Monreale. La salvezza e i mosaici di Marcelo
Due anni di lavoro, tra le navate del Duomo siciliano, per trasformare le decorazioni in note sul pentagramma. Il risultato? La bellezza del concerto del compositore brasiliano Cesena dentro la Basilica, qualche giorno faAl Duomo di Monreale per quasi mille anni si sono svolti riti e cerimonie di tutti i tipi, tra le sue navate hanno sfilato chierici e laici di tanti Paesi e di tante religioni, ma non era mai successo che un musicista si cimentasse in un concerto per pianoforte frutto delle sensazioni prodotte su di lui dall’impatto con i suoi mosaici. È quanto accaduto poco prima di Natale, grazie a Marcelo Cesena, musicista e compositore brasiliano, noto in Italia e all’estero, che ha eseguito in prima mondiale quindici brani inediti scritti appositamente per l’occasione.
Marcelo Cesena è nato San Paolo, ha vissuto a lungo negli Stati Uniti e da qualche anno abita in Italia. Così racconta l’inizio di questa avventura: «In passato avevo avuto già modo di apprezzare i mosaici di Monreale. Tuttavia, nell’autunno del 2016 ho avuto la fortuna di averli illustrati dal parroco della cattedrale, don Nicola Gaglio, e di potermi intrattenere più a lungo con l’Arcivescovo, monsignor Michele Pennisi. Il primo mi ha introdotto al significato non solo artistico, ma religioso ed ecclesiale del tempio e delle scene bibliche rappresentate. Il secondo mi ha fatto addirittura la proposta di comporre delle musiche che cantassero la gloria di Dio rappresentata nella chiesa».
Da quel giorno sono trascorsi due anni di intenso lavoro di composizione in cui Cesena ha visto e rivisto più volta libri e video sulla basilica monrealese. Soprattutto, però, ha iniziato un’opera di immedesimazione con quel luogo che non sapeva ancora cosa avrebbe prodotto nella sua anima. Si è sviluppato lungo quei mesi un confronto artistico e culturale con don Gaglio, trascorrendo nella basilica il maggior tempo possibile e partecipando alle cerimonie liturgiche quotidiane. Una sera Marcelo ha chiesto perfino di rimanere alcune ore da solo dopo la chiusura, per avere un confronto più diretto e intimo con la storia della Salvezza rappresentata nei mosaici.
In gioco non c’era solo una capacità artistica e creativa, ma il confronto con una delle forme umane più alte della “bellezza”. Il teologo Von Balthasar, per esempio, apre la sua opera intitolata Gloria con queste suggestive espressioni: «La nostra parola iniziale si chiama bellezza. Bellezza è anche l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare perché essa incorona, quale aureola di inafferrabile splendore, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto». La Cattedrale di Monreale con la sua bellezza è in grado di provocare tutto ciò, anche per Cesena, che ha tradotto quella provocazione nel contenuto della sua musica. «La decisiva visita al Duomo di Monreale è accaduta verso la conclusione dell’anno della Misericordia», ricorda il compositore: «Ero rimasto colpito dalla foto che ritraeva l’Arcivescovo che apriva la porta della Basilica, la grande porta in bronzo di Bonanno da Pisa del 1186, che riporta quarantadue formelle che illustrano episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento. Ho chiesto di vederla di vederla da vicino e ho capito subito che bisognava iniziare da lì, dalla porta. Non perché apre l’accesso alla Basilica, ma perché è quella che conduce in Paradiso. Così ho composto quasi di getto il primo pezzo, Ianua coeli e subito ho compreso che serviva una composizione che spiegasse il senso e il motivo della Creazione: per questo il secondo brano, In principio.
Nei brani successivi Cesena ha descritto in musica le immagini più importanti e decisive della Bibbia: la creazione, Adamo ed Eva, il peccato originale, il diluvio universale, la torre di Babele, il sacrificio di Abramo… Fino ad arrivare all’incarnazione, morte e resurrezione del Signore. Ma serviva una “conclusione”… Quale? «Ero sempre più attratto dal volto del Cristo Pantocratore; più lo guardavo più mi chiedevo: “Ma cosa vuole dirmi? Cosa mi chiede?”. Si avvicinava la data del concerto ma non ero ancora riuscito ad esprimere quello che avevo dentro. Ho chiesto di rimanere nel tempio durante la chiusura pomeridiana. Guadando e pregando mi sono venute in mente due parole: “paternità” e “tenerezza”. Era l’indicazione che cercavo: fare l’incontro col Padre attraverso la tenerezza che mostra ai suoi figli. La storia della Salvezza intercettava in tal modo la mia storia personale in cui il Signore ha mostrato la sua benevolenza attraverso la Sua paternità e la sua tenerezza. Ho lavorato quasi venti ore di seguito per giungere all’ultimo brano del concerto, un inno di lode e ringraziamento per me e per tutta la storia che in quelle navate è rappresentata».
Cesena aggiunge che in questi due anni è stato aiutato dalla riflessione su un brano del discorso che Benedetto XVI ha rivolto agli artisti nel novembre del 2009: «Una funzione essenziale della vera bellezza, infatti, già evidenziata da Platone, consiste nel comunicare all’uomo una salutare “scossa”, che lo fa uscire da sé stesso, lo strappa alla rassegnazione, all’accomodamento del quotidiano, lo fa anche soffrire, come un dardo che lo ferisce, ma proprio in questo modo lo “risveglia” aprendogli nuovamente gli occhi del cuore e della mente, mettendogli le ali, sospingendolo verso l’alto». E così è stato, commenta Marcelo: «Sono stato non appena colpito, ma ferito dalla bellezza di quel luogo, e pur faticando non poco per trovare le note giuste da scrivere sul pentagramma, ho accettato questa sfida che prima che per la committenza era per la mia vita».
Il numeroso pubblico, accolto in un Duomo illuminato in modo particolare per l’occasione, ha partecipato non solo da spettatore ad un avvenimento che attraverso musica e immagini ha fatto appello ai sentimenti più profondi del cuore di ciascuno. Dopo le prime note struggenti del pianoforte e l’ immediatezza delle immagini tridimensionali proiettate su due grandi schermi, la bellezza si è imposta in tutta la sua attrattiva, rimandando ad un’altra Bellezza: quella che richiama all’Assoluto di Dio che si è incarna nella storia dell’uomo e che in quel luogo viene narrata attraverso gli uomini che gli vogliono rendere lode. Mesi di lavoro e oltre venti addetti alla gestione della serata hanno consentito di assistere a un concerto unico e irripetibile.
Come ha detto l’arcivescovo Pennisi: «Il concerto, nell’approssimarsi del Natale, può aiutare tutti a fare memoria nella propria vita del significato dell’Incarnazione del Figlio di Dio, che ha mutato il corso della storia e ha rivelato la dignità di ogni uomo e ogni donna creati ad immagine e somiglianza di Dio e resi per grazia “figli nel Figlio"». «La bellezza lega le generazioni presenti alle passate», il commento del parroco, don Gaglio: «Noi siamo chiamati a custodire questa Chiesa per le generazioni future». E questo è, in fondo, anche l’impegno di ciascuno nella propria vita.