarmi verso Dio, e poi ricado nelle vanità letterarie. L’intermittenza è proprio la debolezza dell’uomo.

Mi pare che ogni atto che lei compie è contraddistinto dalla passione, l’avere a cuore la coerenza del dramma e la coscienza del dramma dell’esistenza umana. Si può dire che questo sia il filo conduttore che lega la sua vita?
Sì, è sicuramente questo. O quantomeno spero che sia questo.

Lei considera vanità letteraria la sua ricerca sul linguaggio antecedente a questi ultimi sviluppi spirituali e considera innalzamento verso Dio quest’ultima opera su Kolbe. L’opera su Kolbe è dunque la cosa più importante di tutta la sua produzione letteraria?
Chi può dirlo?
(Da Litterae Communionis, dicembre 1988)