<em>Nave-città</em>, 2010, olio e foglia d'oro su carta nera.

TONIUTTI «Navi sferrate» che escono dalla tela

Dal 23 aprile al 23 maggio, le opere del pittore milanese in mostra al Museo Diocesano di Milano. Carene che sembrano non star ferme, ed emergere dalle acque, perché mosse da "qualcosa". Come l'artista
Giuseppe Frangi

Al Museo Diocesano di Milano c’è una mostra da non perdere. Francesco Toniutti, artista milanese, anzi nord milanese, espone un ciclo di opere che ruotano per la gran parte attorno a un tema straordinariamente suggestivo: le navi. Una centralità confermata dal titolo che Toniutti e il curatore Paolo Biscottini hanno voluto dare alla mostra: "In Viaggio". Non immaginatevi delle vedute marine punteggiate dalle sagome di imbarcazioni. Qui il rapporto è rovesciato: le carene incombono sulla tela, la occupano, la invadono con le loro forme colossali e a tratti incontenibili. Le navi di Toniutti sembrano non stare al loro posto, piccole sagome nell’immensità del mare. Non stanno al loro posto perché sono mosse da un’ansia che le spinge a emergere dalle acque, quasi a balzare fuori in un impeto che deve essere per forza sintomatico di qualcosa. È questo “qualcosa” il motore della pittura di Toniutti, il dispositivo che la incendia di colori come se ogni viaggio che racconta con le sue immagini, fosse il viaggio del destino, quello su cui si gioca la partita della vita. Sono queste le “navi colossali” di cui canta Dino Campana, “lanciate verso il paese nuovo”; “le navi sferrate sul mare”, “dove il tramonto brucia in fiamma vera”. La vastità di queste prue puntate verso di noi è proporzionale al carico di attesa e di desiderio che incendiava di inquietudine l’anima di un grande poeta come Campana. Sono navi sospinte da un’ansia che le fa balzare come fossero creature, schiene di balene che si slanciano fuori la superficie dell’acqua.
Giustamente Paolo Biscottini nella presentazione sul catalogo della mostra scrive che «la nave di Toniutti invade la tela, la occupa quasi totalmente. La si potrebbe confondere con il tutto, quasi una sorta di dimensione non formale e astratta del dipingere». Ma è solo un’impressione, specifica Biscottini. Perché «la nave è la realtà… la realtà dell’uomo in cui immaginiamo il brulicare delle vite».
Questa è un po’ la cifra della pittura di Toniutti, così sgombra di retropensieri e di intellettualismi. Così semplice e unidirezionale. Una pittura che non teme l’ingenuità ma la cavalca, se ne lascia trasportare quasi per un amore davvero appassionato nei confronti delle immagini o delle visioni che ha davanti agli occhi.
C’è infine un altro aspetto che mi piace sottolineare. Le navi di Toniutti non sono bastimenti fantasma. Sono di una solidità che non ammette dubbi. Hanno quindi un che di rassicurante. Mi sono chiesto perché. E ho trovato due risposte, e l’una non esclude l’altra. La prima riguarda la direzione. Puntano una meta con molta precisione e determinazione. Si capisce subirto che non hanno una rotta incerta e quindi comunicano sicurezza. La seconda rigaurda la questione di chi ci sia bordo. Possiamo mettere in movimento la fantasia, ma è indubbio che la risposta che sembra più coerente con le immagini che abbiamo di fronte, è che sul ponte di quella nave ci sia stipato un pezzo di popolo, che condivide lo stesso desiderio di avventura.
Sarà ovvio e anche banale, ma mi vengono in mente quei versi con cui l’Ulisse dantesco annuncia l’inizio del suo viaggio decisivo: «ma misi me per l'alto mare aperto/ sol con un legno e con quella compagna/ picciola da la qual non fui diserto». È diventata grande la nave, ma a bordo c’è sempre qualcosa di simile a «quella compagna picciola da la qual non fui diserto».

Francesco Toniutti, "Il viaggio"
Milano, Museo Diocesano
Dal 23 aprile al 23 maggio
Ingresso libero