Pedro Salinas.

Pedro Salinas. «Sono emerso dal grande anonimato»

È uno degli autori citati nell’Introduzione degli Esercizi della Fraternità di CL. Un viaggio nei versi de “La voce a te dovuta”. E nell’animo del poeta spagnolo, così immerso nella vita da cogliere il giorno in cui accade l'«immensa novità»
Alfonso Calavia

Un giorno potremo conoscere la realtà in tutta la sua ampiezza? Perché sembra che il significato ultimo delle cose si nasconda frettolosamente come il sole dietro le montagne? «Io voglio capire!». Questo fu il grido del poeta spagnolo.

Pedro Salinas nacque a Madrid nel 1891, insegnò alla Sorbona e a Cambridge, poi si trasferì negli Stati Uniti nel 1935, alla vigilia della guerra civile spagnola, e vi rimase come esule volontario sino alla morte, nel 1951. Tra i cosiddetti poeti della "generazione 1927", visse nella Spagna del secolo scorso cercando la luce, tentando di imbattersi nella «chiarezza dell’inconoscibile» (Presagi, Passigli, p. 79), cercando di decifrare il segreto, di sollevare il velo dalla realtà per poterla comprendere tutta, e comprenderla in tutto il suo splendore.
Il desiderio di chiarezza esigeva dal nostro autore una purezza originale, un genio del linguaggio scelto «dal suffragio implicito delle generazioni e dei secoli, da tribunali che nessuno nomina e nessuno costringe, in verità, ma alla cui autorità, proveniente da così lontano e così in alto, ci si sottomette volentieri» (Defensa de la lectura, in El defensor, Alianza Editorial).

Sono parole scritte dallo stesso Salinas, e non è azzardato pensare che lui non si sarebbe considerato parte di questo gruppo di scrittori eterni. Invece, eccoci qui, a quasi settant’anni dalla sua morte, a immergerci nella sua opera. Tutto gli interessava, tutto per lui era amabile – degno di essere amato –: sentimenti e persone, luoghi e avvenimenti, ma senza dubbio il problema cruciale che egli visse con maggiore intensità fu l’amore per la donna. «Non è l’io fondamentale / quel che cerca il poeta, / ma il tu essenziale», scrisse Antonio Machado (Nove canzoni, in Tutte le poesie e prose scelte, Mondadori, p. 443). La relazione affettiva è il tema che domina completamente i versi de La voce a te dovuta, un poema che forse ci farà volgere lo sguardo verso quei luoghi dell’anima proibiti, intorpiditi dal tran-tran quotidiano. Questa lettura ci richiama fin dall’inizio ad attendere qualcosa che ancora non si è rivelato, le sue pagine ci sollecitano a essere vigilanti. L’imprevisto può arrivare senza chiederci il permesso! «Mettete alti segnali, / astri, meraviglie; / che si veda chiaramente / che è qui, che tutto / desidera accoglierla. / Perché può venire. / Oggi o domani, o fra mille / anni, o il giorno / penultimo del mondo» (La voce a te dovuta, Einaudi, p. 7). Salinas aveva capito che dobbiamo stare all’erta se vogliamo cogliere i segni della grande bellezza. «Se mi chiamassi, sì, / se mi chiamassi! / Io lascerei tutto, / tutto io getterei».

«Mettete alti segnali, / astri, meraviglie; / che si veda chiaramente / che è qui, che tutto / desidera accoglierla. / Perché può venire. / Oggi o domani, o fra mille / anni, o il giorno / penultimo del mondo»

Tutto è niente in confronto alla sua amata. L’intera opera brulica di seconde persone singolari – tu, tu e tu – una dopo l’altra, come a volerci introdurre in un mondo di relazioni, l’unico mondo possibile, e che si può conoscere solo standoci dentro. Al di fuori di esso le cose non hanno un nome, svaniscono, si allontanano inesorabilmente verso il nulla. «Allegria, pena, sempre / perché avete nome: amore? / Se tu non avessi nome, / io non saprei che cos’era». La tua vita mi dà il nome. La tua presenza ha inondato il mondo di speranza. Un mondo che, con te, con la tua venuta, è uscito dalla normalità e dalla noia. «Il grande mondo vuoto, / inerte, innanzi a te / stava: l’impulso / lo avresti dato tu». E io, che appartenevo a questo mondo vuoto, «quando tu mi hai scelto / – fu l’amore che scelse – / sono emerso dal grande anonimato / di tutti, del nulla», e «…quando mi hai detto: “tu” / – a me, sì, a me, fra tutti – / più in alto ormai di stelle / e coralli sono stato». Allora l’autore acquista un volto suo proprio, ben delineato, unico e irripetibile. Non contano più i geni, coloro che muovono le grandi masse, gli audaci e gli intelligenti, ora diventa protagonista la persona profondamente amata, «esiste un altro essere / con cui io guardo il mondo / perché sta amandomi con i suoi occhi».

«Esiste un altro essere / con cui io guardo il mondo / perché sta amandomi con i suoi occhi»

Il poema avrebbe potuto terminare così. I problemi sono finiti. Finalmente abbiamo trovato la chiave segreta del mondo. No! I versi continuano e ci regalano un’esperienza profondamente umana: lei c’è, ma non è abbastanza. «Mi doveva bastare / quello che già mi hai dato. / E chiedo sempre di più». La fiammella del desiderio si riaccende. Diventa sempre più grande, tanto che si ha la tentazione di ridurla. E il fatto è che in molte occasioni cerchiamo – letteralmente – di ridurre il nostro desiderio per riempire prima l’anfora vuota; egli non ci riesce e cerca in tutti i modi di ridurlo. «Allontanala, specchio; / scompiglia le sue dimensioni. / Lei, che invade il mondo, / rendila minuscola, minima. / Che entri in monosillabi, / negli occhi di qualcuno; / che tu possa contenerla, / lei, smisurata, / gazzella, soggiogata ormai, / infantile, nella tua cornice». Ma esso trabocca da ogni cornice, da ogni cuore. E così la battaglia continua.

«Mi doveva bastare / quello che già mi hai dato. / E chiedo sempre di più»

Salinas non oppone ostacoli all’esperienza e intuisce che l’amata non è solamente ciò che appare a prima vista. «...Non sei / ciò che io sento di te». «Al di là, più oltre ti cerco». «Vivere ormai di là da tutto, / sull’altra sponda di tutto / – per trovarti –». Sull’altra sponda di tutto? Sì. Il nostro scrittore ha «ansia / di lasciarsi indietro a poco a poco / aneddoti, vestiti e carezze, / di raggiungere, / di là da tutto / quanto in te cambia, / ciò che è nudo ed eterno», vuole rimanere «in ciò che non deve mutare».

Che sofferenza la nostra; sempre alla ricerca della “concretezza”, e questa, maleducata, ci lancia alla ricerca dell’eterno; un dolore irrinunciabile se vogliamo amare. «Non voglio che ti allontani, / dolore, ultima forma / di amare». «La tua verità mi assicura / che niente fu menzogna».

La poesia di Salinas obbedisce rigorosamente alla realtà, dalla nascita dell’amore fino alla gioia dell’unione. Ed è allora che arrivano i versi forse più belli di tutta l’opera: «È stato, accadde, è vero. / Fu in un giorno, fu una data / che segna il tempo al tempo». «E improvvisa, inattesa / fortuita, l’allegria. / Da sola, perché volle, / è venuta. Così verticale, / così grazia insperata, / così dono a sorpresa, / che non posso credere / che sia per me». A te debbo la mia voce, il mio volto, la mia gioia, a te, a cui sempre posso tornare. «Quale immensa novità / tornare ancora, / ripetere, mai uguale, / quello stupore infinito!».

«E improvvisa, inattesa / fortuita, l’allegria. / Da sola, perché volle, / è venuta. Così verticale, / così grazia insperata, / così dono a sorpresa, / che non posso credere / che sia per me»