Paolo Veronese, "Adorazione dei Magi", particolare.

Milano. Tra le pieghe di una tela, il respiro del Natale

L'opera di Paolo Veronese esposta al Museo Diocesano del capoluogo lombardo. Una grande tela del maestro veneto, capace di portare sul cammino dei tre Magi fino alla grata commozione davanti a Gesù Bambino
Giuseppe Frangi

«Uno dei grandi pittori del mondo». Così, in un celebre testo dedicato all’arte di Venezia, Roberto Longhi scriveva di Paolo Veronese. Una definizione molto pensata e per nulla retorica. Longhi, infatti, non ne fa una questione di classifiche, mettendo Veronese tra i più grandi (infatti il “più” non c’è). Ci dice, invece, che è uno di quei pittori, molto rari, capaci di restituire la grandezza del mondo; cioè il suo mistero e la sua bellezza. E capace di restituirci questa grandezza a pieni polmoni e anche a pieni colori.

Ci si può rendere conto dell’affidabilità di quel giudizio di Longhi andando a vedere al Museo Diocesano di Milano la grande Adorazione dei Magi, proveniente dalla chiesa di Santa Corona a Vicenza e proposta dal Museo in occasione del Natale (fino al 20 gennaio). È una grande pala di oltre tre metri di altezza, realizzata nel 1574, su committenza di un ricco mercante di tessuti, Marcantonio Cogollo. E chissà che i fantastici abiti con cui Veronese veste i tre re Magi non abbiano una connessione proprio con questa committenza...



Al primo sguardo si ha subito la percezione di quel senso di vastità e di larghezza che è propria della pittura di Veronese. I suoi quadri sono come delle macchine aperte, spalancate su un orizzonte che travalica le dimensioni fisiche della tela: in questo caso, il meraviglioso cielo gonfio di nubi, che occupa una grande parte della superficie, non solo dà un inaspettato respiro all’opera, ma apre un varco in direzione della profondità e della verticalità. È il respiro del Natale, verrebbe istintivamente e immediatamente da dire. Anche le colonne del tempio, che rappresenta il mondo antico, sfondano in altezza e sembrano adeguarsi a questa dinamica. I legni poveri e spartani della capanna simbolicamente sembrano inghiottire l’antica architettura, in una sorta di passaggio di testimone. Ma Veronese non è pittore che lavora per opposizioni. Così quello della capanna più che un’occupazione di spazio sembra un abbraccio al mondo antico: del resto il magnifico raggio di luce che fionda dall’alto passando per un varco del tetto, non va a colpire solo i legni ma accende di inattesi bagliori anche gli antichi marmi.

Sin qui abbiamo solo descritto il contorno, ed è bastato questo a Veronese per portarci ben dentro il Natale. Se scendiamo con lo sguardo, ecco apparire tutti i protagonisti, in una posizione non statica ma dinamica. Si comincia da sinistra dove, per primo, vediamo il volto del committente, quel Marcantonio Cogollo che s’affaccia sulla scena, stando in una discreta penombra. Poi ci imbattiamo nel primo dei tre re, quello dalla pelle scura, che come nota Nadia Righi, curatrice dell’esposizione, è vestito con «uno splendido mantello, forse di velluto, con l’interno in pelliccia, sopra una veste rosa con ricami in filo d’oro sulle maniche e sul colletto». D’altronde per rendere omaggio a Gesù, ci si deve vestire a festa...

Il secondo dei re, il più giovane, stringe tra le braccia il vaso con uno dei doni raccontati da Matteo, ed è invece vestito con un mantello di velluto rosso, di un’intensità indimenticabile, acceso proprio nel centro del quadro. Sulla destra, passiamo invece al cuore decentrato della scena. Infatti Veronese, anziché procedere secondo lo schema rinascimentale, che è ben riconoscibile in un’altra Adorazione dei Magi, opera di Perugino - arrivata a Milano per il Natale ed esposta a Palazzo Marino -, rompe la centralità della composizione. Crea un movimento da sinistra verso destra, sul modello introdotto da Tiziano con la straordinaria Pala Pesaro: in questo modo anche chi guarda l’opera è indotto anziché ad un’adorazione statica, ad un cammino in direzione del Bambino. Con il terzo re, il più anziano, inginocchiato sotto il suo manto d’oro, siamo davvero al cuore del quadro. Qui infatti Veronese s’inventa il dettaglio del vecchio re che, prostrato, con un’inattesa semplicità, alza il volto per baciare con le sue labbra i piedi del Bambino. È un dettaglio di una commozione indimenticabile, ulteriormente sottolineato dal gesto delle sue bracca spalancate, come per stupore e gratitudine. Un fotogramma che da solo vale la visita e che ci restituisce tutto il senso del Natale.