<em>Il Dondolo</em>, di Giorgio Galletti.

Dalla Fabbrica del Duomo alle Maternità

Regione Lombardia ospita, fino al 22 gennaio nel grattacielo Pirelli, le opere dello scultore milanese Giorgio Galletti. Dal gesso alla terracotta, dalla porcellana al bronzo: «L'uomo è sempre il punto nevralgico della scena»
Margherita Del Castillo

«Per fare bene una cosa occorre prima di tutto amarla; in secondo luogo bisogna conoscere la tecnica». Semplice, ma incisiva l’indicazione di metodo suggerita dall’architetto catalano e Servo di Dio Antoni Gaudí, fondamentale per chiunque intraprenda la professione di artista, e tanto più appropriata per Giorgio Galletti, lo scultore brianzolo cui Regione Lombardia dedica una personale accogliendola nello spazio eventi del grattacielo Pirelli. Classe 1934, Galletti è uno degli artisti lombardi contemporanei più significativi. Figlio di Angelo, capo dei marmisti della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, riceve la prima formazione dal padre, crescendo, artisticamente e tecnicamente, nel cantiere pluricentenario della cattedrale milanese, dove lavora a fianco di un esercito di scalpellini che svelano ad un ragazzo di 14 anni tutti i segreti del prezioso marmo di Candoglia. Proprio qui lo scultore Malerba nota i primi lavori del giovane apprendista che indirizza verso l’Accademia di Brera, dove, frequentando i corsi serali, incontra maestri che ricorderà per tutta la vita. Maestro per eccellenza, con il quale si instaura un rapporto non solo professionale, ma anche umano, è Francesco Messina, che Galletti incontra presso la storica Fonderia Battaglia, altro istituto cardine della storia della creatività milanese. Osservandolo rifinire modelli in cera Messina, riconoscendone il talento, gli chiede di fargli da assistente. Dalla collaborazione tra i due nascono alcune opere celeberrime tra cui la grande scultura del Cavallo morente per la Rai di Roma e la statua di Pio XII in Vaticano, come documentato in mostra da fotografie e modelli. Nel video all’ingresso dell’esposizione, il maestro spiega tutta la passione per il proprio mestiere, scaturita in lui in seguito alla scoperta, quasi casuale, di sapere dare forma ad una materia, la terra, che riconosce come data, ricevuta dal Creatore. Da qui la passione, appunto, ma anche la forte responsabilità dell’artista che comunica al mondo, attraverso le sue forme recuperate, in questo caso, dalla storia personale e dalla propria tradizione. Il percorso espositivo, nel quale il visitatore è introdotto da un’immagine di un giovane Giorgio sorridente verso l’obiettivo che lo immortala tra le guglie del Duomo, è suddiviso in sezioni che documentano i temi prediletti che Galletti sviluppa in vari materiali, dalla cera alla resina, dalla porcellana al bronzo, dal gesso alla terracotta, dimostrando di possedere una perizia tecnica che solo la scuola di bottega e il duro lavoro possono insegnare. Annunciazioni e Maternità, interpretate queste ultime non solo attraverso il tenero rapporto tra madre e figlio, ma anche con figure di donne incinte, così reali e piene di grazia nei loro corpi trasfigurati da un’incarnazione, sfilano gioiosamente e precedono altri soggetti cari all’autore ispirati al mondo del lavoro, dove l’uomo è sempre il punto nevralgico della scena. E ancora formelle, modelli per le storie che adornano portali di chiese, monumenti celebrativi, busti, ritratti, grandi statue, raccontano una storia tutta lombarda, di dedizione alla propria terra, di generosità, operosità ma soprattutto di una commovente bellezza.

Giorgio Galletti,
L'estetica del lavoro
dal 22 novembre 2011 al 22 gennaio 2012
Grattacielo Pirelli - Palazzo della Regione (piazza Duca d'Aosta, 3 Milano)