San Basilio Magno.

CARITÀ E TRADIZIONE Lo sguardo del cuore fisso su Cristo

Quarto contributo per approfondire il lavoro di Scuola di comunità. Nel cuore della Cappadocia, san Basilio descrive la vita ideale del credente. A partire dall’iniziativa di Dio, che ha voluto salvarci per amore
Giuseppe Bolis

Siamo nel cuore della Cappadocia (attuale Turchia). Corre l’anno 372 e già da due anni la grande comunità cristiana del Ponto ha la grazia di avere come riferimento il Vescovo della città, Basilio. Il suo carisma personale, che unisce la preghiera monastica e il ministero attivo in città, sta cominciando ad affermarsi anche nel clero corrotto della grande metropoli. La proposta è chiara: anche per i sacerdoti - per vivere adeguatamente la missione - occorre avere un luogo di memoria, il monastero. Ma tale luogo, ed è qui la novità attraente di Basilio e della sua vita, non è fuori dalla città, nel deserto. Come una sorta di paradiso in terra per pochi intimi. È «dentro» la città e a servizio della comunità.
E la vita nel monastero è ritmata da una «Regola». Essa non nasce però a tavolino o dal genio individuale di Basilio. Sorge dalla vita e dalle domande dei sacerdoti-monaci. In una sorta di assemblea permanente viene delineata la vita ideale del credente, il cui fondamento è l’amore. Esso è innanzitutto l’iniziativa di Dio verso di noi che non solo ci ha voluti, ma ci ha salvati mandando suo Figlio a morire per noi. Da questo nasce il «comandamento» dell’amore al fratello. C’è un’unica condizione perché esso però sia realizzabile: mantenere fisso «lo sguardo del proprio cuore» su Cristo.


BASILIO MAGNO, Regola ampia 1-2
Prima questione. Interrogazione dei fratelli

1. Poiché la tua parola ci ha offerto l’opportunità di interrogare, prima di tutto chiediamo di insegnarci se vi è un certo ordine e concatenamento nei precetti di Dio, cosicché uno sia il primo, un altro il secondo, e così, tutti gli altri per ordine; 2. o se tutti i comandamenti sono così connessi e uguali fra loro, che si possa cominciare da uno qualunque di loro, come se si trattasse di un cerchio o di una corona.

Risposta. 3. La vostra domanda non è nuova, è già proposta nel Vangelo, al punto in cui, avvicinandosi al Signore, un dottore della legge disse: Maestro, quel è il primo comandamento nella legge? (Mt 22,36) 4. E il Signore rispose: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutte le tue forze; questo è il primo e il più grande dei comandamenti. 5. Il secondo poi è simile a questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso (Mt 22,37-39). 6. Il Signore stesso dunque stabilì un ordine ai comandamenti: affermò che il primo e il più grande comandamento è amare con tutto il cuore e con tutta la mente, e che il secondo in ordine e nella successione logica è amare il prossimo come se stessi, in modo da essere simile al primo nel valore, e anzi da completarlo e dipendere da quello. 7. Ma anche riguardo agli altri precetti potrai trovare altrettanto nelle sante Scritture; viene osservato, come io credo, in tutti i comandamenti un certo ordine e una successione delle prescrizioni.

Seconda questione.
1. Poiché affermi che il primo comandamento riguarda l’amore di Dio, illustraci questo argomento prima di tutti gli altri. 2. Che sia necessario amare l’abbiamo sentito, e ora desideriamo imparare come ciò si possa compiere.

Risposta. 3. Avete scelto un ottimo argomento per dare inizio alla nostra conversazione, e del tutto conveniente alla nostra intenzione...
15. Abbiamo ricevuto il precetto di amare Dio. 16. L’anima porta impressa dalla stessa prima creazione la virtù dell’amore; e in ciò non è affatto necessaria una prova dall’esterno, poiché ognuno ha in sé e da se stesso le prove di quanto affermiamo. 17. Ogni uomo desidera tutto ciò che è buono, e siamo attratti da un certo affetto naturale verso ogni cosa che riteniamo buona. 18. Ed anche verso i consanguinei e i più vicini secondo la carne siamo attirati dall’amore, senza che nessuno ce lo insegni; anche con quelli dai quali abbiamo ricevuto affetto e benefici siamo legati da ogni amore e dovere. 19. E quale altra cosa tanto buona si può avere quanto Dio? Anzi quale altro bene vi è se non Dio solo? 20. Quale gloria, quale splendore, quale bellezza, che per natura siamo spinti ad amare, vi è in qualunque luogo e talmente alta come è in Dio, e si deve credere che vi sia? 21. Dove si troverà mai una tale grazia? 22. Quale fiamma di amore potrebbe infondere ardore nelle parti più segrete ed interne dell’anima, come l’amore di Dio deve infiammare le profondità della mente? 23. Specialmente se l’anima è purgata da ogni lordura, tanto da poter dire con vero amore: Sono ferita dall’amore? (Cant. 4,9). 24. Sento l’amore di Dio in modo del tutto ineffabile, ed è tale che si può piuttosto sentire che esprimerlo. 25. È una luce indescrivibile: anche se la parola usasse e prendesse a paragone i fulmini o il lampo, l’udito non lo sopporterà, anzi neppure lo percepirà. 26. Se prendi i bagliori del giorno, la luminosità della luna, e la stessa luce del sole, a confronto della sua gloria sono tutti oscuri, e molto più tetri di quanto lo sia la notte priva di luce e immersa nell’oscurità di profonde tenebre, paragonata alla più brillante luce del sole di mezzogiorno. 27. Un tale splendore non si vede con gli occhi del corpo, si può solo contemplare con l’anima e con l’intelletto. 28. E questo splendore, se per caso tocca la mente e l’animo dei santi, infonde profondamente in loro uno stimolo molto ardente all’amore verso di lui. 29. Perciò infine, come struggendosi per il fuoco dell’amore e avendo in orrore la vita presente, uno di loro diceva: Quando verrò e apparirò al cospetto di Dio? (Salmo 41, 3). 30. E di nuovo diceva, ripieno del fuoco di quest’ardore: Ha avuto sete del Dio vivo l’anima mia (Salmo 41, 3), e, infiammato insaziabilmente dal suo desiderio, pregava perché vedesse la volontà del Signore, e fosse protetto nel suo santo tempio (Salmo 26, 4).
(...) 47. Dunque tutte queste cose e altre ancora tralascio; questo solo, che non sarebbe possibile omettere nemmeno a chi lo volesse, non possiamo tacere: 48. benché si possa passare sotto silenzio la grazia, è molto più difficile parlarne degnamente e con competenza, questo, dicevo, quanto è grande il fatto che Dio ha dato la conoscenza di se stesso all’uomo, lo ha creato animale ragionevole, e gli ha concesso di godere la gioia e la bellezza di un paradiso ineffabile? 49. e non lo disprezzò affatto dopo che era stato ingannato dall’astuzia del serpente, quindi, caduto nel peccato, e, attraverso il peccato, precipitato nella morte; ma diede la sua legge in aiuto, deputò degli angeli, destinò dei profeti; 50. frenò con la severità delle minacce i tentativi della malizia; 51. stimolò i desideri dei buoni con le più splendide promesse, e fece conoscere prima lo scopo dell’una e dell’altra nostra vita con molte immagini. 52. Eppure, anche di fronte al perdurare nelle nostre cattive incredulità, dopo tutte queste cose non si è allontanato da noi, né la bontà del Signore pietoso ci ha abbandonati. 53. Anzi nemmeno con la nostra ingratitudine verso i suoi benefici abbiamo potuto allontanare e respingere la sua misericordia da noi; 54. ma siamo stati strappati alla morte e richiamati alla vita per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo, il quale, esistendo nella forma di Dio, non ritenne questa sua uguaglianza con Dio come una rapina, ma annientò se stesso prendendo la forma di servo (Fil 2,6-7). 55. Prese su di sé le nostre debolezze, ha portato i nostri dolori, è stato ferito per noi, perché fossimo risanati per le sue lividure (Is 5,56). 56. E ci ha liberati dalla maledizione ed è divenuto maledetto per noi (Sal 3,13). 57. Fu anche condannato a una morte ignominiosa per richiamare noi alla vita. 58. Né gli basta ridonare la vita a noi morti, ma ci concede la partecipazione alla sua divinità, ed elargisce il dono dell’eternità; 59. e al di sopra di quanto potremmo chiedere o comprendere, a quelli che credono in lui e lo amano prepara ciò che occhio non vide né orecchio udì, né salì al cuore dell’uomo (1 Cor 2,9). 60. Che cosa dunque daremo in cambio al Signore per tutto quello che ci ha donato? 61. Veramente egli è tanto benigno e clemente che non reclama neppure alcuna restituzione, ma gli basta di essere amato per tutti i doni che ha concessi. 62. Chi dunque è così irrimediabilmente ingrato da non amare il donatore per tanti benefici così nobili? 63. E ora basti quanto si è detto intorno all’amore di Dio; è del resto nostro proposito, come abbiamo detto sopra, di non dire tutto, poiché è impossibile, ma di ricordare brevemente e succintamente tutto ciò che basti a infondere e destare nell’anima l’amore di Dio. 64. Viene ormai di conseguenza che trattiamo di quel comandamento che abbiamo definito secondo nell’ordine e nel valore. 65. E che proprio la legge perfeziona e abbellisce quelle virtù che sono infuse dal Creatore nell’anima, l’abbiamo già detto sopra. 66. Poiché dunque ci viene ordinato di amare il prossimo come noi stessi, consideriamo se abbiamo in noi anche la forza e la capacità per l’attuazione di quest’altro comandamento. 67. E chi è che ignora che l’uomo è un animale dotato di amore e di cornunicabilità, e non qualche cosa di selvatico e di feroce? 68. Niente è tanto proprio alla nostra natura che aver bisogno l’uno dell’altro, e ricercarsi reciprocamente e amare ciò che si ricerca. 69. Quindi poiché il Signore ha posto in noi i germi di queste virtù, senza dubbio richiederà anche il loro frutto, e accetterà come prova del nostro amore per lui l’amore verso il prossimo. 70. In questo, dice, riconosceranno tutti che siete miei discepoli, se vi amerete reciprocamente (Gv 13,35). 71. Anzi collega questi comandamenti in tutte le cose in modo tale, che riferisce a se stesso anche le opere di misericordia compiute per il prossimo. 72. Ebbi fame, egli dice, e mi deste da mangiare (Mt 25,35). 73. Anche tutto il resto che viene fatto a favore del prossimo afferma di averlo ricevuto lui stesso, quando aggiunge: Tutto ciò che avete fatto per uno dei miei più umili fratelli l’avete fatto a me (Mt 25,40).
74. Dunque attraverso il primo si adempie anche al secondo, e dal secondo si risale e si torna al primo, cosicché chi ama il Signore senza dubbio ama anche il prossimo. 75. Così infatti dice il Signore: Chi ama me osserva i miei comandamenti (Gv 14,15). 76. E questo è il mio comandamento, afferma, che vi amiate a vicenda (Gv 15,12). 77. Così chi ama il prossimo perfeziona la sua carità verso Dio, perché egli stesso riceve in sé tutto quello che è operato per il prossimo.