Libri dell'estate. Il languishing e il sì

Il vicedirettore del "Foglio" legge l'ultimo libro di don Giussani "Attraverso la compagnia dei credenti", che raccoglie gli Esercizi spirituali della Fraternità dal 1994 al 1996 (da "Tracce", giugno 2021)
Maurizio Crippa

Qualche tempo fa il New York Times ha lanciato la nuova parola “di tendenza” per spiegarci il nostro stato psico-emotivo dopo un anno di pandemia. La parola è languishing, qualcosa come “languire”, ma più ancora un non sapere se si sta bene o male, un generale “boh” davanti a ogni mattina. La parola precisa, nella tradizione cristiana, sarebbe “accidia”: ma languishing è tanto più consolatorio, senza responsabilità. Quanto più forte è invece il contraccolpo della domanda che don Giussani ci poneva, «se l’esistenza finisca nella polvere del tempo che passa e il suo passare non sia che il costruirsi di una tomba o di una prigione dove noi soffocheremmo – e ne moriremmo, inutilmente! –, oppure se il tempo sia gravido di futuro». La stessa domanda posta anche da don Carrón negli ultimi Esercizi. È il tema di fondo del libro, il quinto della collana che raccoglie le lezioni agli Esercizi della Fraternità, qui siamo negli anni 1994-1996. E il “languire” cui sembra invitarci il mondo di oggi in fondo è una “morte dolce”.

Il 1994, per chi c’era, «passò come l’anno di inizio della Seconda Repubblica», si legge nella breve introduzione. L’intuizione che, in quei mesi, colpì Giussani fu che «il tempo si fa breve». Non tanto che la storia stesse arrivando a un suo dunque (lo abbiamo pensato anche con l’epidemia: ogni giorno c’è un “dunque”), ma che diventasse più urgente quella scelta, quella apertura. Se devo parlare per me, quanto tempo è stato buttato in un indaffarato languishing. Ma rileggere oggi, con la stessa urgenza, le cose che Giussani diceva allora (poter di nuovo “guardarlo parlare”, verrebbe da dire) è una grazia («come vivere senza grazia?», dice nel ’94, citando Camus). Ci chiedeva «una cosa grave, la più grave che si possa dire», cioè se il tempo «abbia una permanenza positiva per noi».

Se oggi «si può vivere così» (sono gli Esercizi del 1995), è perché non ci è stata annunciata solo una Verità, ma una Via. La compagnia dei credenti attraverso cui la vittoria sulla morte diventa credibile, pur in questo mondo in cui «c’è un’ostilità a Lui che non c’è mai – mai! – stata». Se c’è una cosa sempre più convincente sono le testimonianze che vengono da altre persone, a proposito della nostra stessa esperienza. Come l’infermiera che scrive stupita per l’incontro con una ragazza in cura oncologica: «Se Cristo ha mai avuto degli occhi, per me sono quelli di questa ragazza». È il “sì di Pietro” detto da altri, per me.


Luigi Giussani
Attraverso la compagnia dei credenti
Bur
pp. 252 - € 14