Un vero moderno

ANNIVERSARI - AUGUSTO DEL NOCE
Alessandro Banfi

A cento anni dalla nascita, l’opera del pensatore cattolico è più attuale che mai. La ripercorriamo con i filosofi MASSIMO CACCIARI e MASSIMO BORGHESI. Che raccontano come sapesse provocare la cultura laica. Di fronte al problema di Dio. In che modo? Semplicemente «scegliendo di portare la sfida sul suo stesso terreno»

Cento anni fa nasceva Augusto Del Noce. Chi ha avuto l’onore di conoscerlo sa quanto ci manchi la sua persona. Il suo pensiero, però, è ancora vivo, anzi resta forse il più attuale. E il motivo è semplice: è il filosofo cattolico che, probabilmente, ha preso più sul serio quella sfida della modernità che oggi sta emergendo in tutta la sua imponenza. Anche in eventi della vita pubblica (dal caso Englaro allo stesso scandalo sulla pedofilia), in cui è emerso con chiarezza che il punto non è rinchiudersi nella nostalgia di un passato più o meno remoto, ma accettare fino in fondo la provocazione di una realtà che non permette di dare più nulla per scontato. Neanche certi “valori” fondamentali.
Ecco, riprendere il filo di Del Noce può servire a questo. Ad essere aiutati nell’accettare quella sfida. E, per farlo, Tracce ha messo insieme due notevoli filosofi e autentici ammiratori del grande pensatore torinese: Massimo Cacciari e Massimo Borghesi. Due professori di Filosofia, ma anche due polemisti che da Del Noce hanno sicuramente ereditato la passione per il pensiero contemporaneo e per l’uomo d’oggi. Cacciari ha appena pubblicato una splendida postfazione alla ristampa de Il problema dell’ateismo, che torna finalmente in libreria per Il Mulino. Massimo Borghesi sta mettendo a punto uno studio su Del Noce. Ad entrambi abbiamo posto gli stessi quesiti.

In che senso la riflessione delnociana, ponendo al centro il “problema dell’ateismo”, porta ad una radicale riformulazione della storia del pensiero moderno?
Cacciari: Di solito il tema dell’ateismo è trattato nelle diverse storie della filosofia o nelle monografie di diversi pensatori come uno striminzito capitolo. Prendete ad esempio Georg W. F. Hegel, a mio parere il pensatore fondamentale per quanto riguarda lo sviluppo delle idee di Del Noce. In nessuna storia della filosofia standard si trova qualcosa che sottolinei il rapporto di Hegel con la morte di Dio. La ricostruzione di tutto il pensiero moderno e contemporaneo di Del Noce ruota, invece, intorno a questa interrogazione: e cioè sul rapporto del pensiero filosofico con il tema della trascendenza. Anche per Friedrich Nietzsche, del cui ateismo coglie benissimo il senso tragico. Il senso, il destino della filosofia moderna e contemporanea per Del Noce è quello di far crollare, o di pretendere di far crollare, il trascendente in generale, e in particolare il trascendente così com’è nella tradizione giudaico-cristiana.
Borghesi: Quando Del Noce pubblica la sua opera fondamentale, Il problema dell’ateismo, nel 1964, l’autore con cui si misura è Karl Löwith, il teorico della secolarizzazione. Per Löwith gli autori fondamentali per comprendere la traiettoria del pensiero dell’800-900 sono Marx e Nietzsche, due autori che per il neoidealismo di Croce-Gentile e per il pensiero cattolico italiano degli anni Cinquanta-Sessanta sembravano non esistere. Marx e Nietzsche non sono, però, dei massi erratici; rappresentano la radicalizzazione dell’ateismo post-hegeliano. Questo implica due conseguenze. La prima è che l’ateismo non costituisce un incidente di percorso; è il vero nodo della filosofia post-illuminista. La seconda è che le aporie di quella filosofia dipendono dall’iniziale opzione atea. L’ateismo, relegato usualmente nel quadro teologico, diviene il fattore che permette di intendere lo sviluppo del pensiero degli ultimi due secoli.

Del Noce, da cattolico, si è sempre rifiutato di professare una posizione meramente anti-moderna. Dove risiede il punto d’incontro tra cattolicesimo e modernità?
Cacciari:
È la sua forza: quella di non indulgere mai in una riflessione reazionaria. Di non pensare mai che questo destino possa essere superato tornando indietro. L’idea di poter reintegrare un pensiero e una teologia tradizionali, anche in senso ad esempio scolastico, neotomista, gli è assolutamente estranea. Il dramma di Del Noce sta in un’idea che lui non esplicita mai fino in fondo, e cioè che soltanto al termine di questo percorso di negazione di ogni trascendenza si giunge a vedere l’aporeticità di questa strada e si può oltrepassarla. Del Noce, poi, ci fa leggere autori straordinari che lui è il primo e unico in Italia a scoprire. Si immagini le prime edizioni di Lev Šestov, o il suo confronto con Simone Weil. Anche il pensiero “cristiano e più radicale” che lui predilige è il più lontano da ogni forma di reazione tomista o neotomista. Per quanto lui sia anche un grande lettore di François-René de Chateubriand, di Joseph de Maistre.
Borghesi: Questo è un aspetto di grande rilevanza. Del Noce, che taluni per ignoranza tendono a catalogare tra gli autori antimoderni, è colui che si è impegnato con più tenacia nel lavoro di superamento dell’“antimoderno” cattolico. Questo già a partire dagli anni della guerra, in un assiduo confronto ideale con Jacques Maritain. Le nostalgie medievaliste e reazionarie del pensiero cattolico del Ventennio non lo hanno mai sfiorato. L’idea della “doppia” modernità (da Cartesio ad Hegel o da Cartesio a Rosmini) obbedisce, in lui, all’esigenza di delineare un pensiero cattolico “moderno” il cui approdo è l’incontro con la parte migliore della modernità: l’idea di libertà. Il pensiero reazionario dell’Ottocento (Joseph de Maistre, Louis de Bonald, Juan Donoso Cortés) ha il merito di aver sviluppato una critica teologico-politica alla rivoluzione francese. Il suo limite è nell’opposizione pregiudiziale al liberalismo. Del Noce, lo ripeto, voleva riconciliare il cattolicesimo con la parte migliore della modernità.

La sua analisi della necessaria crisi del neoilluminismo e del pensiero di sinistra connessa all’avvento di una società nichilistico-tecnocratica, capace di dissolvere ogni posizione ideale, permette di spiegare il quadro contemporaneo?
Cacciari:
No, il contesto di Del Noce, lo dico nelle ultime pagine del mio saggio per Il Mulino, è ancora quello di un confronto molto serrato con il grande ateismo, ancora più che illuminista. Tutto sommato non c’è grande attenzione per l’ateismo di carattere illuministico in lui, e giustamente, visto che è una forma di deismo della ragione, spurio, pasticciato... No, i suoi autori sono Hegel, Marx e Nietzsche. È questo l’ateismo limite con cui lui si confronta, cioè un “grande ateismo”, un grande ateismo teoretico, un grande ateismo politico e pratico. Oggi si ride dell’ateismo, esattamente come si ride di chi crede in Dio. Non è che Del Noce non lo intuisca, ma i suoi interlocutori sono i grandi ateisti.
Borghesi: È vero che, dal Dopoguerra sino alla fine degli anni Sessanta, il suo interesse si concentra sull’ateismo moderno. A partire dagli anni Settanta, però, con le sue analisi su Gramsci e sulla crisi del gramscismo, la sua attenzione si sposta sulla dissoluzione dei valori che accompagna il processo della società opulenta. Una dissoluzione conseguente alla crisi della sinistra. Il marxismo, che abbandona l’idea di rivoluzione, sostituisce all’idea della lotta contro il capitale quella di lotta contro il “clerico-fascismo”. Diviene, con ciò, strumento dell’ideologia borghese, neoilluminista, per la quale il progresso risiede nella critica dei valori “tradizionali”. Il risultato è il nichilismo da un lato e, dall’altro, il trionfo di un neocapitalismo per il quale dissacrazione e mercificazione coincidono. Su questo punto le analisi di Del Noce e di un Pier Paolo Pasolini coincidono perfettamente.

Perché Del Noce incontrò più attenzione nel pensiero laico che in quello cattolico?
Cacciari:
Posso dire la mia esperienza: Del Noce mi fece comprendere meglio Karl Marx. Nel senso che la sua grande lezione fece capire a noi, marxisti atei, il nesso fra l’idealista Gentile, teorico del Fascismo, e il comunista Gramsci, condizionando la prospettiva con cui leggiamo la nostra storia intellettuale. Per questo, Del Noce conta più per uno con un’esperienza come la mia, che non per un cattolico. Un cattolico di questo aspetto, che invece è fondamentale per la ricostruzione del pensiero contemporaneo, può anche fregarsene. Ma così si finisce per leggere Del Noce solo come un grande apologeta. Lettura totalmente sballata, fasulla... O, addirittura, come un reazionario. Ancora più fasullo e sballato.
Borghesi: Per diversi motivi. In ambito cattolico Del Noce fuoriusciva dalla tradizionale bipartizione tra neotomisti e spiritualisti. Si confrontava, poi, con Hegel tenendo presente Marx e Nietzsche, autori conosciuti solo superficialmente dalla cultura cattolica ferma ad un quadro apologetico, difensivo. Del Noce portava la sfida al pensiero laico sul suo stesso terreno. Le conclusioni del pensiero laico obbedivano alla logica dell’ateismo, erano ad essa consequenziali. Così come le sue aporie. Del Noce mostrava ai laici come il problema di Dio, ancorché negato, non poteva essere evitato. Questa capacità di rapportarsi alla cultura laica gli derivava dai rapporti personali, maturati nella Torino degli anni Venti e Trenta, con i protagonisti di tale cultura. È il suo punto di forza. Del Noce non si è formato in un ambiente cattolico ma, da cattolico, si è rapportato, in solitudine, alla cultura laica raccogliendone la sfida.

Il centenario può essere l’occasione per “rivisitare” il pensiero di Del Noce? Per liberarlo da una certa vulgata che lo ha, in qualche modo, fossilizzato?
Cacciari:
Ho scritto la lunga postfazione proprio con questa precisa speranza. Per l’enorme stima condivisa da tanti che hanno avuto la mia stessa esperienza intellettuale e politica per Del Noce, per l’affetto che nutro per il suo ricordo, e perché davvero ritengo che con pochi altri Del Noce sia uno dei pensatori più notevoli dei nostri tempi. Il confronto con lui è imprescindibile per chi voglia comprendere la modernità.
Borghesi: Negli anni che lo separano dalla sua morte Del Noce è uno dei pochissimi intellettuali italiani su cui non è caduto l’oblio. Ogni anno escono volumi su di lui. Vero è che un certo filone di studi delnociani tende come a mummificarlo, a fossilizzarlo in alcuni punti canonici. Al contrario, la grandezza di Del Noce sta nella ricchezza e nella complessità di prospettive, di possibili letture, che la sua indagine apre. La sua lezione non è nella riproposizione di una visione del mondo, chiusa e dogmatica, ma in un metodo di ragionamento che consente di unire punti ideali, apparentemente distanti, nell’unità di una prospettiva nuova ed originale.