La copertina del libro.

Io, Giacomo, «curioso e innamorato di tutto»

Giacomo Poretti non ha scritto un libro per farci ridere. Ma per una gratitudine verso la vita. Racconta di sé, del suo paese, della sua famiglia, del suo lavoro da infermiere. E di quella domanda sul senso delle cose che lo tiene desto...
Giuseppe Frangi

Pensavamo noi tutti che Giacomo Poretti se avesse scritto un libro, lo avrebbe fatto per conquistarci a furor di risate. Pensiero smentito dai fatti: Poretti ha sì scritto un libro, lo ha scritto certamente divertendosi com’è nella sua natura, ma chiusa l’ultima pagina (dopo avere moltissimo sorriso) scopriremo che questo libro è nato per commuoverci.

È un libro bellissimo, che non è frutto di un calcolo ma di una gratitudine. Gratitudine verso la vita, verso chi la vita l’ha data, verso chi la vita l’ha ricevuta (suo figlio). Il Poretti che tutti conosciamo, quello che tanto successo ha conosciuto con i sodali Aldo e Giovanni, quello che ha regalato agli italiani tanti momenti di buona allegria, resta questa volta in disparte. Qui, invece, a prendersi tutta la scena è il retroterra di Giacomo, il suo paese, il suo passato, ma anche il suo presente, la sua famiglia di ieri e quella di oggi. Naturalmente c’è un’unità di fondo tra il Poretti sulla scena e quello fuori scena, e leggendo il libro s’intuisce come quest’unità sia il vero segreto che ha garantito tanto successo al trio.

Ci sono pagine che raccontano situazioni che nessuno metterebbe mai nel background di un comico. Stupende, ad esempio, quelle che raccontano gli anni del lavoro in ospedale, come ultima ruota del carro, cioè ausiliario alle pulizie, ma poi su su sino a prendere i galloni di infermiere. Quella nelle corsie, a toccare con mano il dolore, a raccogliere a volte l’ultimo respiro delle persone, è esperienza che Poretti vive senza riserve, senza pensare che la vita avrebbe potuto essere qualcosa d’altro. È esperienza che lo ferisce, ma lo ferisce allo stesso modo di tante situazioni umanamente bellissime che ha la fortuna di vivere. In un caso e nell’altro è una domanda sul senso delle cose che lo tiene desto, lo fa essere curioso e un po’ innamorato di tutto. Nella sua schiettezza Poretti più che cercare risposte, incontra evidenze. Mille, piccole o grandi evidenze di quello «straordinario spavento che è la vita». E ha scritto il libro per raccontarle.

Giacomo Poretti
Alto come un vaso di gerani
Mondadori
pp. 135 - € 16