Etsuro Sotoo durante la premiazione.

«La pietra che mi ha mosso, fino a Dio»

A Bassano del Grappa lo scorso venerdì, Etsuro Sotoo, scultore della Sagrada Família, ha ricevuto il prestigioso riconoscimento internazionale. «Questo premio non è mio, ma di chi mi aiuta a guardare una Presenza»
Carmen Giussani

Alle pendici del Grappa batte un cuore. Venerdì 14 ottobre. Appena arrivata a Bassano per la imminente cerimonia di consegna del Premio Internazionale della Cultura Cattolica, mi si presenta “il sindaco”. Mi chiedo come possa essere così giovane. Che strano. Con un bel sorriso e un certo orgoglio per la mia sorpresa, mi spiega che è il sindaco del “Comune dei giovani”. Si tratta di una delle due fondazioni di don Didimo Mantiero. L’altra è la Scuola di Cultura Cattolica, costituita nel 1981. Nell’introduzione alla biografia di don Didimo curata da Lusmila Grygiel, scrive l’allora cardinal Ratzinger: «Il giovane sacerdote fu colpito dal modo amichevole con cui Abramo parla con Dio, “a lungo e con calore”» chiedendo a Dio di risparmiare l’intera città se vi troverà anche solo dieci giusti. «Timor di Dio e amore per gli uomini lottavano in Abramo, ma Dio si lasciava commuovere dalle insistenti preghiere dell’uomo». Il parroco di Bassano, morto nel 1991, fu colpito dalla storia di Abramo e la prese sul serio. Cercò dieci ragazzi disposti a pregare per tutti i giovani del paese e li chiamò “La Dieci”. Essi divennero così il nascosto sostegno vivente dell’apostolato e di tutte le opere che stavano sorgendo. Alcuni dei primi “dieci” offrirono anche la loro vita come sacrificio vicario. E il Signore accettò la loro offerta.
Frutto di questo flusso carsico della preghiera è anche questo Premio giunto alla sua XXIX edizione. All’elenco dei premiati, tra i quali figurano nomi come Augusto Del Noce, Cornelio Fabro, Joseph Ratzinger, Luigi Giussani, Riccardo Muti, Krzyztof Zanussi, Angelo Scola, Mary Ann Glendon, si aggiunge oggi il maestro Etsuro Sotoo, scultore del Tempio della Sagrada Família.
Sotoo insieme a sua moglie Isako è qui a Bassano da ieri ed ha avuto modo di vedere questa realtà di giovani e di maestri. «Che gruppo staordinario!», esordisce. Osserva che qui c’è la trasmissione della vita e della fede da una generazione all’altra. Un fatto decisivo. È visibilmente emozionato e non si capacita dell’onore che gli viene fatto. Lo spiegherà alla fine della cerimonia con il suo solito acume.
Arriva il momento. In questa occasione, la bella Sala Chilesotti del Museo Civico locale è colma di gente. Tanti ragazzi. Il professor Gianfranco Morra, presidente della Giuria del Premio fino alla passata edizione, passa il testimone al suo successore, il professor Sergio Belardinelli, dopo avere ricevuto un commosso ringraziamento per la lunga amicizia e l’instancabile impegno.
La parola passa a Luca Doninelli per una breve intervista al premiato: «Gaudí l’ha condotto fino alla fede. Perché lei dice che “dalla pietra” è risalito al maestro?». Sotoo ricorda come, essendo scultore, si mosse dal Giappone per venire in Europa a cercare la pietra, approdando poi a Barcellona. Racconta come dalla pietra fu mosso a cercare Gaudí e come l’opera di Gaudí lo portò a «guardare dove lui guardava», all’avvenimento vivo di Gesù. E spiega: «Cosa rende una donna madre? Il bambino. Il bambino non parla, non spiega. Eppure è lui che “estrae” dalla donna il suo essere madre. Così la pietra. La pietra ha un potere simile a quello dei bambini. È dura, non si muove. È così dura che “mi” muove. Se tu cerchi la verità qualsiasi realtà ti costringe a muoverti. Ti porta fino a riconoscere Dio».
E sul segreto della Sagrada Família che attira folle di visitatori da tutto il mondo, aggiunge: «Per creare le sue opere Gaudí si adattava al committente. Cercava di renderlo felice. Così fece con la famiglia Battló, la famiglia Guell. Ogni sua opera è diversa. Ma il commitente della Sagrada Família è Dio, e Gaudí volle cercare di renderlo felice con l’impegno di tutto se stesso. Riceviamo tutto da Lui, il tempo e lo spazio, le doti e le occasione, e a Lui dobbiamo rendere il massimo di bellezza di cui siamo resi capaci».
Ciò che più trascuriamo è la bellezza nascosta delle cose, aveva detto il professor Belardinelli nella sua introduzione, sommersi come siamo in una specie di ovatta senza contorni che ci impedisce di vedere. Sotoo, che si considera un piccolo tassello nella grande opera di un Altro, ci indica come rompere questo laccio e guardare la realtà piegandosi ad essa. Dalla pietra, dalla realtà, nasce lo stupore che ci alimenta e apre la nostra intelligenza. Per questo Sotoo ringrazia commosso con queste parole: «Questo premio in realtà non è dato a me. È dato a questi amici che oggi mi accompagnano, che mi hanno portato fino al Battesimo e che mi sono compagni in quella conversione continua che nasce dal guardare una Presenza». Pronuncia un nome dopo l’altro, cominciando da quello di sua moglie. Poi è festa. Con i giovani che si stringono intorno a lui per imparare il suo sguardo sulla realtà. La sua fede.