Dino Quartana, <em>Solo</em>.

SCULTURA Il soldato senza tempo

In una mostra di Dino Quartana, la tragicità della guerra di fronte alla vita di famiglia. Una contraddizione drammatica, che trova pace solo alla fine del percorso. Grazie a un frammento dorato
Rodolfo Balzarotti

Un paio di settimane fa, insieme al mio nipotino Paolo, sono andato a visitare la sala delle armature al Museo del Castello Sforzesco di Milano. Armature e armi del XVI e XVII secolo. Nell’osservarle, non si può evitare un certo fascino per questi antichi robot, fabbricati a regola d’arte per servire a quella che un tempo poteva apparire, a sua volta, come una "nobile arte", l'"arte della guerra" o il "mestiere delle armi". D'altronde, nell'ammirare il profilo di una spada o di una alabarda, non si può del tutto cancellare la coscienza dell'uso micidiale cui essa era destinata. E ci si chiede per quale curiosa necessità gli uomini dovettero rivestirsi di carapace, trasformarsi in esseri loricati, il volto celato dietro minacciose fessure. Nello stesso tempo, questi oggetti erano lì, nella sala di un museo, a vestire morti manichini e ad esibire il loro malinconico e patetico anacronismo.
Questa visita mi ritorna adesso alla mente, proprio pensando alla mostra di sculture di Dino Quartana allestita presso lo Spazio Lumera di Milano, in cui il tema della guerra e dei guerrieri riemerge con particolare evidenza nelle opere esposte (e ricordo che una delle fonti di ispirazione originaria, per lui, erano stati proprio i guerrieri rinascimentali di Paolo Uccello).
Di fatto la mostra è concepita come un'unica installazione, che mi ricorda la cappella della pace e della guerra dipinta da Picasso a Vallauris: anche qui, allo Spazio Lumera, lo spettatore è chiamato a passare tra due sequenze contrapposte - i guerrieri da un lato, i giochi e le famiglie dall'altro.
La seconda sequenza mi colpisce per la progressiva economia che la scultura di Dino va perseguendo in questi ultimi tempi: il vuoto, elemento essenziale della sua visone plastica, qui tende a prevalere, così che le forme si fanno da un lato più astratte, ma dall'altro si avvicinano alla caricatura, con quella carica di humour che non è mai assente dalle sue immagini.
Quanto alla serie della guerra, ciò che mi colpisce, oltre alla maggior densità e pesantezza delle forme, è l’inserimento di ferramenta, per così dire, allo stato puro: viti, bulloni, copri-bulloni, ruote dentate... e altri pezzi che non so nominare. E qui mi sembra di cogliere (oltre che un ulteriore omaggio a Picasso scultore e bricoleur) un gioco del tutto particolare, di cui non sono sicuro che sia coscientemente perseguito dall'autore. Nel passaggio dalla visione a distanza a quella ravvicinata, si produce un curioso ribaltamento: ciò che da lontano ci si presenta come sagoma inquietante e minacciosa, poi, avvicinandosi, si rivela come un coacervo di ferramenta dismesse. «Tutto qui?», viene da dire. La tragica serietà della guerra si ribalta in risibile gioco di meccano. E così, nell'impareggiabile pezzo intitolato Solo: un soldato senza tempo - antico guerriero o moderno marine superequipaggiato - viene sorpreso in un attimo di defaillance: smarrito, perplesso, d'un tratto dimentico dello scopo e del senso di tutto questo apparato.
Certo è che la presenza di queste due ante contrapposte mi richiama anche la figura umana magnificamente raffigurata in certi suoi disegni: figura eretta, di cui Dino sottolinea soprattutto la struttura bipartita, con quella lacerazione centrale che nello stesso tempo divide e unisce, unisce e divide, in una oscillazione senza fine.
Unità e divisione, ossia lacerazione, che è interna allo sguardo, al cuore stesso dell'artista, che non può che continuamente oscillare tra i due estremi, dell'amore e della violenza, della pace e della guerra. Una lacerazione che non trova riposo se non nella figura del Crocefisso che conclude il percorso. O, che è lo stesso, nella bellissima scultura della Incarnazione, con quel frammento dorato collocato nel cuore di una gigantesca, cosmica ferita aperta.


GUERRA E PACE
Sculture e disegni di Dino Quartana

Dal 18 settembre all’8 ottobre 2010
Milano, Spazio Lumera
Inaugurazione 18 settembre h 18.30
Info tel. 02/87280593 info@lumera.it