Testori e Banterle durante le prove di <em>Interrogatorio a Maria</em>.

Ecco come Banterle dava corpo alle idee di Testori

Venerdì mattina è morto Emanuele Banterle: regista teatrale fondatore della Compagnia degli Incamminati e collaboratore di Giovanni Testori. Il ricordo di un amico e il necrologio di Comunione e Liberazione
Giuseppe Frangi

C’è una foto che racconta Emanuele Banterle meglio di qualunque altra. La potete trovare nell’ultima pagina del prezioso libretto dedicato alla storia della Compagnia degli Incamminati scritto da Luca Doninelli (Trenta volte Incamminati, edizioni Vitaaltraidea, 2011) e appena pubblicato. Lo si vede insieme a Giovanni Testori nel 1979 seduti sulle poltrone di una platea durante le prove di uno spettacolo. Testori allunga la mano per indicare con un dito un movimento da correggere o un qualcosa da cambiare sul palco. Banterle al suo fianco, con lo sguardo concentrato, guarda verso il punto indicato da Testori.
È una foto che evidenzia innanzitutto una discepolanza quasi filiale: Banterle aveva a quella data 23 anni, e seguiva il maestro trovato sulla sua strada con la passione e la solerzia dell’allievo che si abbevera alla fonte senza lasciar cadere un goccia. Ma c’è un altro aspetto che colpisce: Testori si muove e comunica come se al suo fianco avesse qualcuno così maturo e così preparato, così affidabile da rendere più che sufficienti pochi cenni d’intesa. Eppure al suo fianco aveva un ragazzo di appena 23 anni. D’accordo che Testori era uno che a differenza di quasi tutti gli intellettuali rischiava sui giovani e dava sempre loro uno straordinario credito. Ma qui la situazione non è spiegabile solo in questa chiave: perché si intuisce quasi un rapporto alla pari, un’intesa già ben collaudata.
Banterle arrivava da un’esperienza di aiuto regista con Maurizio Scaparro iniziata a 21 anni, ed era stato tra i primi a bussare allo studio di Giovanni Testori all’indomani di un suo articolo sul caso Moro, apparso sul Corriere della Sera. Era il 1978. Non sarebbe passato neppure un anno e Testori già aveva deciso di affidargli la regia di uno spettacolo, Interrogatorio a Maria, cui è appunto riferita la foto di cui stiamo parlando. Uno spettacolo su un testo solo apparentemente semplice da portare in scena e che avrebbe conosciuto un successo incredibile, con oltre 400 repliche tra cui una a Castelgandolfo davanti a Giovanni Paolo II. È da qui che sarebbe nata quella storia straordinaria che Luca Doninelli ha raccontato nel volumetto citato e che portò nel 1983 alla nascita della Compagnia degli Incamminati, con Banterle e Testori stessi e con Franco Branciaroli: un sodalizio a tre che ha rappresentato qualcosa di unico nella cultura italiana.
In questa foto siamo solo agli albori di quella storia. Eppure vediamo come alcuni fattori siano già ben delineati. E tra questi fattori c’è la presenza del maestro, del trascinatore, Testori, e quella del seguace, Banterle. Ma già si capisce che chi seguiva non si limitava solo a quello. Banterle era un punto di sicurezza, era lo snodo che con intelligenza e con calma permetteva che le intuizioni, anche le più oltranziste e spregiudicate di Testori diventassero realtà: quelli erano gli anni degli spettacoli di grande successo popolare, ma poi sarebbero venuti gli spettacoli ostici ed estremi degli anni 80, con Testori e Branciaroli spesso insieme in scena a sfidare a viso aperto estetismi, ideologismi e borghesismi del teatro italiano.
Mi ha sempre colpito che quel mix esplosivo fosse stato reso possibile da una persona calma, mite, riflessiva e perbene come Banterle. Questo è spiegabile certamente grazie alla sua grande qualità umana. Ma non basta, perché non avrebbe potuto reggere nel tempo. Infatti penso che ci sia anche un’altra spiegazione: Banterle ha incarnato un modo di fare cultura rarissimo nel nostro tempo, che si regge su bravura, su forti convinzioni, su una grande passione ma anche su un innato senso di servizio. Un modo di fare cultura che buttava a mare ogni tentazione narcisistica. Come se ogni volta si ripetesse: non ha senso fare cultura per sé, la cultura deve essere fatta per il mondo, per dire qualcosa di vero al mondo in cui viviamo. In questo Banterle è stato davvero maestro.

(da ilsussidiario.net)