Il cuore s'ingolfa di Blues

«La tristezza non è di moda». Ma non c'è uomo che non la provi. E da lì vengono le «poche note stirate» del bluesman... In attesa del Brianza Festival, il racconto di uno stile impastato di pianto e di grido
Riro Maniscalco

I love the Blues... Da quando ero bambino. Chissà perché, mi son detto per tanti anni, visto che invece delle acque del Mississippi Delta io sono sempre stato a bagnomaria in quelle dell'Adriatico.
In America ci sono arrivato a trentanove anni - e ci sono pure rimasto, ma la ragione l'avevo già capita. L'avevo capita "diventando grande", perché il Blues ti può anche colpire quando sei piccolo (a me è capitato cosi), ma le cose si capiscono da grandi. O meglio, cosi dovrebbe succedere. Purtroppo, più spesso, si cresce e si perdono la curiosità e il desiderio che hanno da piccini. Si diventa disillusi.
Il Blues viene da lontano. Yes, viene dal cuore del Delta, quel pezzo di terra desolata - vedere per credere - dove il Mississippi si "spancia" e naviga a larghe anse, cercando faticosamente la sua strada. Ma in verità il Blues viene da molto più lontano, viene dal cuore che soffre. Dal cuore che s'ingolfa di tristezza. E non c'è uomo sulla faccia della terra che non abbia provato la tristezza. Da Clarcksdale a Carate, passando per tutto il resto del mondo. "Blue" vuol dire triste. Ma cosa vuol dire "triste"?
«La tristezza è desiderio di un bene assente». Non lo dicevano i bluesmen, lo diceva San Tommaso d'Aquino. Di questo canta il Blues, di questo cantano quelle bended notes, quelle note stirate, incurvate della scala pentatonica del Blues. This is the Blues. Dodici battute che si ripetono, come lo scandire degli attimi della vita, come il battito del cuore, talvolta un po' su di giri, talvolta lento e straziante come può essere il cammino dell'umana avventura, come può essere l'anima quando si perde - o non si riesce a trovare - quello di cui si ha bisogno.
E di che cosa abbiamo veramente bisogno se non del Bene?
I volti di questo Bene possono essere tanti: una donna, un amico, i soldi, la fortuna... I desiderata dell'uomo sono infiniti e cosi sono quelli del bluesman. Tanti volti, ma la donna su tutto. Perché? Perché "la donna" significa amore, affetto - ed il sesso ne è una espressione, e spesso una riduzione. E l'affezione è ciò che muove il mondo e noi.
Uno insegue, insegue, crede di afferrare e... «I woke up this morning...» e quel che avevo di più caro, quello su cui si reggeva la mia vita, non c'è pù.
È tutta cosi la vita?
Sembra che succeda sempre cosi. Ed in ogni caso quel che si ha non basta mai. Perché il Bene non basta mai.
Ma, vedete, c'è una cosa nel Blues - non solo nel Blues, in realtà - ma è una cosa che solo il Blues ha introdotto nella musica contemporanea: non si può smettere di desiderare! È questo il cry del Blues, questo pianto-grido-domanda che impasta ogni nota. Poche note. Il cuore, nella sua vera natura, è una cosa semplice, essenziale, e cosi è questa musica che parla del cuore ferito.
La tristezza non è di moda, la dimenticanza lo è molto di più. Ma non è vera. La tristezza lo è, è la nostra esperienza quotidiana.
Basta cosi. Si potrebbero dire tante altre cose, ma poi finiremmo per fare quello che il Blues non vuole e non fa: il "troppo". Troppi discorsi, troppe note portano lontano dal cuore. Come uno che non sapendo bene cosa dire deve usare mille parole.
Infatti il Blues va scoperto live, perché è il grido della vita come bisogno di Bene. È il grido della vita, non uno stile musicale. Il Blues non basta, ma possiamo viverlo come un punto di partenza nella nostra ricerca di felicità.


BRIANZA BLUES FESTIVAL
Torna l’appuntamento per tutti gli amanti del Blues, con ospiti d’eccezione come Robben Ford, Popa Chubby, Lousiana Red, Bob Margolin, e altre sorprese.
Dal 7 al 9 luglio a Villa Reale, Monza.
Direttore Artistico: "Blue Lou" Marini
Per info: www.brianzablues.it