L'orchestra dei ragazzi.

Cento strumenti, un solo Maestro

Spaziano da Mendelssohn ai gospel. E parlano tedesco, russo, italiano... Una vacanza-studio ha riunito giovani musicisti da tutta Europa. Risultato? Un miracolo «che senza l'audio non si può spiegare»
Giovanni Grandi

Ci sono tantissime orchestre al mondo. Ma, a guardarci bene, questa ha davvero qualcosa di incredibile. Arrivano da cinque diverse nazioni, hanno tra i dieci e i vent’anni, ma tra di loro spuntano alcune teste più avanti con l’età. Suonano Mendelssohn, Grieg, Dvorák, ma sanno anche darci dentro con musiche latinoamericane o con i classici dei Blues Brothers. E poi cantano, cantano, cantano sempre. In tedesco, russo, italiano, spagnolo, polacco, senza dimenticare i gospel e i canti alpini.
Stiamo parlando dell’IMF International Musical Friendship, un’esperienza di musica e amicizia giunta ormai all’edizione numero 19, che quest’anno si è svolta dal 21 al 31 Luglio a Limburg (Germania).
Tecnicamente è una vacanza-studio che coinvolge un centinaio di giovani musicisti. Ma per capire di che si tratta occorre ben altro. «Anche perché spiegare cosa sia senza audio è un po’ complicato...», dice Tommaso, arrivato con una ventina di ragazzi da Cremona: «Bisognerebbe vedere e sentire il miracolo che accade: tu arrivi, ti ritrovi a suonare insieme ad un ragazzo russo o a una bambina tedesca e, incredibilmente, lezione dopo lezione, giorno dopo giorno, vedi fiorire tutta la bellezza di un brano». E non solo: «La musica per noi è la porta dell’amicizia», racconta Dasha, chitarrista russa di 16 anni. Le fa eco Karolina, 19 anni e un talento formidabile per il violino: «La cosa che più mi colpisce è la certezza di questa amicizia. Ci vediamo solo pochi giorni all’anno ma, dopo la morte del mio maestro Tomasz e altre difficoltà in Polonia, è sempre più evidente che posso fidarmi di voi. La certezza della nostra unità è impressionante».
Sentendo le parole e guardando gli occhi di questi ragazzi è facile capire che non stanno esagerando, ma scoppiano di gioia per un’esperienza che li ha cambiati. Lo stesso accade per gli insegnanti, quest’anno una quindicina. In diverse lingue discutono dei brani, del livello dei ragazzi, ma soprattutto colpisce il loro modo di stare insieme. Per esempio la sera in riunione intorno al tavolo: tra un paio di computer spuntano spartiti, bicchieri di birra, vodka, mentre più in là Giovanni e Alfredo, da buoni italiani, affettano i salumi portati da casa. Sono tutti musicisti che lavorano in scuole di musica sparse per l’Europa. Silvya è venuta da Jelgava (Lettonia) con diversi alunni. Galina ha portato da Uglitsch (Russia) una decina di ragazzi. «Io da Macerata n’ho portati ‘na dozzina», dice Mirthe, pianista olandese ormai con uno spiccato accento marchigiano. Cristoph e Katy in quest’edizione hanno fatto da padroni di casa, mettendo a disposizione la Musikschule di Limburg in cui lavorano e organizzando ogni fase dell’evento.
Markus, violoncellista e direttore di una Musikschule in Baviera, è uno dei tre amici da cui è partito tutto: «Nel 1993, dal rapporto e dalla condivisione di fede tra me, un musicista italiano e uno polacco, è nata l’idea di invitare allievi e colleghi ad un periodo di convivenza in cui andare a fondo della passione per la musica. Di incontro in incontro, questa esperienza è cresciuta e ha preso una forma sempre più precisa». I numeri parlano da soli: una decina di scuole coinvolte, sparse in cinque Paesi diversi, più di sessanta concerti realizzati in giro per l’Europa. «Soprattutto, abbiamo incontrato più di mille ragazzi: alcuni sono diventati ottimi musicisti, altri hanno preso altre strade, ma ciascuno è rimasto profondamente segnato dall’esperienza che proponiamo».
Giovanni, docente di tromba a Cremona, fa parte di quei ragazzi: «Nel 2000 sono partito con due compagni di conservatorio, facendo più di mille chilometri verso Swidnica, in Polonia. Immaginavo di trovare uno dei tanti corsi già frequentati. Invece sono rimasto sconvolto: bambini, ragazzi, ma soprattutto adulti che facevano musica con un’intensità pazzesca e che si godevano la vita! Fino ad allora avevo conosciuto persone che vivevano per la musica, grandi professionisti con una piccola umanità. Lì, invece, ho incontrato dei grandi musicisti che vivevano la loro umanità fino in fondo. Allora mi sono detto: anch’io voglio vivere così. Non una vita sacrificata per la musica, ma la musica come grande opportunità per vivere pienamente».
L’ultima serata, dopo una festa che ha coinvolto anche diverse famiglie dei ragazzi, intorno al tavolo dei docenti domina una sola parola tradotta in molte lingue: «Grazie!». Da dove viene tutto ciò? «Siamo un gruppo di musicisti insegnanti che si sono scoperti amici perché accomunati dalla stessa passione per la bellezza: tutti desideriamo conoscerne sempre di più l’origine», continua Giovanni. Tra i prof ci sono cattolici, ortodossi, protestanti, storie diversissime l’una dall’altra. Eppure, al termine della giornata, tutti gli insegnanti recitano il Padre nostro. Ognuno nella propria lingua ma insieme, proprio come in un’orchestra in cui ciascuno suona uno strumento diverso ma tutti danno vita all’opera dello stesso compositore: uno spettacolo di unità. «Solo partendo da chi vive l’esperienza cristiana e la propone in modo semplice e integrale è possibile uno spettacolo del genere», spiega ancora Markus.
Non a caso, alla fine di ogni serata e di ogni concerto viene cantato di fronte a tutti il Non nobis: in questa esperienza il direttore d’orchestra è proprio Lui.