Nicola Sebastio nel suo studio.

Un artista dal deserto

A cento anni dalla nascita di Nicola Sebastio, una selezione di opere in mostra allo Spazio Lumera racconta la sua storia personale e artistica. Un'arte fatta di ferro, bronzo e latta per conoscere uno scultore che «creava dal nulla»
Maria Luisa Minelli

«Io ti vedo, tutto intento a trarre dal nulla un oggetto d’arte». Con queste parole Elena, madre di Nicola Sebastio, in una lettera datata 21 ottobre 1943, chiedeva notizie al figlio, prigioniero di guerra in Egitto. Dall’altra parte del Mediterraneo, intanto, Nicola scopriva che era possibile creare anche lì, in guerra, prigioniero degli inglesi. Era facile: bastava battere con un punzone uno di quei coperchi di latta dove si conservava la carne. Ed ecco uno sbalzo. Era fatto così, Sebastio, scultore italiano, classe 1914: creava anche nel deserto. E, a cento anni dalla sua nascita, lo Spazio Lumera di Milano, in via Abbondio Sangiorgio 6, gli dedica un’esposizione antologica, che ripropone le tappe più importanti della sua maturazione artistica, lasciando le porte aperte al pubblico fino a sabato 20 dicembre.

Nato a Bologna e cresciuto nel ferrarese, Nicola Sebastio fin da piccolo insegue la sua vocazione artistica, che lo porterà prima a Firenze e poi a Milano. Ma è proprio l’esperienza della guerra, cominciata con la chiamata alle armi del 1940, a dare il via ad un processo di maturazione che lo farà conoscere in tutta Italia, soprattutto nelle chiese, alle quali regalerà capolavori di ogni genere: crocefissi, statue, vetrate, fonti battesimali. Generi ai quali si dedicherà fino alla morte, nel 2005.

Un’arte fatta di bronzo, ferro e latta, la sua. Sacra, che ripropone, senza mai esaurire, i più importanti temi del Vangelo e del catechismo. E che trova la sua più grande espressione nella serie dei crocefissi (alcuni dei quali esposti nella mostra) che costituiscono il simbolo della sua intensa ed appassionata esperienza umana, cristiana ed artistica.

«Cristo venne sulla terra per servire gli uomini. Perché proprio gli artisti moderni non dovrebbero servire la liturgia?». A chi gli chiedeva le ragioni della sua dedizione per i temi cristiani, lo scultore rispondeva così. E la sua vita è stata una vera e propria crociata, piena di entusiasmo e vigore, tesa a conciliare culto e arte moderna, e a raccontare la novità del cristianesimo.

Non solo Sahara. Nicola Sebastio ha ridonato spunti di bellezza e di verità anche al deserto della società italiana del Novecento. Una lezione di vita, oltre che di arte, che non conosce la legge del tempo perché va a fondo delle grandi domande dell’esistenza e si rinnova continuamente. E proprio perché Sebastio parla a tutti con voce viva, la celebrazione del suo centenario non può che essere occasione per riscoprire la sua personalità e quello che ci ha lasciato.