«La verità ci cerca e questo ci rende liberi»
In occasione dell'uscita del nuovo libro, il dialogo con i direttori di "Corriere", "Repubblica" e "Foglio". Il fil rouge? Il legame tra la Chiesa e lo Stato. E la certezza dell'autore: «La novità che noi cristiani portiamo è compatibile con tutti»«Se la libertà religiosa non diviene libertà realizzata, posta a capo della scala dei diritti fondamentali, tutta la scala è destinata a crollare». Ne è convinto l’Arcivescovo di Milano Angelo Scola che, dopo alcuni libri già pubblicati sul tema, ha deciso di approfondire e di ampliare una riflessione iniziata lo scorso 8 dicembre in occasione della festa di sant’Ambrogio, ma che era stata da molti fraintesa. Ne è nato un volume, Non dimentichiamoci di Dio, che, partendo dall’Editto di Milano di cui quest’anno si celebrano i 1700 anni, ripercorre tutto il cammino travagliato della libertà religiosa attraverso i secoli arrivando fino a noi e toccando un punto cruciale: la libertà di fedi e culture nella moderna società plurale.
Ieri a Milano, in un auditorium gremito di persone, si sono confrontati sui temi proposti dall’Arcivescovo, Francesco D’Agostino, giurista ed editorialista di Avvenire, Ferruccio De Bortoli, Giuliano Ferrara ed Ezio Mauro, direttori di Corriere della Sera, Foglio e Repubblica.
«Non dimentichiamoci di Dio. Dentro questo titolo c’è un imperativo», spiega D’Agostino: «Nel quale c’è la consapevolezza che in tutto l’arco della storia, non solo occidentale ma anche universale, la memoria è fondamentale». Oggi è in atto un tentativo da parte del potere di indurre le persone a dimenticarsi di Dio e della propria storia, tanto che «il divino è stato relegato ad una dimensione prettamente privata. Nel discorso pubblico ormai è bene non citare la propria appartenenza religiosa. La libertà di credere in ciò che si ritiene giusto rimane un fatto personale, fuori dal sociale». Invece, «poter comunicare le proprie memorie, la propria storia, è l’inizio di un rapporto vero e autentico tra tutti». Che può essere un bene per la società intera.
Anche per De Bortoli, la libertà religiosa nello Stato moderno è qualcosa di temuto e bistrattato. «È considerata una minaccia alla convivenza pacifica proprio perché ogni religione è ricca di principi e regole molto chiare». E continua: «Noi occidentali, nella nostra ipersensibilità laica, siamo più aperti alle altre religioni e meno al cristianesimo, che è la radice da cui è nata la nostra cultura». Questo è indice del fatto che un certo tipo di laicità produce una cancellazione della memoria e del contatto con le proprie origini. «Possiamo togliere un crocefisso dalle aule, ma non possiamo dire che un muro vuoto ci rende più liberi e felici», sottolinea De Bortoli. «Lo Stato deve essere laico, ma non un contenitore di interessi e i valori della laicità devono sempre essere in dialogo con le persone credenti e non».
«Il vero conflitto nell’Occidente non è tra chi professa fedi diverse», afferma invece Ferrara citando direttamente un passaggio del libro: «Ma è tra lo Stato secolarizzato e i portatori di una fede illuminata come possono essere, ad esempio, i cristiani». E proprio perché «la fede cristiana è provocatoria», cioè fa appello alla ragione umana, che la dialettica tra Stato e fede è da sempre così accesa. Dentro un contesto laico, la libertà religiosa deve essere concessa e preservata come un valore di tutti, e, come dice l’Arcivescovo di Milano, nessuna persona può essere ostacolata nella ricerca della propria verità, ma deve poter esprimere liberamente quello in cui crede in tutti gli ambiti sia privati che pubblici. «Quando questo però non è possibile», continua Ferrara: «La Chiesa propone l’obiezione di coscienza, che non ha solo lo scopo di esentare il soggetto da comportamenti per lui inaccettabili, ma anche quello di richiamare l’attenzione su tematiche importanti, ma di cui non si parla nel dibattito pubblico, come per esempio il tema della vita e della morte».
Ma per Mauro, l’obiezione di coscienza può diventare «obbligazione di appartenenza», come nel caso Englaro, quando l’Arcivescovo di Udine aveva invitato tutti i medici della regione a far ricorso all’obiezione per impedire che Eluana morisse. «Questo non mi sembra un atteggiamento di libertà», ha sottolineato il direttore di Repubblica, che si è fatto interrogare da alcuni punti del libro che ha voluto sottoporre all’attenzione di tutti e in particolare di Scola. «In democrazia non ci sono verità con la V maiuscola, il Parlamento come istituzione, per esempio, non contempla l’assoluto. Sono d’accordo sul fatto che il sacro faccia parte dell’uomo, tutto questo però va considerato tenendo conto anche di chi una fede non ce l’ha. La Chiesa oggi accetta di confrontarsi con tutti e di andare in minoranza su certi valori?».
Il cardinale Scola, presente in platea tra gli ascoltatori, alla fine del dibattito raccoglie alcune delle provocazioni lanciate dai relatori. «La verità ci cerca, ed è questo che ci rende liberi», ha detto: «Con questo libro, volevo dimostrare che l’assolutezza che noi cristiani portiamo è compatibile con tutti ed è veramente feconda anche dentro le società plurali europee». Anche il tema dell’ascolto è importante perché occorre innanzitutto riconoscere l’altro come un interlocutore a pieno titolo per praticare un dialogo aperto e profondo. «È veramente pubblico, e perciò autenticamente aconfessionale», spiega Scola: «Solo quello spazio che scommette sulla libertà dei cittadini, credenti e non credenti, e che rende possibile il raccontarsi, cioè esprimere il significato della propria esperienza secondo una logica di reciproco, seppur laborioso, riconoscimento». E conclude: «Nella società civile è impossibile costruire uno spazio di neutralità assoluta, tutti abbiamo bisogno di dare un senso alla realtà, altrimenti sarebbe impossibile vivere. Ed è qui che entra in gioco il cristiano. La testimonianza non è, come ha sottolineato più volte Benedetto XVI, solo una cosa del cuore o della bocca, ma anche dell’intelligenza. Deve essere pensata e così, come pensata e intelligentemente concepita, tocca l’altro. È un compito impegnativo, ma affascinante».