<em>Alessandro Manzoni</em>, di F. Hayez.

ITALIANI Quali romanzi ci raccontano chi siamo?

Da Manzoni a Pinocchio. In occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia, Rizzoli propone una collana per immedesimarsi in un evento che coinvolse le «migliori menti del tempo». Una buona idea, eppure manca qualcosa...
Luca Doninelli

I Promessi Sposi, I Malavoglia, I Viceré, Le ultime lettere di Jacopo Ortis, Le confessioni di un italiano, Piccolo mondo antico, Cuore, Pinocchio. Sono questi i titoli che Rizzoli-Bur ha scelto per rappresentare la sfaccettata questione dell’unità d’italia nella ricorrenza del centocinquantenario.
Un centocinquantenario, va da sé, non è una vera ricorrenza. Si tratta di un’invenzione apprezzabile affinché gli italiani tornino a interrogarsi su quell’evento per molti aspetti oscuro e contraddittorio, ma che coinvolse tutte le migliori menti del tempo: a dimostrazione che liquidare il problema come una semplice operazione massonica (che è in parte vero) sarebbe riduttivo.
Il fatto è che è diventato difficile, in un mondo sempre più parcellizzato dagli effetti della globalizzazione, dai vizi della società postmoderna (che è una società fortemente disgregata), dalla teledipendenza e soprattutto da una crisi educativa che scende fino alle radici, è difficile, dicevo, tornare a immedesimarsi con la complessità e la realtà di quegli eventi.
Allora ben venga una serie di letture, a patto però di farle tutte, che in qualche modo circoscrivano quell’evento che noi dobbiamo soprattutto tornare a capire, al di là della posizione che, poi, decidiamo di assumere. Potremo così renderci conto di quanto siamo stupidi quando diciamo che la scuola ci ha fatto odiare il Manzoni (non diamo sempre la colpa agli altri!), e di quanto è bello I Malavoglia, della sorpresa de I viceré (già il titolo è una promessa), della bellezza dell’Ortis, che ci fu presentato come una scopiazzatura del Werther di Goethe, mentre è dieci volte più bello.
Giusta anche la scelta di De Amicis, libro umbertino, ma potentemente umorale (chi insegna a ragazzi “difficili” sa che il libro nasce dall’esperienza vissuta sul campo) e, naturalmente, di Pinocchio, che è uno dei capolavori della letteratura universale.
L’idea è buona. Bisognerà leggere bene le prefazioni per capire se l’idea della mini-collana è ariosa o se è affetta dal solito moralismo che prende noi italiani tutte le volte che dobbiamo affrontare qualcosa di ufficiale.
Le assenze sono molte, naturalmente. Manca ad esempio un’antologia leopardiana sul tema, manca soprattutto Il gattopardo (suppongo per un problema di diritti), e ce ne dispiace molto, perché Il gattopardo, pubblicato al tempo del centenario dell’Italia, ci testimonia il livello di riflessione di cui era capace uno scrittore e intellettuale italiano mezzo secolo fa.
Nessun romanzo uscito in questi ultimi anni ad opera di uno scrittore italiano potrebbe stare al livello di questi. Non che non ce ne siano, ma puzzano tutti lontano un miglio di operazione studiata a tavolino. A me sembra che questo sia l’aspetto preoccupante della faccenda, il sintomo da cui è nata l’idea di una celebrazione artificiale (ma forse necessaria, e speriamo anche utile) come questa.