L'intervento di Michael Heller.

«Com'è possibile generare l’universo da una formula?»

Perché ciò che esiste è comprensibile? Che risposte può dare la ricerca scientifica? A Milano per l'Anno della Fede, il cosmologo Heller dialoga con l'astrofisico Bersanelli, per «sapere come Dio creò l'universo. Voglio conoscere la mente di Dio»
Davide Ori

«La fede si trova ad essere sottoposta più che nel passato a una serie di interrogativi che provengono da una mutata mentalità», esordisce Marco Bersanelli, astrofisico all’Università degli studi di Milano, riprendendo la Porta fidei del Papa. «Una mentalità che, particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezze razionali a quello delle conquiste scientifiche e tecnologiche. La Chiesa tuttavia non ha mai avuto timore di mostrare come tra fede e autentica scienza non vi possa essere alcun conflitto perché ambedue, anche se per vie diverse, tendono alla verità».
L’incontro dal titolo “Quando fede e scienza si incontrano in una persona” di lunedì 12 novembre ha aperto il ciclo “L’Anno della Fede: pellegrini della verità” organizzato dal Centro culturale di Milano in occasione del nuovo anno liturgico indetto dal Papa.

L’Aula Magna della Cattolica di Milano è gremita. Molti i giovani in platea. Con il professore della Statale sul palco c’è Michael Heller, sacerdote polacco, fisico, cosmologo della Pontificia Università di Cracovia e vincitore del premio Templeton nel 2008. Dietro di loro, proiettata sullo schermo, una galassia.
«Proprio dalla scienza si pongono degli interrogativi nuovi che nascono dall’esperienza del reale», dice Bersanelli: «La scienza trova delle risposte perfettibili, ma reali». Il metodo scientifico è caratterizzato dal linguaggio matematico attraverso cui si scopre un’armonia sottesa alle cose. La ricerca è alimentata e scaturita dalle domande che l’uomo scienziato si pone e pone al reale. «Ogni punto di arrivo coincide sempre con un nuovo punto di domanda», osserva per riprendere nuovamente il Papa: «Mentre i primi istanti del cosmo e della vita eludono ancora l’osservazione scientifica, la scienza si ritrova però a riflettere su una vasta serie di processi che rivela un ordine di costanti e corrispondenze evidenti e serve da componente essenziale della creazione permanente». E proprio su quest’ultimo elemento l’incontro entra nel vivo: «C’è un rapporto tra l’ordine del cosmo così come ci è dato di osservare e il fatto che questo universo esista, sia dato».

«La scienza moderna ci dice che il software dell’universo sono le teorie matematiche», esordisce Michael Heller nel suo percorso lungo la strada degli studi sull’evoluzione dell’universo: da Albert Einstein ad Alexander Friedman, da Edwin Hubble all’atomo primordiale di Georges Lemaître del 1931.
E proprio una frase del padre della relatività, secondo Heller, sintetizza la sua scoperta: «L’universo è come la mente di Dio. Voglio sapere come Dio creò l’universo. Voglio conoscere la mente di Dio».
Anche se Einstein non sapeva nulla dell’espansione dell’universo. Ma allora, si chiede lo studioso polacco, «cosa sanno le equazioni che contengono elementi che ancora non conosciamo?». Oggi la ricerca si spinge a trovare un’equazione che possa contenere fisica quantistica e relatività di Einstein. «Ora voglio lasciare la matematica e addentrarmi in un lato più filosofico», spiega Heller. E si domanda: «Come si può passare dall’equazione a ciò che esiste? Come è possibile generare l’universo da una formula?». Il sacerdote polacco osserva anche come le equazioni non sanno e non possono sapere tutto ciò che esiste.

«La scienza ha almeno tre grandi lacune: l'esistenza dei valori (bene e male), l'esistenza ontologica dell'universo e la sua comprensibilità», e aggiunge: «Queste sono aperte alla trascendenza». Non è semplice rispondere a questi dati, sottolinea Heller, ma facciamoci aiutare ancora da Einstein: «Non capiremo mai perché l’universo è comprensibile e perché esiste» (mistery of existence and of comprensibility). E commenta il cosmologo: «Per me Existence = Comprensibility. Qualcosa che esiste deve essere comprensibile. Questo è possibile solo se i due misteri di cui parla Einstein hanno la stessa natura, dipendendo da un unico fattore: il Creatore. Colui che dona armonia al cosmo, tanto da essere indagato con le equazioni e che al contempo lo fa essere. Di qui il titolo dell’incontro». L’universo esiste ed è comprensibile, proprio perché l’atto della creazione è comprensibile, «voglio conoscere la mente di Dio». E chi meglio di un sacerdote e scienziato può entrare su «due diversi piani epistemologici, che però interagiscono continuamente tra loro», nella realtà tutta? Fino ad avere «un’ambizione», la chiama lui. Un desiderio: conoscere la mente di Dio.